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 2010  settembre 16 Giovedì calendario

Notizie tratte da: Murakami Haruki, L’arte di correre, Einaudi 2009, pp. 162, 18 euro.«In certi casi, metterci del tempo è la via più breve»

Notizie tratte da: Murakami Haruki, L’arte di correre, Einaudi 2009, pp. 162, 18 euro.

«In certi casi, metterci del tempo è la via più breve».

«Avrò diciotto anni fino alla morte [...] Ovviamente è uno scherzo. Ho preso in prestito il titolo di una canzone di Brian Adams. L’unico modo per avere diciotto anni fino alla morte è morire diciottenni».

«Il nostro corpo, al pari della nostra coscienza, è un vero labirinto. Tenebre ovunque, angoli morti ovunque. E ovunque suggestioni silenziose, una seconda natura che ci attende».

«L’onore del declino fisico è in attesa».

«Dovevo obbligarmi a raggiungere, almeno un poco, uno stato di inorganicità».

«Parrà strano, ma di fronte a un uditorio mi viene più facile esprimermi nel mio inglese poco scorrevole che nella mia lingua madre. Forse è perché quando voglio fare un discorso coerente in giapponese, provo la sensazione di affogare in un oceano di parole».

Il «"declino letterario" è una cosa che succede. Può darsi che ciò che il nostro autore scrive sia sempre altrettanto bello, e può anche darsi che quel genere di esaurimento abbia una sua piacevolezza. Tuttavia il calo della sua energia creativa appare chiaro a chiunque. Mi chiedo se la causa non sia da cercarsi nel fatto che la sua forza fisica non riesce più a tenere a bada quell’elemento tossico che lui stesso/lei stessa produce [...] Possibilmente io vorrei evitare questo genere di declino. La letteratura che ho in mente io è qualcosa di più spontaneo, di più vigoroso. Deve essere una forza vitale che tende naturalmente in avanti. Per me scrivere consiste nell’arrampicarmi su monti impervi, scalare pareti rocciose e, al termine di una lotta accanita, giungere in vetta. Vincere o perdere contro me stesso: esistono soltanto queste due possibilità. È un’immagine interiore che ho bene in mente quando scrivo».

«Per manipolare qualcosa di veramente malsano è necessario condurre una vita più sana possibile».

«Concordo con l’affermazione che scrivere è un’attività malsana».

«Io sono abituato a perdere, anche se non ne vado fiero».

«Rileggo la tabella dove ho segnato i chilometri fatti di corsa. Giugno: 260 chilometri. Luglio: 310 chilometri. Agosto: 350 chilometri. Settembre: 300 chilometri».

«I lobi delle orecchie fanno male».

«Ho imparato molte cose facendo jogging ogni mattina sulle strade. In maniera naturale, con la pratica. Quanto posso mostrarmi severo con me stesso? Ho sviluppato adeguatamente il mio fisico? Mi sono riposato abbastanza? Fino a che punto la mia coerenza è giustificata, a partire da quando diventa ristrettezza mentale? In che misura devo prestare attenzione al paesaggio esteriore, e in che misura posso invece dedicarmi all’introspezione? Quanta fiducia posso avere nelle mie capacità, devo ancora dubitare di me stesso?».

«Essere giovani e di talento equivale ad avere le ali sulla schiena».

«Mentre si scava con una pala una buca ai propri piedi sudando sette camicie, ecco che per caso si scopre una vena d’acqua segreta che dormiva in profondità. Un bel colpo di fortuna davvero! Ma se si è verificato, fondamentalmente è perché con l’allenamento si era acquisita la forza fisica di scavare una buca profonda. Gli scrittori che hanno visto fiorire il loro talento in tarda età non sono forse passati più o meno tutti attraverso questo processo?».

«Scrivere un romanzo è tutt’altro che riposante. Seduti alla scrivania si focalizzano i nervi su un punto, si solleva la fantasia dal livello terra come un raggio laser, si fa nascere una storia, si scelgono le parole a una a una, si mantengono tutti i fili della trama nella posizione giusta - questo genere di lavoro richiede per un lungo periodo di tempo una quantità di energia molto maggiore di quanto di solito si pensi. Non ci si muove concretamente eppure si fa uno sforzo che consuma carne e ossa all’interno del corpo».

«"Anche se non scrivo niente, ogni giorno mi siedo comunque diverse ore alla scrivania e mi concentro"» (Raymond Chandler).

«Dopo la capacità di concentrazione, viene la perseveranza».

«Una delle regole fondamentali di un allenamento intensivo è che si può anche diminuire la quantità complessiva di esercizio, ma non bisogna mai riposare due giorni di seguito. I muscoli, come gli animali da fatica, hanno buona memoria. Se vengono abituati gradualmente, con prudenza, a portare il carico, vi si adattano con facilità. Se li si persuade dando loro ogni giorno un compito concreto, chiedendo loro di svolgere gentilmente per noi una certa quantità di lavoro, si fanno coraggio e rispondono alla domanda usando a poco a poco sempre più energia. Ovviamente ci vuole tempo. Se li si forza non si ottiene nulla. Ma se ci si mette tutto il tempo necessario, e si avanza gradino per gradino, diventeranno più docili, più pazienti e non solleveranno obiezioni - anche se a volte non avranno l’aria contenta. Bisogna far assimilare ai nostri muscoli, a forza di ripeterlo, il concetto che c’è tot lavoro da fare. I muscoli sono onesti. Se li trattiamo equamente non protestano».

«Il percorso della maratona di New York è quasi tutto in pianura, ma bisogna passare su sette grandi ponti e, dal momento che sono tutti ponti sospesi, la parte centrale resta più alta. Ho già corso tre volte a New York, ma quel leggero salire e scendere l’ho sentito nelle gambe più di quanto mi aspettassi».

«Correre per la strada ogni mattina mi ha insegnato molto riguardo alla scrittura».

«Quando cedetti il bar per ripartire da zero, la prima cosa che facemmo io e mia moglie fu di ripensare da capo il nostro stile di vita. Decidemmo di alzarci al levar del sole e la sera di andare a dormire il prima possibile. Questo significava per noi fare una vita naturale. Una vita seria».

«Volevo soltanto, in tutta innocenza, scrivere un romanzo. Non avevo un’immagine concreta di cosa desiderassi raccontare, ma sentivo che a quel punto potevo creare un’opera che per me costituisse un risultato. Tornai a casa, mi sedetti alla scrivania con l’intenzione di buttar giù qualcosa, e solo allora mi resi conto che non possedevo nemmeno una penna stilografica decente. Allora mi recai in una cartoleria di Shinjuku, comprai una risma di fogli e una stilografica da circa mille yen. Un piccolo investimento di capitale».

«Posso indicare con estrema precisione il momento in cui ho deciso di mettermi a scrivere. Era il 1° aprile 1978, verso l’una e mezza del pomeriggio. Quel giorno, seduto da solo su una gradinata dello stadio di Jingu, guardavo una partita di baseball bevendo una birra [...] Hilton fece una battuta a terra lungo la linea sinistra del campo - il suono secco della palla contro la mazza risuonò nello stadio - poi a velocità pazzesca girò la prima base e si fermò sulla seconda. Ecco, fu in quel momento che mi colpì il pensiero: "Voglio scrivere un romanzo"».

«Al significato posso pensare con calma più tardi (rimandare le riflessioni a dopo è un mio talento personale, che col passare degli anni è venuto affinandosi)».

«Chi mai può provare simpatia o qualcosa di simile per uno come me, uno che manca del tutto di spirito di collaborazione, che al minimo contrasto va subito a rifugiarsi da solo in un armadio? Mi domando però se uno scrittore di professione abbia davvero, fin dall’inizio, la possibilità di essere simpatico a qualcuno [...] Non credo sia possibile dedicarmi per mesi e mesi alla scrittura, e al tempo stesso suscitare simpatia su un piano personale».

«La solitudine è un risultato che in parte ho cercato di mia spontanea volontà. Soprattutto per chi fa il mio mestiere, è un percorso obbligato, anche se in gradi diversi. Tuttavia il senso di solitudine, come un acido fuoriuscito da una bottiglia, può corrodere e aumentare lo spirito di un individuo senza che questi se ne accorga. È una micidiale arma a doppio taglio. Protegge lo spirito, e al tempo stesso dall’interno continua senza sosta a ferirlo».

«Il nostro spirito non è abbastanza forte per concepire il nulla».

«Una volta ho chiesto a un oculista se al mondo ci fossero persone che non diventano presbiti. "Mah, io non ne ho ancora viste" mi ha risposto lui ridendo».

«Dostoevskij negli ultimi anni della sua vita, che ne durò sessanta, scrisse due lunghi romanzi degni di significati profondi, "I demoni" e "I fratelli Karamazov", e Domenico Scarlatti nel corso della sua esistenza compose 555 sonate per pianoforte, la maggior parte delle quali fra i cinquantasette e i sessantadue anni».

«Nella professione di scrittore [...] non c’è vittoria o sconfitta. Può darsi che il numero di copie vendute, i premi letterari, le recensioni dei critici costituiscano dei criteri in base ai quali giudicare il risultato, ma non sono l’essenziale. Ciò che conta, più di ogni altra cosa, è che l’opera compiuta corrisponda ai criteri che lo scrittore stesso ha stabilito, e in questa valutazione non gli sarà facile barare».

«Se un corridore deve per forza individuare un avversario da battere, lo cerchi nel se stesso del giorno prima».

«Se facessero un film sulla mia vita - solo a pensarci mi vengono i sudori freddi - in fase di montaggio verrebbe tagliato quasi tutto».

«Sono nella fase in cui devo lavorare sulla resistenza e aumentare la distanza che percorro, mentre il tempo che impiego per il momento è irrilevante. Basta che copra in silenzio il numero di chilometri che mi sono prefisso mettendoci le ore necessarie. Se desidero arrivare più lontano aumento in proporzione la velocità, ma se accelero il ritmo, riduco la durata dell’allenamento, perché l’essenziale per me è ritrovare domani il piacere fisico che provo oggi. Quando scrivo un romanzo è fondamentalmente la stessa cosa. Anche se sento che potrei continuare, a un certo punto poso la penna. Così mi sarà più facile mettermi al lavoro il giorno seguente. Ernest Hemingway ha detto qualcosa di simile».

«Tra i concorrenti ce n’era uno che per tutta la corsa, dall’inizio alla fine, rimuginava su un motto appreso dal fratello (un maratoneta anche lui): "Pain is inevitable. Suffering is optional". Quello era il suo mantra. Il dolore non si può evitare, ma la sofferenza è opzionale».

«"Anche nell’atto di farsi la barba c’è una filosofia" (Somerset Maugham)».

«Per quanto banale sia un’azione, se ripetuta spesso ingenera una sorta di intuizione estetica».

PAROLE CHIAVE
Scrivere
Correre
Maratona
Maratona di New York