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 2010  settembre 14 Martedì calendario

MEZZO MILIONE DI PRECARI 30 ANNI PER SISTEMARLI

Precario a 68 anni: se Giancarlo Montemarani non è ancora entrato nel Guinness dei primati, è soltanto per mancanza di una specifica classifica. Insegnante di francese in una scuola media di Macerata, ha passato tutta la vita senza poter diventare di ruolo finché nel 2007 l’hanno spedito in pensione. Soltanto facendo ricorso al Tar è poi entrato nelle graduatorie per uscire dal precariato. Ma il calvario, allarga le braccia chiamando in causa «i tempi biblici della giustizia amministrativa» il suo legale Narciso Ricotta, non è ancora finito. Montemarani è ancora lì, in attesa di poter andare finalmente in pensione, prima dei fatidici settant’anni, da «professore» non più precario. Buona fortuna. A lui e agli altri.
Perché il punto è: quanti sono destinati a seguire il suo destino? Con l’aria che tira non sono pochi coloro che corrono il rischio di vedersi pensionare prima ancora di poter uscire da quella condizione. «Impossibile dire con esattezza quanto tempo servirà per assorbire tutti i precari. In alcuni casi, secondo i nostri calcoli, anche trent’anni e più», spiega Francesco Scrima, il segretario generale della Cisl scuola. Il quale prende a esempio il precariato nelle materne. Gli iscritti alle cosiddette graduatorie ad esaurimento per questo settore dell’istruzione sono 74.744. Una volta colmati i vuoti degli organici (circa 4 mila unità) e tenendo conto che d’ora in poi sarà possibile occupare al massimo soltanto i posti lasciati liberi dai pensionati, circa 2 mila l’anno, ciò significa che il serbatoio dei precari non si svuoterà completamente prima di trentacinque anni. Nel 2045. Non resta che augurare lunga vita agli ultimi della lista.
Ma che cosa sono queste «graduatorie a esaurimento»? Si tratta di elenchi predisposti in seguito alla sanatoria approvata dal governo Prodi nel tentativo di regolarizzare una situazione assurda che si era determinata negli anni precedenti. Una situazione per la quale alla permanente lamentela di esuberi si rispondeva allargando a dismisura la zona grigia del precariato. Da tali elenchi, compilati rigorosamente sulla base di criteri oggettivi (l’anzianità, non il merito) si dovrà attingere per coprire il 50 per cento dei posti che di volta in volta risulteranno vacanti. Le «graduatorie» sono un numero enorme. Ben 8.433. E di queste più della metà, 4.456, sono considerate «molto affollate». E se il numero degli elenchi è enorme, figuratevi quello degli iscritti. Sapete quanti sono, secondo un dossier appena sfornato dalla Cisl? Sono 229.721. Con un rapporto di uno a tre rispetto all’organico del personale docente della scuola italiana, dalla materna al licei.
Ai ritmi con cui procede lo smaltimento di questo arretrato umano (quest’anno sono stati regolarizzati in diecimila, fra il personale docente), va da sé che sarebbero necessari almeno 23 anni. Senza considerare poi che i precari non sono nemmeno tutti qui. Perché bisognerebbe aggiungerne ancora 20 mila circa, il numero di quanti sono iscritti a quelle «graduatorie» con riserva, perché in attesa di conseguire l’abilitazione. Volendo poi essere proprio pignoli non si potrebbero nemmeno escludere del tutto quelli che non sono nelle «graduatorie» perché non abilitati, ma che comunque fanno parte dell’area del precariato scolastico. Altri 300 mila, senza però al momento attuale alcuna speranza di avere un posto fisso. Almeno per i prossimi trenta o quarant’anni, visto che gli accessi alle «graduatorie» sono per legge bloccati.
Tenendo in ogni caso conto anche di loro, il numero dei «docenti» della scuola precari raggiungerebbe le 550 mila unità, per superare di slancio le 600 mila mettendo nel calcolo anche il personale precario non docente: ben 64.770 persone. Un universo mostruoso, che rappresenta un problema mostruoso, soprattutto in alcune realtà locali. La Sicilia, per esempio. Restando ai 229.721 precari ufficiali, per intendersi quelli delle «graduatorie», i siciliani sono 33.474. È il numero più alto d’Italia. Superiore anche a quello di Regioni più popolose, come la Campania, che ne ha 32.597, il Lazio (21.664) e perfino la Lombardia (28.507), dove gli abitanti sono quasi il doppio. Ebbene, in Sicilia i precari ufficiali sono una quantità pari al 51,1% dell’organico di diritto della Regione. Per non parlare della guerra fra poveri che è scoppiata per il personale non docente, a causa di alcune decisioni politiche scellerate prese in passato e di una serie di sentenze giudiziarie. Tanto per dirne una, a Palermo è successo nel 2000 che con il trasferimento del personale scolastico allo Stato sono passate negli organici statali anche legioni di lavoratori socialmente utili, inquadrati con mansioni per le quali non hanno alcuna competenza. Ma negli organici ci sono e ci restano, e così bloccano la strada ai precari che potrebbero essere assorbiti.
La regolarizzazione del personale non docente, tuttavia, è un problema che si può considerare trascurabile rispetto a quello di insegnanti e professori. Esclusa la possibilità che vengano incrementati gli organici, ipotesi che lo stesso sindacato definisce «irrealistica» considerando che la fredda legge delle cifre (il rapporto alunni-docenti) non concede margini di manovra, non restano cose come la rimodulazione dei tagli o qualche misura per allargare un po’ le maglie della rete. Per esempio, propone la Cisl, attivando la mobilità verso altri settori (ma quanti accetterebbero?) o politiche «meno restrittive per la cessazione dal servizio» (i soliti prepensionamenti?). Vero, come sostiene il sindacato, che ci sarebbe una disponibilità teorica per 30 mila assunzioni: docenze attualmente non coperte da personale di ruolo. Ma i numeri sono pur sempre quelli che sono. Dall’arrivo del nuovo governo Berlusconi il personale docente della scuola ha perso quasi 50 mila posti di lavoro, riducendosi da 843.040 a 795.342 unità. Metà di questa emorragia ha riguardato proprio i precari, che sono passati da 141.735 a 116.976. Sono supplenti: chi è iscritto alle graduatorie a esaurimento, oltre a poter aspirare a un posto di ruolo, può accedere alle supplenze su posti liberi per tutta la durata dell’anno scolastico. Siccome però il numero dei supplenti è decisamente inferiore a quello degli iscritti nelle graduatorie, significa che circa 113 mila persone nell’area del precariato scolastico (cioè la differenza) sono senza lavoro.
Sergio Rizzo