Giancarlo Riccio, il Fatto Quotidiano 15/9//2010, 15 settembre 2010
GRA, IMMOBILI COME NEGLI INGORGHI CINESI - “E
allora vieni con me, amore, sur grande raccordo anulare, che circonda la capitale, e nelle soste faremo l’amore, e se nasce una bambina poi la chiameremo: Rrrrrrrrooooomaa…”. L’invito di Corrado Guzzanti, che parafrasava in modo corrosivo, qualche anno fa, una canzone di Antonello Venditti, anche ieri mattina è stato evidentemente ascoltato da migliaia e migliaia di romani. Tanto che lungo i 68,2 chilometri dell’autostrada urbana che circonda Roma, è stata registrata una fila di oltre 30 chilometri. La metà dell’intero anello. Anche se Anas parla “di una decina di chilometri” di traffico bloccato.
CIFRE DA INGORGO stradale cinese, cifre da globalizzazione forzata. E poco importa che lo scorso 24 agosto, sul blog Raccordo Anulare di Roma, qualcuno avesse proprio scritto così: “In Cina (come dubitarne) stanno messi molto peggio di noi: sulla superstrada 110, unica arteria che congiunge Beijing a Zhangjiakou, sono 9 giorni che le auto sono in fila indiana a passo d’uomo”.
E INVECE NO: passati pochi giorni, ecco la periferia romana come una landa cinese. Tanto più che un secondo Gra, un secondo Grande Raccordo Anulare attorno a Roma, esterno a quello attuale, lunghezza 120 chilometri, proposto da Anas tra il 2004 e il 2006, è ben lontano dal vedere la luce. Nel 2006, la spesa prevista era di 5.710 milioni di euro. Gli ambientalisti avevano comunque dichiarato un forte “no”. Rimane – e non è un caso isolato – il Grande Ingorgo di ieri mattina. Che Anas ripercorre così: “Un incidente avvenuto alle 07.05 del mattino al km 24,3 ha comportato la chiusura della corsia di sorpasso in carreggiata esterna causando rallentamenti per alcuni km che si sono allungati sino alle ore 10.30. Alle ore 08.40 è stata liberata la carreggiata di sorpasso”. La fila, ovviamente, è stata smaltita solo dopo ore.
Che cosa non ha funzionato? Anzi: che cosa non funziona ogni giorno sul Gra, inaugurato con il primo tronco nel 1951 (via Appia-via Aurelia), attrezzato con i primi 50 chilometri a tre corsie già dopo i lavori straordinari del Giubileo del 2000, e che a Roma ormai serve soprattutto per spostarsi da un punto all’altro della città (e non tanto per entrarvi, provenendo dalle autostrade)? Non i cantieri, ormai tutti chiusi. Certo, ogni giorno, in media, percorrono il raccordo dai 130 ai 140 mila veicoli. Il dato annuo? Basta moltiplicare per 365. E allora rimane il rifiuto collettivo di pagare un pedaggio per spostarsi, di fatto, all’interno della città. Percorrendo un raccordo che ormai a Roma sta proprio stretto. Già, il pedaggio. Ci avevano già provato, nel 2005, l’allora presidente Anas Vincenzo Pozzi (30 o 50 centesimi per ogni auto che entrava a Roma dalle autostrade) e tre anni dopo il ministero delle Infrastrutture (provvedimento solo per i mezzi pesanti). Nel maggio di quest’anno, l’apocalisse. Nella Finanziaria si parla esplicitamente di un pedaggio sul Gra. Apriti (appunto) cielo. Il sindaco di Roma minaccia di sfondare con la propria auto gli eventuali macchinari del video-pedaggio. E anche altri amministratori locali gridano il proprio disappunto. Poi, il Tar, il tribunale amministrativo regionale, sospende il provvedimento. Ma proprio tra ieri e il giorno prima, si viene a sapere che Anas – che gestisce il Gra – sta per avviare una gara per i macchinari dei video-controlli a pagamento.
SI DIFENDE Pietro Ciucci, presidente Anas: “Stiamo solo attuando una norma di legge che prevede che i 1300 km di autostrade gestite direttamente da Anas vengano assoggettate a pedaggio. Poi c’è una seconda norma che prevedeva che nel tempo necessario per attivare il pedaggiamento [sic!] sulle autostrade venisse introdotto un onere forfettario di un euro”. Secondo il sindaco di Roma Gianni Alemanno “questi macchinari costano 150 milioni di euro e non c’è bisogno di spenderli perché si deve e si può rinegoziare il contratto con la società Autostrade perché è da lì che devono venire tutte le risorse”. Il presidente della Provincia Nicola Zingaretti scrive a Berlusconi: “Mi auguro che lei possa scongiurare questa nuova tassa occulta, che in aggiunta non sarebbe neanche reinvestita nella mobilità del territorio romano”. La presidente della Regione Lazio Renata Polverini taglia corto, ribadendo che “la Regione è pronta a battersi insieme alle altre istituzioni: non si possono chiedere ulteriori sacrifici ai pendolari”. Tira le fila Michele Meta (Pd): "È un passo falso che non tiene minimamente in considerazione le sentenze della giustizia amministrativa. Chiediamo al governo di ritirare il decreto che ha consentito all’Anas di aumentare i pedaggi, poi frettolosamente rimangiati, e di introdurne di nuovi, accontentando gli istinti leghisti". Dice proprio così: istinti leghisti. E questo è un grido d’allarme (e di dolore) del partito di Bersani che varrà la pena di considerare davvero.