Umberto Veronesi, Tuttoscienza - La Stampa 15/9/2010, pagina I, 15 settembre 2010
Virus: viaggio al centro di tutti i misteri - Nel 1969 il «Surgeon General» degli Stati Uniti annunciò che l’epoca delle malattie infettive era finita: i vaccini avevano risolto epidemie come il vaiolo (che aveva causato 120 milioni di morti nel secolo precedente) e la poliomielite, gli antibiotici avevano eliminato le malattie batteriche
Virus: viaggio al centro di tutti i misteri - Nel 1969 il «Surgeon General» degli Stati Uniti annunciò che l’epoca delle malattie infettive era finita: i vaccini avevano risolto epidemie come il vaiolo (che aveva causato 120 milioni di morti nel secolo precedente) e la poliomielite, gli antibiotici avevano eliminato le malattie batteriche. Fu un sogno da cui ci risvegliammo bruscamente quando, 15 anni dopo, si scoprì l’esistenza di nuovo virus mortale, l’HIV. La sfida all’AIDS e il susseguirsi di allarmi-pandemie ha riportato i virus sulla scena scientifica e sociale e la Conferenza di Venezia, che si aprirà domenica prossima, mette in evidenza quanto il risveglio è stato potente. Abbiamo indagato sull’origine di queste entità biologiche, sfuggenti ed indefinite, presenti a miliardi nel Pianeta; abbiamo imparato a difenderci dalla loro rinnovata minaccia con vaccini biotech, sicuri al 100%; addirittura abbiamo iniziato a sfruttare le loro caratteristiche straordinarie per curare alcune delle malattie più gravi. Ma il fermento non basta e, se vogliamo in futuro scacciare per sempre l’incombente paura dei virus, l’interesse scientifico e popolare deve essere rifocalizzato e sviluppato nelle nuove direzioni che la scienza stessa ha dischiuso con le conoscenze sul DNA. Abbiamo scoperto, per esempio, che anche se l’origine dei virus rimane misteriosa, sono i grandi motori dell’evoluzione. Passando da un organismo vivente all’altro, sono uno stimolo continuo al cambiamento e i frammenti di materiale genetico che trasportano nel loro passaggio dentro e fuori le cellule possono lasciare tracce perenni. In particolare una famiglia di virus (i retrovirus) ha la capacità di integrare le sue informazioni genetiche con quelle dell’organismo «ospitante», creando un copia di DNA (chiamata provirus) che viene ereditata come parte del patrimonio genetico di tutti i discendenti dell’organismo in cui è avvenuta l’integrazione. Nel genoma umano ci sono circa 80 mila provirus (nessuno attivo, come avviene in altre specie animali), che ci possono dare informazioni preziose sulla nostra storia. Sono stati trovati provirus nella stessa posizione che hanno nel DNA dello scimpazè. Il che conferma non solo la nostra indubbia discendenza dalla scimmia, ma anche che quel provirus ha almeno 5 milioni di anni. E’ affascinate pensare che cosa ancora potremmo scoprire sull’uomo, studiando le impronte genetiche «virali» nel suo DNA. Nel presente, la conoscenza dei geni e la possibilità di spostarli da un organismo all’altro ci ha dato nuove armi per difenderci dai virus: i vaccini moderni, ottenuti con il DNA ricombinante, utilizzano solo la proteina con potere immunizzante invece che tutta la molecola virale, con il suo potere infettivo. Viene così azzerato il rischio di sviluppare la malattia contro cui ci si vaccina. Anzi, oggi stiamo studiando forme di vaccinazione ancora più innovative: inserendo in piante o in frutti alcune molecole i cui geni sono stati modificati, sono stati creati cibi-vaccino che costano 50 volte di meno rispetto al farmaco e sono facili da somministrare. Se poi il cibo è trasformato in omogeneizzato, si risolvono molti problemi di conservazione, perché non è necessaria la catena del freddo. Per ora la banana-vaccino è stata sperimentata per proteggere da un batterio, l’enterocolite, ma il principio è lo stesso per un virus. Negli Stati Uniti, quando nel 2001 ci fu il panico per l’attacco bioterroristico per posta, si è studiata invece l’insalata-antiantrace. Creata l’insalata-vaccino, si conservano i semi e in caso di epidemia si piantano e, invece che con farmaci, si protegge la popolazione con la lattuga. Dopo aver imparato ad usare i virus contro loro stessi, stiamo imparando ad usarli contro altre malattie: sono allo studio forme di terapia genica contro l’emofilia, la fibrosi cistica, il diabete, il cancro, il Parkinson’s, l’Alzheimer che utilizzano come vettori dei virus «disattivati» che sono molecole ideali, perché nessuna come loro si riproduce velocemente e si integra nelle cellule. L’ultima frontiera sono vettori virali di terza generazione, che possono introdurre geni direttamente nel cervello, il fegato, i muscoli, le staminali emopoietiche e - scoperta recente - nella retina e in alcune cellule tumorali. Non ho citato - è non è un caso - il bioterrorismo. E’ innegabile che i progressi della scienza, in questo campo in particolare, possono essere utilizzati a beneficio dell’umanità, ma anche per la sua distruzione. E’ dimostrato che Al Qaeda in Afghanistan studia armi batteriologiche. Questa consapevolezza non può fermare la scienza, ma rende indispensabile la diffusione e il radicamento del suo pensiero. Contro l’uso violento delle applicazioni scientifiche, quale è il bioterrorismo, l’unica arma è il radicamento e la diffusione della cultura scientifica. Occorre promuovere la scienza a tutti i livelli, renderla accessibile a tutti i Paesi e al maggior numero di persone, perché non diventi un privilegio e uno strumento di ricatto, sfruttando il suo potenziale civilizzatore e pacificatore. La Conferenza «The Future of Science» vuole essere un passo in questa direzione.