Lucia Annunziata, La Stampa 15/9/2010, pagina 1, 15 settembre 2010
Il fotografo di Luther King era una spia - La doppiezza privata di un uomo svuota anche le sue opere? Le immagini, le emozioni, le idee che costruisce intorno a una passione, a una causa, e che ispirano milioni di altri uomini, si svuotano se questo uomo poi vende, tradisce, in privato, quella stessa causa? Oppure c’è una netta distanza tra il prodotto e il suo stesso creatore, una sorta di filo del rasoio della coerenza, un varco che è meglio non attraversare? Insomma può un debole uomo essere anche un grande uomo, un eroe, un artista – e se sì, come lo si giudica? Con quale lato della sua vita? La storia è piena di queste domande
Il fotografo di Luther King era una spia - La doppiezza privata di un uomo svuota anche le sue opere? Le immagini, le emozioni, le idee che costruisce intorno a una passione, a una causa, e che ispirano milioni di altri uomini, si svuotano se questo uomo poi vende, tradisce, in privato, quella stessa causa? Oppure c’è una netta distanza tra il prodotto e il suo stesso creatore, una sorta di filo del rasoio della coerenza, un varco che è meglio non attraversare? Insomma può un debole uomo essere anche un grande uomo, un eroe, un artista – e se sì, come lo si giudica? Con quale lato della sua vita? La storia è piena di queste domande. La storia del secolo alle nostre spalle, in particolare, con le sue forti ideologie e i suoi milioni di morti. Secolo di ambiguità da cui davvero pochi sono emersi puri. Il premio Nobel Günter Grass, con la sua gloriosa scrittura e la sua tardiva ammissione di aver militato nelle Waffen-SS, è ancora lì nell’anticamera del nostro scontento, nell’incertezza di un giudizio che lacera il nostro bisogno di sicurezza. Ed ecco che gli archivi, questi cerberi della verità fattuale, vomitano una nuova sconcertante versione. Intaccando una storia finora considerata tra le più perfette, le più sante, del nostro passato recente: il movimento per i diritti civili in America. Il quotidiano The Commercial Appeal, autorevole giornale di Memphis, Tennessee, ha trovato le prove che Ernest C. Withers, fotografo e amico di Martin Luther King, celebre e celebrato biografo della lotta dei neri americani, era in realtà una spia dell’Fbi, identificato dal Bureau come «confidential informant number ME 338-R». Per ora ci sono 360 pagine che raccontano la doppia storia di quest’uomo. Ma molte altre - secondo il giornale, che ha ottenuto gli atti attraverso il Freedom of Information Act con una richiesta del 2007, dopo la morte del celebre fotografo - sono ancora coperte da segreto. A leggere cinicamente il racconto del quotidiano, non si può che elogiare l’abilità dell’Fbi: se c’era un uomo che aveva accesso a tutto e a tutti, dentro la comunità nera di quegli anni, questo era proprio lui, Ernest Withers. Era lì, con il reverendo King, nelle ultime ore della sua vita, e arrivò per primo a fotografarlo, unico giornalista che ebbe accesso alla stanza dove il leader dei diritti civili giaceva riverso nel sangue. Lo stesso Withers avrebbe raccontato come, dopo lo sparo, arrivò nella stanza 306 del motel Lorraine e cominciò scattare, mentre la polizia teneva lontani tutti gli altri. Intorno a King morto ci sono Bernard Lee, con la cravatta allentata, il giovanissimo Andrew Young che segnala con la mano di stare tutti calmi, e Ben Hooks e Harold Middlebrook che guardano nel vuoto. A terra c’è la borsa con i documenti di Luther King. È il 4 aprile 1968. Il rapporto dell’Fbi letto dal quotidiano porta la data di pochi giorni dopo quello stesso mese, quello stesso anno, il 10 aprile 1968. Nelle pagine c’è la prova del peggiore dei tradimenti: il fotografo che seguiva passo per passo il reverendo aveva riportato al Bureau ogni minuto delle attività del leader fino al suo assassinio, e anche dopo. Withers racconta agli agenti del governo americano dell’incontro che King aveva avuto con militanti neri sulla lista dei sospetti dell’Fbi, e dopo l’uccisione racconterà a quegli stessi agenti tutti i dettagli del funerale. Il suo lavoro continuerà fino almeno al 1970, e sarà accreditato dal Bureau come rilevante nell’identificare e smantellare il lavoro dei gruppi di neri più radicali che alla fine degli anni Sessanta cominciarono a sfidare le tattiche sociali e pacifiste del movimento dei diritti civili. I dettagli del tradimento sono tanti. Ma molte di più sono ora le domande che questo tradimento ha suscitato. Perché lo fece? Per soldi, dicono alcuni – l’uomo aveva molti figli e pochi mezzi. C’è chi dice che forse il suo fu il cedimento a un ricatto: da giovane pare fosse stato coinvolto in una vicenda di illegalità che gli venne poi perdonata. Ma nessuna di queste ragioni davvero spiega nulla. Forse la radice di questa ambiguità va ricercata nel clima di quegli anni, che certo non furono né semplici né lineari come oggi li preferisce ricordare la versione ufficiale. La comunità nera era profondamente divisa - negli obiettivi, nei metodi e, anche, nelle ambizioni. Martin Luther King fece un miracolo nell’unificare un movimento, e il destino successivo del gruppo che per un breve periodo si formò intorno a lui è la dimostrazione a posteriori delle diversità di visioni che sotto la guida di King continuavano a scontrarsi. In questo senso, Withers è forse oggi il caso più clamoroso. Ma certo non è stato l’unico. La storia del movimento per i diritti civili ha un lato oscuro, come oscuro è il lato di molti episodi non del tutto spiegati della storia degli Usa. La scoperta dell’attività del fotografo rilancia molte domande che forse sono state troppo spesso lasciate senza risposte. Non è un caso che il giornalista del quotidiano The Commercial Appeal abbia cominciato la sua ricerca sulla base delle teorie del complotto che da sempre circondano la morte di King. Una di queste teorie fu proposta proprio dall’uomo che lo uccise, James Earl Ray, che continuò a chiedere all’opinione pubblica Americana perché la famosa sorveglianza con cui l’Fbi seguiva King fu improvvisamente sospesa proprio in quell’aprile del 1968. La comunità nera si domanda cosa fare ora di questo eroe. Andrew Young ieri si è espresso con pena e moderazione su di lui, dicendo che i suoi errori non cambieranno il valore di quello che ha fatto. Ma l’assoluzione non basta, e non consola. Soprattutto se si guarda oltre la vicenda e si pensa all’oggi. Quanti Ernest Withers ci sono, in questo momento, in questa epoca di terrorismo, in circolazione negli Stati Uniti e nel mondo?