Luigi Offeddu, Corriere della Sera 14/09/2010, 14 settembre 2010
1606, LA PRIMA AZIONE DI BORSA. E FU CRAC — E
fu subito crac: prima l’asta bandita da una grande impresa a partecipazione pubblica, mirabolanti promesse e un’impennata del titolo in Borsa; poi, niente informazioni e niente dividendi, o dividendi pagati in libbre di cannella e noce moscata: il solito purgatorio dei piccoli risparmiatori imbufaliti, e soli. Accadeva 404 anni fa, ma in fondo è come se fosse oggi: è la storia della prima azione mai scambiata al mondo, appena scoperta da ricercatori dell’università di Utrecht in Olanda. Porta stampigliata una data, il 9 settembre 1606. E un nome, Pieter Harmensz: il commerciante della città di Enkhuizen che investì un bel po’dei suoi risparmi, 150 fiorini olandesi (difficile calcolare oggi che cosa ci si potesse comprare) nei titoli offerti sul mercato dalla più importante e stimata impresa del tempo. E cioè dalla Compagnia delle Indie Orientali, la grande rivale della Compagnia britannica delle Indie, e l’apripista dell’espansione coloniale olandese in tutta l’Asia, fino alle coste estreme del Borneo.
Quei titoli erano teoricamente solidi, ben garantiti. L’offerta iniziale si era chiusa il primo settembre 1602. E in molti, prima o dopo Harmensz, si lasciarono tentare dall’investimento: 583 cittadini solo a Enkhuizen, artigiani e commercianti, per un esborso totale di 540 mila fiorini. Sembrò che avessero puntato sul cavallo giusto: le azioni della Compagnia alla Borsa di Amsterdam si impennarono subito dopo la chiusura dell’offerta, per un po’ si fecero molti progetti su come investire i futuri dividendi. Che però, quando il povero Harmensz se ne andò all’ altro mondo nel 1638, non si erano ancora materializzati: se non sotto forma di qualche libbra di spezie orientali distribuita nel 1610, più che altro per placare le proteste più dure. Morale: l’azione più antica al mondo finì nel testamento, come lascito alla vedova e all’unica figlia del commerciante. E nel frattempo, continuò a crescere il malumore dei piccoli investitori, imbestialiti anche dall’assenza di comunicazioni fornite dall’impresa: quello che loro non sapevano, e forse non potevano sapere, era che la gloriosa Compagnia delle Indie Orientali era andata sul mercato probabilmente per disperazione, a raccogliere denaro fresco dai privati per coprire vecchi buchi nei suoi bilanci. Anzi, vecchie voragini. E aveva offerto in cambio il suo brand avventuroso, il suo marchio o immagine di moderna impresa pronta a cercare e colonizzare nuovi mercati, a correre rischi ma anche a catturare forti profitti. Invece quella Compagnia si rivelò soltanto, almeno per Pieter Harmensz e quelli come lui, l’antenata dei Madoff di tutto il mondo.
Capace, però, di suscitare con i suoi titoli gli appetiti dei collezionisti fino ai nostri giorni: per un’altra azione, di appena tre settimane più "giovane" e finita in Germania, c’è stato infatti chi ha offerto somme assai sostanziose; senza ascoltare, è chiaro, l’ombra corrucciata di Pieter Harmensz.
Luigi Offeddu