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 2010  settembre 14 Martedì calendario

UN MISSILE CINESE CAMBIERÀ LA GEOPOLITICA

«Potrebbe essere rivoluzionario, cambiare ogni cosa», ha scritto una fonte del governo degli Stati Uniti. «Potrebbe spalancare le porte a una nuova era dell’ordine internazionale», ha scritto un’altra. «Potrebbe mettere fine al nostro modo di intervenire», mi ha riferito un funzionario di alto grado in pensione. Ciò a cui si riferiscono questi ex o attuali esponenti dei più alti gradi dell’esercito è qualcosa di cui non avete mai sentito parlare prima. Si tratta del missile cinese denominato Dong Feng 21D, in sigla DF-21D. Prima di tutto sarà bene contestualizzare la notizia: le portaerei della Marina Usa possono proiettare la potenza americana in ogni angolo del pianeta. Le superportaerei sono enormi navi a propulsione nucleare, lunghe fino a 330 metri, in grado di trasportare 85 aerei e oltre 6mila effettivi. E al prezzo di 4,5 miliardi di dollari l’una sono pressoché capaci di dare il via e combattere una guerra per conto proprio. Per molti aspetti le superportaerei costituiscono l’ossatura portante della politica estera americana. La crisi dello Stretto di Taiwan del 1996 ne costituisce un ottimo esempio: nel periodo preliminare alle prime elezioni presidenziali della storia di Taiwan, la Cina condusse una serie di test missilistici allo scopo d’incutere timore nell’elettorato taiwanese. I cinesi speravano che un’ostentazione della loro potenza militare avrebbe dissuaso la popolazione taiwanese dall’eleggere politici separatisti. Quando tra Pechino e Taipei andò crescendo la tensione, Washington inviò due portaerei verso la costa cinese. Il messaggio diretto alla Cina era chiaro: non potete permettervi un conflitto con Taiwan perché noi interverremo. Pechino fece un passo indietro, i taiwanesi votarono liberamente e in Asia la situazione rimase tranquilla e sotto controllo. La crisi del ’96 è importante per ragioni che prescindono da Taiwan e hanno poco a vedere con essa. L’Asia odierna è tanto divisa quanto fondamentale per l’economia mondiale: soltanto attraverso il Mar della Cina ogni anno transita il 30% dei prodotti mondiali, mentre nello Stretto di Malacca passa il 50% del petrolio globale. Dei dieci paesi che nel 2009 hanno fatto registrare il maggior volume di esportazioni e importazioni, tre si trovano in Asia Orientale. E nondimeno, quasi ogni paese situato a Ovest dell’India è impegnato in dispute territoriali con i propri vicini, una buona parte delle quali coinvolgono la Cina. Russia e Giappone da un punto di vista tecnico sono ancora in guerra tra loro. A prescindere da ciò che possiate pensare della politica estera americana, la sua potenza ha decisamente contribuito ad assicurare stabilità all’intera regione - e di conseguenza all’intera economia globale - sin dalla fine della Guerra fredda. Nel Libro Bianco 2009 della Difesa pubblicato dall’Australia si legge che «la regione asiatica del Pacifico ha conosciuto un’era di pace e di stabilità senza precedenti, assicurata dal primato strategico degli Usa». Ecco, di conseguenza, che il missile DF-21D diventa così importante o inquietante, a seconda del vostro punto di vista. Pur non essendo tutti i dettagli su tale missile di pubblico dominio, pare che il DF-21D sia un missile balistico antinave in grado di far breccia nei sistemi difensivi di una superportaerei americana. Al Pentagono il missile in questione è meglio noto come carrier killer, il killer delle portaerei. La minaccia di un simile killer non è nuova e la classe politica americana ne teme il potenziale sviluppo da anni. Da quel che si sa, tuttavia, nel DF-21D potrebbe proprio esserci qualcosa di particolarmente innovativo.

Il 5 agosto l’Associated Press ha riferito che tra i politici americani cresce l’ansia per questo missile, e risulta che i collaudi finali potrebbero ormai giungere a conclusione l’anno prossimo. Il 16 agosto - il giorno stesso in cui il Pentagono ha reso noto il suo resoconto annuale sull’apparato militare cinese - una fonte militare d’alto grado, parlando in forma anonima, ha rivelato con espressioni volutamente criptiche che il missile «costituisce una grossa preoccupazione per noi». Ancora la settimana scorsa il capo della Marina Usa nel Pacifico ha dichiarato ai giornalisti giapponesi che il missile in questione «probabilmente sta per diventare operativo».

E allora: che cosa ci rivela tutto ciò? Tre cose. La prima è che la Cina è prossima - come mai è stata in passato - a mettere definitivamente a punto un missile in grado di mettere fuori gioco una portaerei. La seconda è che la produzione di un missile di questo tipo equivarrà a porre fine all’incontrastata egemonia statunitense sui mari, specialmente lungo le cruciali rotte oceaniche asiatiche. La terza e ultima cosa è che un missile DF-21D operativo accrescerebbe fortemente le tensioni che già serpeggiano in Asia. Questa estate la Cina ha ufficialmente sorpassato il Giappone, diventando la seconda economia al mondo. Quantunque le capacità militari cinesi debbano ancora arrivare all’altezza del suo successo economico, un missile balistico antiportaerei altererebbe drasticamente l’equilibrio di potere in Asia, facendolo pendere un po’ più verso la Cina. E un simile spostamento cambierebbe anche il mondo intero.