Luca Figini, Il Sole 24 Ore 16/9/2010, 16 settembre 2010
UN SOFTWARE È SU DUE ILLEGALE - È
una questione di cultura, di conoscenza dei rischi più che di mancanza di strumenti legali per combattere la pirateria. Questa la sintesi fatta da Luca Marinelli, presidente della sede italiana di Bsa (Business Software Alliance), l’associazione in prima linea per combattere la diffusione di software contraffatto. Una battaglia che si fonda sull’impegno costante per portare a conoscenza degli interessati – aziende di ogni dimensioni e privati – i rischi che si corrono a usare software non originale. Si tratta di «un reato penale», dice Marinelli precisando che la presenza sul pc di applicativi privi di licenza ufficiale comporta la violazione dell’articolo 231 del codice penale che prevede sanzioni molto salate a carico anche dell’azienda oltre che dei rei. In Italia i programmi piratati hanno un’incidenza del 49% sul totale: peggio rispetto alle precedenti misurazioni (48%) ma meglio di quattro anni fa quando era del 53 per cento. Le percentuali però non danno il senso dell’impatto che i software non originali hanno sull’industria nel suo complesso. Bsa stima che in Italia il valore commerciale complessivo degli applicativi illegali è pari a 1,7 miliardi di dollari (1,3 miliardi di euro), provocando un’onda d’urto su tutto l’ecosistema di aziende e sviluppatori che lavorano nell’industria del software. Come dire che utilizzare programmi non regolarmente acquistati toglie ossigeno ad altri lavoratori. Se in Italia questo fenomeno venisse ridotto di 10 punti percentuali nei prossimi 4 anni si otterrebbe un fatturato di 5,2 miliardi di dollari in attività economiche e oltre 7.500 nuovi posti di lavoro (oltre 225mila i dipendenti nelle società IT). A cui si aggiunge, sempre in base a questa proiezione, un gettito fiscale aggiuntivo di 1,8 miliardi di dollari entro il 2013. Quali sono le armi? Non sempre ricorrendo al bastone: la guardia di finanza ha gli strumenti necessari per contrastare questo fenomeno. Però la Bsa propone un approccio più costruttivo che punta sull’informazione e la diffusione della conoscenza. Ovvero serve educare le aziende – ma anche i consumatori –, abituati a non considerare il software come un asset, una risorsa funzionale al miglioramento della produzione, forse perché ritenuto un bene "immateriale". Eppure gli investimenti in applicativi originali hanno il loro ritorno. Evitano da una parte di trovarsi invischiati in un procedimento penale; e dall’altra mettono a disposizione tutti gli strumenti ufficiali e registrati, quindi passibili degli aggiornamenti e dei benefit del caso da parte della software house. «Investire sui programmi ha lo stesso valore che investire su macchinari e hardware», conferma Marinelli. Una questione di mentalità e non di prezzo, perché a oggi si possono acquistare pacchetti di licenze che permettono risparmi e agevolazioni importanti. In ultima analisi, si tratta di proteggere i brevetti e le proprietà intellettuali altrui. Ecco perché è importante l’iniziativa formativa di Assolombarda che con il quaderno "Sicurezza informatica e pirateria software in azienda. Gestire il rischio e prevenire il problema" realizzato con Bsa provvede a fornire strumenti, case history e suggerimenti per mettersi in regola. L’obiettivo ultimo è innescare un circolo virtuoso che produca benefici per il sistema Paese nel suo complesso e che si riverberi sul prodotto interno lordo e sulle economie locali. Il raggiungimento di questo proposito passa dall’impegno nel legalizzare le licenze degli applicativi installati sul computer sia nell’industria privata sia nella sfera della pubblica amministrazione, dove la diffusione dei software senza licenza ufficiale è un fenomeno di considerevoli dimensioni. Senza dimenticare il mondo degli smartphone: la nuova frontiera della pirateria.