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 2010  settembre 15 Mercoledì calendario

Ecco qual è la verità sui dati del nostro Pil - Secondo le ultime valuta­zi­oni della Commissione eu­ropea il Pil, ossia il prodotto interno lordo, dell’Italia, nel 2010 dovrebbe crescere del­l’ 1,1%

Ecco qual è la verità sui dati del nostro Pil - Secondo le ultime valuta­zi­oni della Commissione eu­ropea il Pil, ossia il prodotto interno lordo, dell’Italia, nel 2010 dovrebbe crescere del­l’ 1,1%. Per i Paesi dell’euro­zona la stima della crescita del Pil del 2010 è di media dello 1,7%. Ma in Italia vi è una elevata economia som­mersa, che l’Istat valuta al 16 %. Invece il professor Sch­neider, che effettua le stime dell’economia sommersa per le varie economie del mondo, per l’Italia dà un da­to, ante crisi, del 22%. Qual­cuno, però, di fronte a que­ste diverse valutazioni, fa spallucce. E dice che, vera o no che sia la stima del profes­sore austriaco, ciò riguarda il volume ef­fettivo del Pil, ma non inci­de sul suo tasso di crescita. È una riposta superficiale, che si basa sull’assunto che la crescita dell’economia uf­ficiale e di quella sommersa procedano di pari passo. Ma non è così. Schneider ha calcolato che, in conseguenza della depressione economica la percentuale dell’economia sommersa, nell’ultimo bien­nio, nella media dei Paesi sviluppati, a cui appartenia­mo, sarebbe aumentata di 0,7 punti. Da ciò si può desu­mere che la crescita del Pil dell’euro zona sarebbe nel 2010 sul 2%. Per l’Italia che in Europa ha, con la Gre­cia, il record dell’economia sommersa si può desumere un aumento di economia sommersa un po’ maggiore. E quindi una crescita del Pil dell’1,5-1,6%. Il divario con la media dell’eurozona, con questa correzione, è sensi­bilmente minore di quel che appare dai dati ufficiali. E la nostra ripresa risulte­rebbe, con ogni probabili­tà, notevolmente maggiore di quella desunta dai dati uf­ficiali. La ragione per cui in peri­odo di difficoltà l’econo­mia sommersa aumenta è ovvia: si tratta del fatto che si accresce la disoccupazio­ne e quindi aumenta l’offer­ta di manodopera disponi­bile per lavorare nell’econo­mia sommersa. E questa, producendo con costi mi­nori dell’economia ufficia­le, trova più mercato, nei pe­riodi di crisi in cui i consu­matori fanno maggiore at­tenzione ai prezzi. D’altra parte, ci sono buone ragio­ni per pensare che quando c’è crisi economica, anche l’evasione fiscale tenda ad aumentare. Infatti, le im­prese che durante la crisi fanno fatica a quadrare i bi­lanci, cercano di arrotonda­re i ricavi netti, con una maggiore evasione dell’ Iva. E poiché nei periodi di cattivo andamento i fattura­ti si riducono, per il fisco è difficile scovare tale mag­giore evasione, perché il contribuente può sostene­re che gli affari sono dimi­nuiti. Un esempio tipico è dato dai servizi turistici: i gestori dicono che la stagio­ne è andata un po’ meno be­ne, data la crisi, e che loro sono riusciti a contenere la perdita di clientela riducen­do i prezzi. Ciò in parte è ve­ro, ma ci può stare dentro anche una maggior evasio­ne di Iva, che comporta una sottovalutazione dei reddi­ti del settore. Tenuto conto di ciò è probabile che l’au­mento del Pil dell’Italia nel 2010 sia fra lo 1,5 e il 2%. È probabile, però, che anche nel resto di Europa ci sia sta­to un aumento di evasione analogo. L’evasione sottrae al fisco anche redditi che non fan parte dell’economia som­mersa. Così, il ministero dell’Economia ha rilevato, tramite il satellite, due mi­lioni di unità immobiliari fantasma. Con una stima di 200mila euro per unità im­mobiliare, si tratta di 400 mi­liardi. Con un reddito del 3,5%, si tratta di circa 16 mi­liardi, un punto di Pil. Oltre a questi immobili fantasma, ci sono vani che non si pos­sono osservare col satellite come i piani aggiuntivi e i re­stauri di edifici. Poi c’è la sot­tovalutazione dell’export, che consente di lasciare par­te dei proventi, all’estero, per investimenti o per il rien­tro in Italia come prestiti esteri. Un sintomo di ciò, è dato dal fatto che una parte rilevante del nostro export è fatturato nel Lussemburgo, che ha 250mila abitanti, ma molte banche. Insomma, non abbiamo il Pil per abitante della Ger­mania, né la sua crescita del 2010, fra il 2,5 e il 3%. Ma non ne siamo così distanti come dicono i dati ufficiali. E da ciò si possono trarre sia conclusioni positive (le co­se non vanno tanto male), sia negative: con meno som­merso e meno evasione sta­remmo meglio, ma essi di­pendono anche da regola­mentazioni esasperanti, da pesi fiscali eccessivi, dalla sensazione che una parte dei denari dati al fisco sia spesa molto male.