Francesco Cevasco, Corriere della Sera 16/09/2010, 16 settembre 2010
«LA LEGA NON C’ENTRA. MIO FIGLIO? ALLE PRIVATE» —
Ma che cosa mi combina, signor sindaco? Dopo tutto il can-can che ha combinato ad Adro, il suo paese dove ha costruito la nuova, bella, moderna scuola griffata Lega — almeno così dicono i suoi critici — m’iscrive il figlio alla scuola privata proprio lì vicino? Danilo Oscar Lancini, nato a Rovato (Brescia) il 15 ottobre 1965, eletto il 7 giugno 2009, Imprenditore Titolare — come recita il sito dei Comuni italiani —, licenza di scuola media inferiore, non perde la pazienza: «Sì. Proprio in fronte alla scuola pubblica. Io ho frequentato quella scuola lì. Mi son trovato bene. Mi sembra migliore di quella pubblica. Attenzione: è un discorso generale, nazionale, non un paragone tra la pubblica di Adro e la privata di Adro, sia ben chiaro, sennò mi scoppia un altro caos. Faccio un sacrificio. Mi costa non poco. Penso che sia una scelta giusta. Ok?».
Ok. Perdoni la divagazione e veniamo al dunque. Ha da poco inaugurato una scuola con il simbolo della Lega dappertutto: tappetino all’ingresso, cartelli appesi persino in giardino, banchi e sedie, cestini eccetera…
«Fermo! Quello non è un simbolo leghista, è il simbolo del Sole delle Alpi che è sempre stato un simbolo di Adro. È un simbolo di gioia e di allegria, legittimato dalla storia e dalla cultura del paese, che è sempre comparso sulle proprietà pubbliche. La gente che camminava per queste strade nel 1.600 già lo vedeva inciso qua e là. Che cosa c’entra se vent’anni fa ha cominciato a rappresentare anche un movimento politico? Non è mica una svastica!».
Ammetterà che il sospetto c’è: se lei fosse un sindaco democristiano o comunista vabbé, ma qui si pensa che lei tradisca la sua appartenenza politica.
«Mi rendo conto, il sospetto ci sta, ma è ingiusto. Io ho pensato ai nostri predecessori, alle nostre tradizioni. Con il gioco dei sospetti anche la Rosa Camuna, simbolo della Regione Lombardia, è sospettabile di chissà quali complicità politiche».
E che diavolo c’entra intitolare la scuola a Gianfranco Miglio?
«È una decisione dell’amministrazione comunale, mica è stato solo l’ideologo della Lega; è stato democristiano, intellettuale, professore, scienziato della politica».
Un altro sospetto: il giorno dell’inaugurazione della scuola sul pennone sventolava il gonfal one di Adro e non il tricolore.
«Ieri mattina sono andato io, personalmente, a togliere il gonfalone e a rimettere la bandiera italiana. Era solo per l’inaugurazione, un omaggio al paese. Non un affronto al tricolore che per me è simbolo della Patria e di tanta gente che è morta per la Patria». Pentito? «No, disgustato dalle strumentalizzazioni politiche. Hanno tentato di usare questa piccola, bella vicenda del mio paese per dividere Lega Nord e Pdl. Non ci sono riusciti. Le bugie hanno le gambe corte. La Gelmini ha capito e per Bossi non mi risulta sia mai stato un problema. Qui abbiamo un detto: Lavorare per la Chiesa di Adro. Vuol dire che c’abbiamo messo anni, decenni, secoli dando tutti un contributo a quello che serve al paese. Anche stavolta: 300 mila euro per gli arredi…». Con il simbolo… «Sono arrivati da una sottoscrizione dei cittadini. E del simbolo abbiamo già parlato».
Alle critiche, in una trasmissione di Radio 24, si è aggiunto un giudizio, diciamo, morale…
«Diciamo pure che mi hanno accusato di dire c...ate e di essere una testa di c.... Dov’è il dialogo? Li querelo».
Ma è vero che lei non è in regola con i pagamenti dell’Ici?
«Non c’è un documento. Anzi, ci sono i documenti che provano il contrario. E querelo anche quelli che dicono così».
In tutta questa vicenda che cosa si rimprovera?
«Di essere costretto a perdere un sacco di tempo in tv, e anche in questo momento, per dover spiegare la mie ragioni quando ho la gente che viene nel mio ufficio di sindaco e mi chiede aiuto: perché hanno perso il lavoro, sono ancora giovani e non hanno i soldi per pagare le bollette».
I ragazzini, con tutti quei simboli attorno, si domanderanno…
«In classe tocca agli insegnanti, non ai simboli dire le cose giuste».
C’è un altro simbolo, diciamo più riconosciuto, in tutte le aule: il crocefisso. Perché è avvitato alla parete?
«Nella scuola vecchia ne erano spariti una cinquantina, altri venivano spostati dietro la carta geografica. Non credo si possa eccepire niente rispetto alla loro presenza o vogliamo dire che possono offendere qualche sensibilità? Non scherziamo. In certi posti i cristiani li bruciano…».
Francesco Cevasco