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 2010  settembre 16 Giovedì calendario

«DEVE ESSERE IL SEGRETARIO A SFIDARE IL CENTRO-DESTRA»


Dev’essere la giornata che celebra i buoni sentimenti, questo 15 settembre. Perché Massimo D’Alema, dal suo ufficio di presidente del Copasir, ci tiene a dirlo quasi subito: «Se la preoccupazione di Walter è che qualcuno pensi che piuttosto che rafforzare il Pd si possa aggirare il problema con alchimie sulle alleanze, allora Veltroni sappia che la sua preoccupazione è anche la mia». Si dirà: quando l’uno si dichiara d’accordo con l’altro, di solito c’è qualcosa che non quadra. E in genere o si è alla vigilia di grandi rivolgimenti interni oppure la situazione è così difficile da suggerire una sospensione delle ostilità. Stavolta conviene propendere per la seconda ipotesi. L’ultima riunione del “caminetto” dei capi pd è filata via senza scontri; e le dichiarazioni rese dai leader alla fine sono tutte rasserenanti. Ma l’offerta di pace avanzata da D’Alema, ha un paio di condizioni: il rafforzamento della leadership di Bersani e uno spirito più unitario all’interno del Pd.
Scusi, presidente, e tutte le polemiche dei giorni scorsi?
«Nel nostre partito le polemiche hanno spesso una tonalità superiore a quella che dovrebbero avere. Ma nella sostanza credo la stragrande maggioranza del popolo del Pd si riconosca nelle parole e negli impegni annunciati da Bersani a Torino».
Sarà anche così, ma alcuni “giovani leoni” del Pd - da Renzi a Civati, ma non solo - continuano a chiederle di farsi da parte...
«Ma io ormai lavoro in Europa. Torno da Bruxelles, prima ero in Russia. Tra qualche giorno parto per New York, poi Manchester per il Congresso del Labour, quindi Washington e Berlino... Mi occupo dell’elaborazione della cultura politica dei progressisti. In ogni caso sono soddisfatto di come è andata la riunione del nostro Coordinamento proprio perché ha affrontato la questione di fondo che abbiamo davanti, piuttosto che polemiche inutili».
E quale sarebbe la questione di fondo?
«E’ tutta in un interrogativo. Berlusconi certo non è finito, reagirà e avremo ancora delle fasi aspre: ma perché, di fronte alla evidente crisi della destra, il Pd non riesce a crescere? Al di là delle polemiche - perché naturalmente le risposte possono essere diverse - questo è un problema. Che Bersani, però, con l’importante discorso di Torino, ha affrontato nel modo giusto».
Applaude a Bersani per smentire le voci che la vorrebbero insoddisfatto del segretario?
«Questa non l’ho mai sentita. Non riesco neppure a immaginare come possa nascere una voce del genere. Applaudo Bersani perché ha fatto un discorso rivolto al Paese e ai suoi problemi; e perché, cosa che noi sapevamo, sta venendo fuori alla distanza, con concretezza e ragionevolezza, secondo le sue caratteristiche».
Smentita, quindi, ogni freddezza verso il segretario...
«Non solo: l’appello è a rafforzare la sua leadership. Noi siamo un partito democratico, non abbiamo un padrone che si aiuta a restare in sella con molti quattrini e molte tv: ma proprio perché siamo democratici, la forza della nostra leadership è data dall’investimento che su di essa fa il gruppo dirigente. Abbiamo scelto un leader nemmeno un anno fa: indebolirlo, magari mentre si è in vista di possibili elezioni, non mi pare una mossa geniale».
Invece, c’è una piccola folla che intende sfidarlo alle primarie per la candidatura a premier: da Vendola a Chiamparino, fino a Veltroni, secondo alcuni...
«Ma perché, partecipano tutti alle primarie?».
Almeno Vendola di sicuro.
«Credo che prima occorra vedere se c’è intesa sulle basi politiche e programmatiche necessarie a stringere una alleanza non scontata. Vendola fa parte di quella sinistra che ha costituito il problema maggiore per Prodi, fin dal primo governo. Ha fatto i conti con questo? Sa che gli italiani non vogliono che quanto accaduto si ripeta?».
E se l’intesa fosse raggiunta?
«Che si candidi. Anche se trovo singolare questa agitazione autopromozionale che utilizza - per altro - le primarie: strumento di un altro partito - il Pd - verso il quale non ha mai avuto parole di apprezzamento».
E che dire, invece, dei possibili altri candidati pd?
«Che considererei la loro scelta legittima ma sbagliata».
Addirittura sbagliata?
«Un aspetto costitutivo del Pd è aver guardato ai grandi partiti riformisti europei: e i grandi partiti europei candidano il loro leader alla guida del governo. E’ un principio che abbiamo perfino inserito nel nostro Statuto».
Quindi?
«Quindi troverei ragionevole che, se vi sono dirigenti del Pd che intendono candidarsi alla guida del governo, si candidassero prima alla segreteria del partito».
Ma avete fatto un Congresso pochi mesi fa...
«Appunto. Ed è per questo che suggerisco di impegnarci prima di tutto sulla proposta da fare al Paese, piuttosto che continuare in polemiche dannose e infondate».
Pensa a qualcosa in particolare?
«Penso a certi postulati che accompagnano la polemica, del tutto legittima, sui possibili modelli di riforma elettorale. Anche qui: vorrei rassicurare Veltroni e dirgli che non è vero che pensare a sistemi diversi da un certo maggioritario significa voler “uccidere” il Pd. Non siamo nati per l’esigenza di adattarci a una nuova legge elettorale: e non saremmo messi in crisi nè da un sistema che si ispirasse a quello tedesco né dalle difficoltà - evidenti - del “partitone” di Berlusconi. Insomma, possiamo sopravvivere anche alla crisi del bipolarismo berlusconiano... Il Pd, infatti, non nasce da una legge elettorale, ma dalla convergenza politica, ideale e culturale tra le grandi tradizioni del riformismo e del progressismo italiano. Queste sono le basi del partito che stiamo costruendo».
Perché tiene a questa rassicurazione?
«Perché è caricaturale la divisione tra chi vorrebbe un Pd forte e chi lo vorrebbe debole ma con più alleati. Se questa fosse la discussione, io starei di certo con i primi».
Non avete molto tempo per mettervi d’accordo
«Vedremo se e quando si faranno le elezioni. Ma la cosa peggiore, cone ha denunciato Bersani, sarebbe un governicchio che tirasse a campare. Continuiamo a essere un Paese strano, dove si taroccano le cifre economiche per nascondere la crisi; dove se un deputato passa dalla maggioranza all’opposizione è un golpe, mentre è tutto normale se accade il contrario; un Paese nel quale il ministro dell’Economia fa una impegnata intervista per dire che entro l’anno bisogna approntare un piano economico che ci porti al 2020, e vorrei sapere di questo piano dove si sta discutendo. Qui l’unico piano che interessa a Berlusconi è come aggirare la sentenza Mills. Lo so che è da inizio legislatura che va così. Ma che vuole, non mi ci sono ancora abituato...».