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 2010  settembre 15 Mercoledì calendario

E L’ITALIA INVENTO’ IL VOCABOLARIO


«Leggete un paio di pagine del vocabolario al gior­no! ». Il monito del vecchio (e antipatico) professore del liceo non era poi così astruso: il dizionario – an­corché alfabetico – non è infatti come un elenco del telefono, e tra i suoi lem­mi si nascondono preziose lezioni di cultura, di storia, di geografia e di scienza, oltreché – naturalmente – di lingua.
Ne ha fatto sicuramente tesoro (anzi, thesaurus...) Claudio Marazzini, che insegna Storia della lingua italiana al­l’università del Piemonte orientale e ha di recente messo in fila L’ordine del­le parole (Il Mulino, pp. 480, euro 35): una «storia di vocabolari italiani» che, nata dal fortuito acquisto di un lotto di antichi e rari dizionari dismessi da una biblioteca, raduna una quantità di notizie e curiosità che fanno persino dimenticare al lettore di trovarsi di fronte a un documentato e persino e­rudito saggio che vale almeno un cor­so universitario. Anche per questo è meglio rinunciare qui a una comp iuta recensione, optando piuttosto per la segnalazione di singoli interessan­ti aspetti.

Il primato italiano
Il vocabolario è una delle tante in­venzioni italiane. Infatti, pur se non mancano alcuni esempi precedenti (nella letteratura latina: il De verbo­rum significatu di Verrio Flacco era piuttosto un’enciclopedia; nella let­teratura medievale: le Etimologie di Isidoro di Siviglia non hanno vero interesse lessicale e il Vocabulista ec­clesiastico era un glossario bilingue solo per chierici), il vocabolario è per essenza uno strumento «moder­no », legato all’invenzione della stampa. Dunque il primo vero dizio­nario è proprio quello della Crusca; l’accademia fiorentina che, nata nel 1582 con intenti più o meno goliar­dici, nel 1612 pubblicò il vocabolario che – anche nelle edizioni successive – dettò legge al nostro idioma per ol­tre due secoli, ovvero fino al Tom­maseo. Ulteriori meriti al «record» sono aggiunti dal fatto che la Crusca era un ente assolutamente privato (non come, per esempio, la fascista Accademia d’Italia, il cui dizionario però si fermò appena alla lettera C...) e che il lavoro fu svolto da un’équipe di – tutto sommato – filologi «dilet­tanti ».

La rivincita francese
Però l’Italia perse subito il suo pri­mato nel settore dei dizionari. Infatti il primo dizionario etimologico della nostra lingua uscì in Francia tra 1666 e 1669 col titolo Origini della lingua italiana, compilate da Gilles Ménage che aveva già fatto analogo lavoro per il suo idioma natale. I linguisti nostrani, in particolare Carlo Dati, cercarono in vari modi di ostacolare il collega d’Oltralpe (che invece ave­va chiesto collaborazione) per bat­terlo sul tempo, ma inutilmente; una sconfitta che ai Cruscanti brucerà per secoli, sebbene il Ménage sia stato molto attento a non urtarne la suscettibilità. Per la verità un italiano, il mode­nese Lodovico Castelvetro, aveva già compiuto un’im­presa simile, ancorché limi­tata (si trattava del vocabo­lario etimologico della paro­le contenute nel Novellino), ma il lavoro manoscritto era andato perduto nel 1567 durante l’assedio di Lione: e sempre di Fran­cia si tratta...

Un vocabolario al rogo
Assai curiosa la vicenda di un dizio­nario bruciato sulla pubblica piazza. Capitò al Vocabolario cateriniano compilato da Girolamo Gigli nel 1717. Che cosa poteva avere di sba­gliato un repertorio lessicale per me­ritare una fine riservata di solito ai li­bri degli eretici? Gigli era senese e voleva rivalutare l’idioma della sua città rispetto al dilagante fiorentino; per far questo, da buon toscano e per di più autore di commedie, oltre a basarsi sugli autori di Siena (anzi­tutto santa Caterina), usò uno stile piuttosto sarcastico, prendendo in giro la pretesa del capoluogo di det­tar legge sulla lingua. Morale: non solo Gigli fu espulso dalla Crusca e alcuni esemplari del suo libro ven­nero bruciati sotto il Bargello a Fi­renze, ma l’autore venne anche ban­dito da Roma e si ridusse così in mi­seria da dover compiere pubblica ri­trattazione. Marazzini trae esempio dal caso per narrare altri episodi, più moderni, di censura dei vocabolari: dalla condanna ecclesiastica del to­mo milanese-italiano del Cherubini del 1819, che registrava un’accezio­ne offensiva del lemma «Gesuitta» , alle accuse di razzismo lanciate nel 1993 per la voce «ebreo» al De Feli­ce- Duro edito dalla Sei. E conclude: perfino la compilazione di opere ap­parentemente «imparziali» e «ogget­tive » come i dizionari, in realtà, po­trebbe non essere «operazione paci­fica o neutrale»; essa infatti «non è mai esente da rischi legati al politi­camente corretto e alla ipersensibi­lità dei lettori».

Il secolo «lessicomane»
«L’Ottocento fu il secolo d’oro dei di­zionari: una stagione quale non si e­ra mai vista prima, vivacissima per ricchezza di produzione, per qualità, per varietà di realizzazioni». E l’inte­resse per la lingua nazionale prece­dette addirittura l’unificazione poli­tica, soprattutto nei ceti sociali della nuova borghesia non solo umanisti­ca; infatti proliferano i dizionari del­le arti e dei mestieri, scientifici, mili­tari, dell’economia, di vari dialetti, dei sinonimi, eccetera. Ma l’impresa capitale del secolo è il Tommaseo, la cui prima edizione è datata 1861 e non a caso per opera di uno stampa­tore piemontese; come Cavour e i Savoia... «L’opera nasceva dunque all’insegna dei tempi nuovi, sotto l’auspicio dell’unità politica appena raggiunta. La conquista dell’italiano compiuta dal ceto intellettuale del Piemonte era programmaticamente indicata come una necessità e un dovere per il pubblico di tutt’Italia».
Una curiosità: la parola «comuni­smo » vi appare per la prima volta in un lessico italiano, ma bollata dalla doppia croce che indica i vocaboli «da evitare»...

Il buco dell’ozono
«Ozono»: la quinta edizione della Crusca, iniziata nel 1863, si trascinò stancamente per una sessantina d’anni e venne interrotta d’imperio da Giovanni Gentile nel 1923, quand’era arrivata appunto alla let­tera O. Così la palma del «più ampio vocabolario della lingua italiana» è detenuta oggi dal Grande Dizionario della Lingua Italiana, detto più fami­liarmente Gdli o meglio ancora «il Battaglia»: dal nome del linguista napoletano che ne fu il primo diret­tore. La stampa dei suoi 21 volumi – dai tre previsti all’inizio – prese tem­po dal 1961 (centenario dell’unità) al 2002 (bicentenario della nascita di Tommaseo). Secondo Marazzini, es­so costituisce «un estremo atto di o­maggio verso una tradizione straor­dinariamente ricca», dato che «è probabile che sia l’ultimo dizionario della storia della lessicografia italia­na in cui alla lingua letteraria è attri­buito un peso» prevalente. Il voca­bolario è dunque in via d’estinzione? Almeno in volume, parrebbe di sì.
Difatti la Crusca ha ancora in pro­getto un enorme Vocabolario storico della lingua italiana ( Vsli), di cui però finora lo spoglio computerizza­to degli autori è arrivato solo fino al 1375, anno della morte di Boccaccio. Beh, almeno è consultabile on line...