Lettere a Sergio Romano, Corriere della Sera 15/09/2010, 15 settembre 2010
GIANFRANCO FINI BADOGLIANO STORIA DI UN INSULTO POLITICO
Tra le tante definizioni, più o meno colorite, con cui il popolo del Pdl definisce ormai Gianfranco Fini ci mancava quella di «badogliano», mancanza colmata in una discussione che ho ascoltato di recente. Pochi personaggi della storia del nostro Paese hanno effettivamente raggiunto la doppiezza e l’acrimonia di colui che portò l’Italia all’8 settembre, ma etichettarne con il significato del termine Fini mi sembra veramente eccessivo, e soprattutto immeritato!
Mario Taliani
mtali@tin.it
Caro Taliani, la parola «badogliano» fu coniata dopo l’8 settembre ed ebbe rapida circolazione, come termine spregiativo, nella stampa della Repubblica sociale per definire i monarchici. Ma veniva usata anche dai tedeschi. In una delle sue opere Ennio Flaiano dice di avere sentito le SS, nel 1944, parlare di «"delinquenti badogliani" per riferirsi agli assassinati delle Fosse Ardeatine». Sorprendentemente tuttavia, la parola usata dai fascisti per definire i loro peggiori nemici circolava con un significato egualmente negativo anche nei gruppi della Resistenza di sinistra. Nel Supplemento 2004 del Grande Dizionario della Lingua Italiana di Salvatore Battaglia, ho trovato questo passaggio tratto da «Una questione privata», il racconto lungo di Beppe Fenoglio: «"Chi siete?". "Partigiani", rispose Meo. "Dillo in dialetto" pretese il vecchio. E Meo lo ripeté in dialetto. "Di che razza? Azzurri badogliani o Stella Rossa?". "Badogliani"». E come sappiamo fra badogliani e Stella Rossa non correva sempre buon sangue. La parola comunque significa sin dall’inizio opportunista, voltagabbana, doppiogiochista o addirittura traditore, e come tutti gli insulti rivela la natura della persona che se ne serve non meno di quanto definisca la persona a cui è indirizzata.
Se questa è l’origine dell’espressione non mi sembra che si applichi a Gianfranco Fini. Il vecchio segretario del Msi e presidente di Alleanza Nazionale è molto cambiato, ma durante un percorso fatto complessivamente alla luce del sole. La fondazione di An, la svolta di Fiuggi, il viaggio a Gerusalemme, il discorso pronunciato al primo congresso del Pdl sono altrettante tappe di una strada piuttosto lineare. È probabile che Fini abbia intravisto nella situazione politica italiana un’occasione da cogliere e un vuoto da riempire. È probabile che all’origine della svolta vi fosse una forte motivazione personale. Ma queste sono cose che possono essere dette di quasi tutti gli uomini politici. Quando non è soltanto mestiere, la politica è un complicato intreccio di ideali e ambizioni. Bisognerebbe entrare nel cuore e nella mente di una persona per sapere dove finiscano i primi e comincino le seconde.
Sergio Romano