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 2010  settembre 14 Martedì calendario

GERMANIA, ADDIO AL MURO: L’EST E’ RICCO QUANTO L’OVEST —

Parlare di Germania dell’Ovest e di Germania dell’Est non ha più molto senso. Nuovi dati resi noti dal centro di ricerca Ifo Institut di Dresda indicano che, vent’anni dopo la riunificazione, le differenze economiche e sociali tra le due parti del Paese si sono ormai ridotte drasticamente. Al punto che i gap che ancora rimangono possono essere considerati normali divergenze territoriali che si trovano anche in Paesi che non hanno dovuto rimettere assieme due parti rimaste separate per 40 anni, una capitalista e una socialista. «Soprattutto se si considera — dice lo studio — che anche nella Germania dell’Ovest esistono differenze regionali veramente considerevoli». La repubblica federale è una pelle di leopardo, con zone più ricche di altre distribuite ovunque, piuttosto che un mantello a due colori.
L’Ifo ha paragonato la situazione del 1991, primo anno di Germania unificata, al 2009. Nei cinque Länder dell’Est, il Prodotto interno lordo (Pil) a prezzi correnti è salito del 163%, da 107 a 282 miliardi, contro un aumento del 49% nei dieci dell’Ovest (Berlino è esclusa), l’anno scorso a 2.035 miliardi.
L’accorciamento della distanza è più evidente se si guarda il Pil pro capite (a prezzi costanti del 2000): a Oriente è raddoppiato, a 19.751 euro, mentre a Occidente è aumentato del solo 12%, quasi a 28 mila euro. Mentre nel 1991, da poco usciti dal socialismo reale, i cittadini dell’Est avevano salari pari al 51% di quelli dell’Ovest, oggi siamo all’83%. Un altro dato che segnala l’enorme avvicinamento: in termini di produttività, nelle ex regioni comuniste servivano 77,2 ore per realizzare l’equivalente di mille euro di produzione, oggi ne bastano 28,6, contro le 22,3 dell’Ovest.
È successo che alcune parti della ex Germania socialista in questi venti anni si sono modernizzate e ora sono all’avanguardia in settori di alta tecnologia, nelle energie rinnovabili, nell’industria ottica.
Le aree attorno a Dresda, a Lipsia, a Erfurt, a Jena, a Potsdam, oltre che a Berlino, sono casi di grande successo, come un po’ tutta la Sassonia: pienamente «occidentalizzate». La Turingia ha sviluppato un settore automobilistico buono. Le università e gli istituti di ricerca prosperano.
Altre zone—il Brandeburgo del Nord, il Meclemburgo-Pomerania Anteriore, la Sassonia-Anhalt — invece faticano, anche per ragioni di storia e di cultura. E non tutto funziona alla perfezione. La disoccupazione, per esempio, a Oriente è ancora quasi il doppio che a Occidente, 11,5 contro 6,6%. E in tutta la ex Germania Est non c’è un solo quartier generale delle cento maggiori imprese tedesche. Ma complessivamente il recupero è stato formidabile, anche sul piano sociale. L’aspettativa di vita per i nuovi nati, per esempio, è passata a Est da 70 a 76,1 anni per gli uomini e da 76,2 a 82,2 per le donne, ormai di fatto chiudendo un gap che vent’anni fa era imbarazzante. Addirittura, i cittadini orientali possiedono in proporzione più automobili: 57 ogni cento contro 51.
La ripresa economica in corso dovrebbe confermare il trend. «L’Est — sostiene Heinrich Alt, un consigliere dell’Agenzia del Lavoro — sta approfittando della crescita recente al di sopra della media nazionale, e mi aspetto che questo sviluppo continui».
Danilo Taino