Richard Newbury, La Stampa 16/9/2010, 16 settembre 2010
NEWMAN, IL CARDINALE CHE VISSE TRA DUE CHIESE
Su quale Chiesa John Henry Newman abbia avuto maggiore influenza a lungo termine è questione di storia ecclesiastica: la Chiesa d’Inghilterra, per la quale era un apostata o quella di Roma, che per due volte lo accusò di eresia quando era un prete cattolico?
In qualità di fondatore del Movimento di Oxford e Vicario della University Church ha portato a una parte della Chiesa anglicana una nuova visione della spiritualità interiore e un rituale esteriore - «incensi e campane» per i suoi oppositori - nonché fatto conoscere l’importanza dei Padri della Chiesa. Alla Chiesa cattolica ha dimostrato che si deve motivare l’esistenza di Dio nel mondo: in città industriali come Birmingham, dove aprì il suo oratorio in una ex distilleria di gin o ragionando sull’ateismo e sul socialismo utopistico di Owen. Newman vedeva la teoria dell’evoluzione di Darwin come parte integrante della creazione divina. Ciò che il cardinale trovava assai problematico da accettare erano il Concilio Vaticano I e l’infallibilità papale. Eppure lui stesso che aveva attaccato i presuli anglicani perché troppo servili verso l’autorità laica e secolare, sarebbe stato accusato di eresia per aver criticato i vescovi cattolici di non prestare abbastanza ascolto all’opinione laica. Newman era comunque in anticipo sui tempi. Papa Paolo VI avrebbe definito il Concilio Vaticano II «il Concilio di Newman», mentre Papa Benedetto XVI che beatificherà il cardinale domenica a Birmingham, è ispirato dal suo impegno teologico in un mondo secolarizzato.
Newman nacque a Londra nel 1801, figlio di un banchiere che si era fatto da sè. Andato in bancarotta nel 1816, morì per la vergogna nel 1824. La madre era una francese ugonotta, il che potrebbe spiegare la mancanza in John Henry del pragmatismo anglosassone. Fu cresciuto nella «religione nazionale di Inghilterra», «la religione della Bibbia», che «non consiste in riti o credenze, ma soprattutto nel leggere la Bibbia, in Chiesa, nella famiglia, e in privato». La prima conversione avvenne a scuola, a 15 anni, come evangelico anglicano «rinato», «una conversione interiore, di cui sapevo - scriveva - (e di cui sono ancora oggi più certo che di avere mani e piedi) che sarebbe durata nella vita ultraterrena e che ero stato eletto alla gloria eterna». Gli ultimi risparmi della famiglia furono spesi per mandare il brillante studente 16enne a Oxford.
In uno dei suoi ricorrenti esaurimenti nervosi causati dal troppo studio fallì gli esami, ma vinse comunque una cattedra a vita ad Oriel e nel 1825 prese i voti. Furono i suoi colleghi a minare le sue convinzioni evangeliche e insieme fondarono il Movimento di Oxford enfatizzando il rito rispetto all’individualismo: un’intera generazione di studenti di Oxford fu estremamente influenzata dalla sua predicazione. Per Newman la coscienza personale e Dio erano le uniche due realtà.
Il giovane che ebbe il maggior impatto emotivo e spirituale su Newman fu Hurrell Froude, che stava morendo di tubercolosi. Nel 1833 insieme visitarono Roma, dove Newman provò «sentimenti contrastanti» in questo luogo di martiri e Apostoli, ma anche di superstizione e indulgenze. Ciò che spinse molti evangelici a diventare anglo-cattolici furono gli atti del Parlamento del 1828 e del 1829 che permisero ai protestanti non anglicani e ai cattolici di essere eletti al Parlamento, perché era il Parlamento che disciplinava la Chiesa d’Inghilterra.
Newman cercò una «via di mezzo» tra la «corruzione» di Roma, il libero pensiero del potere secolare e le «false» dottrine del protestantesimo evangelico. Il Movimento di Oxford era un gruppo di pressione di minoranza nell’anglicanesimo e faceva proselitismo attraverso gli Opuscoli. Nel 1841 l’Opuscolo 90 provocò una fortissima reazione. Newman confermava in pratica che un prete anglicano poteva, pur accettando alcune distinzioni, celebrare una messa tridentina. E questo gli costò la condanna dell’Università e la perdita della sua Chiesa. Tuttavia solo nel 1845 Newman si unì ai 165 mila cattolici romani inglesi. Un approdo reso possibile dal libro scritto mentre era seminarista a Roma, (Sullo sviluppo della Dottrina cristiana) e che fu condannato come eretico.
L’incontentabile, egocentrico Newman detestava Roma ma la sopportò, così come più tardi sopportò i costanti attacchi nei suoi confronti con l’aiuto del suo giovane angelo custode dai capelli d’oro Ambrose St John, che svolse per 35 anni il ruolo di sostegno che nella tradizione anglicana sarebbe stato quello della moglie di un vicario. E che non visse abbastanza da vedere diventare cardinale Newman nel 1879. «Dal momento della sua morte continuo a rimproverarmi di non avergli fatto capire quanto ho sentito il suo amore», scrisse il cardinale Newman, che ha lasciato due ultimi desideri. Il primo era che la sua bara fosse sepolta accanto a quella di Ambrose St John in un vero e proprio «connubio». Il secondo era che il suo feretro fosse riempito di compost (concime). Newman aveva sempre «temuto» di poter essere fatto santo e il risultato è che ora le tombe contengono solo terra: sono rimaste soltanto le due lastre di ottone da venerare. O denigrare.