ADRIANO SOFRI, la Repubblica 15/9/2010, 15 settembre 2010
L´ANNIVERSARIO DELLA DISUNITÀ - T
utto alla rovescia. L´Italia è sfatta, basta finir di disfare gli italiani. Si intitolarono piazze, anche la più bella, a Trieste, all´Unità d´Italia. Sembrerà almeno un po´ buffo correggere in "Piazza Divisione d´Italia". Ma qualcosa bisognerà inventare, perché nel riavvolgere il Risorgimento all´indietro siamo andati lontano.
E la celebrazione del prossimo anno sarà una commemorazione. Dice Bossi che il federalismo è cosa fatta. Il federalismo no, e Cattaneo è solo usurpato: ma uno sgretolamento avaro e rancoroso sì, e abbastanza irreversibile. In certe reazioni il sindaco Vassallo ammazzato ad Acciaroli è sembrato affare riservato al già Principato inferiore del Cilento. Perfino l´antica guerra fra cultori del Risorgimento e suoi detrattori in nome delle insorgenze e della conquista coloniale del Sud, benché riesacerbata, va ormai fuori bersaglio. Quella era una storia fratricida dunque anche fraterna. Fratelli d´Italia, anche l´un contro l´altro armati. Carlo Pisacane, biondo e socialista e martire (a Sanza, il lato del Cilento dirimpetto a Pollica) aveva un fratello, Filippo, rimasto, lui, ufficiale borbonico, e fra i due non venne mai meno mai l´affetto reciproco. Si disse che il fratello legittimista fosse designato al comando contro la spedizione di Sapri, e sostituito all´ultimo momento dal re Ferdinando.
Mario Martone ha fatto un film ambizioso, bello ed emozionante, che si lascia alle spalle i partiti presi e mostra come le vicissitudini italiane passino avanti e indietro attraverso le stesse persone, le stesse comunità, gli stessi luoghi. I suoi protagonisti sono tre amici, nati in quel Cilento, e da lì mossi alla volta della Parigi e della Londra dell´esilio e della cospirazione, della Ginevra di Mazzini, della Torino sabauda, fino al ritorno al Sud dell´Aspromonte. Sono divisi dall´origine, figli di signori e di contadino, e poi dall´indole e dalle circostanze. Uno ucciderà l´amico popolano prendendo a pretesto il sospetto del tradimento, e andrà incontro al patibolo partecipando all´attentato di Felice Orsini a Napoleone III. L´altro terrà intatto l´ideale unitario e repubblicano nelle carceri borboniche. I grandi delle figurine risorgimentali compaiono appena o vengono mostrati, come Mazzini nella dedizione solenne e fanatica alla causa che li brucia dentro. Le vicende si svolgono nell´arco di un trentennio attorno alla figura finalmente illuminata di Cristina di Belgioioso. Il racconto ha un doppio registro: come si è fatta l´Italia, e come si è fatta male. Senza che una pagina prevalga sull´altra, soffocandola o riscattandola. In una scena, girata su un´altura nel territorio di Pollica, Martone mette due personaggi del 1862 su un´anacronistica gettata di cemento, che si guarda ora come un amarissimo presagio. Il nodo dell´Italia fatta e dell´Italia fatta male lo si vuole sciogliere oggi da più parti disfacendo l´Italia. È un segno dei tempi, direte, della mezza riuscita, dunque del fallimento intero, dell´unità europea. Si sono separate Cechia e Slovacchia, si sono sterminati i concittadini della Jugoslavia, il Belgio non riesce a incollare i cocci e fare un governo...
Noi facciamo finta di niente. Davanti al paesaggio politico, viene in mente il favoloso ingorgo stradale dei giorni scorsi tra Pechino e la Mongolia, 120 km e 10 mila camion e giorni e notti di coda - chissà, un banale incidente. L´incidente è avvenuto da tanto tempo, tutto è fermo, il carro attrezzi non riesce a passare, Berlusconi è lì, e fino alla sua rimozione politica (quanto al fisico, centoventi di questi anni) niente succede, salvo un triviale baccano di clacson. La politica tutta non può fare a meno di misurarsi con questo affare primario: sgomberare la strada. Ma il traffico riprenderà lungo percorsi già largamente segnati. Nell´attuale non-governo sono due i ministri alla ribalta: Maroni e Tremonti. Uno è della Lega, l´altro pure. All´indomani delle elezioni, sgomberato Berlusconi (o per sgomberarlo), Tremonti sarebbe il candidato più plausibile al governo: uomo forte, ma privo di un partito e un elettorato suo, dunque servo-padrone fino a quando la Lega - la cui voracità vien divorando - non vedesse l´occasione di intestarsi direttamente il governo nazionale.
Alla Lega si offre oggi l´opportunità di combinare il secessionismo, il visionario estremismo senile del professor Miglio, con lo strappo di enclave via via più larghe nel resto del paese - un processo di lampedusizzazione - e il controllo via via più diretto sul governo centrale, contrappuntato da qualche trasferimento napoleonico di ministeri e canali televisivi da Roma al Nord. Simmetricamente, il restante sistema dei partiti si distribuisce fra una resistenza Democratica (presto logorata, salvo un risorgimento) al Centro, e una eventuale aggregazione controleghista di ex An e Lombardo e altri spezzoni in un meridione infeudato alle famiglie di malavita. Le quali si intendono di decentramento e di radicamento nel territorio, e sono più unitarie di Mazzini quanto agli affari. Arriveremo ai 150 anni dell´Unità così o no? Se è così, diamo una mano a far muovere l´ingorgo - senza bussare al clacson, come si dice a Napoli e si fa dappertutto - ma guardiamo anche un po´ più in là. Dal sud al nord d´Italia, ne mandiamo Mille al giorno di ragazzi che "giù" hanno studiato per niente. Per intravvedere una tendenza contraria alla frantumazione egoistica dell´Italia e del sentimento che se ne fanno i suoi cittadini non si può che guardare ai giovani, e all´eventualità che una solidarietà e una confidenza fra loro promuova un giorno in Erasmus, una spedizione comune, diventi più forte del vincolo al proprio territorio e ai propri vecchi capitribù. Il trapasso invalso da parole come terra a una come territorio è del resto illuminante: si può voler bene a una terra, per un territorio si fa la guerra di confine, o una causa di sfratto.
Noi credevamo, ha intitolato Martone. "Noi": Bellini e Verdi e Rossini, Mazzini che muore sotto falso nome nell´Italia che l´ha chiuso in fortezza, Francesco Hayez e la nazione dipinta, il western italiano dei valloni del Cilento e i suoi briganti ribelli e il sindaco Vassallo ammazzato vilmente ad Acciaroli. Qualcosa da dire, da far vedere, c´è ancora. Qualcosa da credere.
Nella biografia di Carlo Pisacane, pubblicata nel 1932, Nello Rosselli scriveva: «Pare a me che si possa e si debba ormai (son passati ottant´anni) guardare con uguale rispetto al Pisacane "italiano" e a quello accanitamente borbonico; e infatti se l´uno contribuì direttamente alla formazione unitaria del nostro paese, l´altro - e con lui gli innumerevoli dimenticati e vilipesi che fino all´ultimo e con personale sacrificio sostennero i regimi ritenuti legittimi - lasciò un esempio di coerenza ideale, di dirittura». Nello Rosselli, fratello a sua volta di Carlo, socialisti liberali, assassinati assieme da miliziani fascisti nell´esilio francese, nel 1937. Pare anche a me, adesso che sono passati centocinquant´anni, e che si vogliono alzare altri muri e frontiere.