Masolino D’Amico, La Stampa 14/9/2010, pagina 36, 14 settembre 2010
Doris Day, la superstar che diventò vergine - Doris Day, che è nata nel 1922, non lavora da circa 45 anni, ossia da quando terminarono gli impegni presi per lei dal marito-manager-mentore-protettore, prima di morire improvvisamente
Doris Day, la superstar che diventò vergine - Doris Day, che è nata nel 1922, non lavora da circa 45 anni, ossia da quando terminarono gli impegni presi per lei dal marito-manager-mentore-protettore, prima di morire improvvisamente. Marty Melcher era stato il suo terzo coniuge. Dal primo, sposato a 18 anni, era scappata presto, portandosi dietro il figlioletto: lui era furiosamente geloso e la picchiava. Il secondo, che sposò a 22 anni, l’abbandonò quasi subito, non senza averla fatta convertire alla Christian Science. Il terzo era un ebreo di origine russa, alto quasi due metri. Coniugato con un’altra cantante affermata ma con prospettive meno brillanti, ne divorziò in un batter d’occhio per dedicarsi tutto alla gestione dell’ancor più promettente Doris. Prontamente convertitosi anche lui alla Christian Science, affiliatosi il bambino di Doris, Melcher gestì capillarmente la carriera della moglie dandosi arie di proprietario che lo resero universalmente inviso. Quando morì, peraltro, venne fuori che a sua volta era stato sistematicamente derubato dal suo avvocato. Dopo un lunghissimo processo la vedova ebbe soddisfazioni morali, ma scarso risarcimento. Tutto ciò e molto altro è minuziosamente elencato nell’ultima biografia della diva a opera di David Kaufman (626 pagine molto fitte nei Virgin Books), un dossier quasi soffocante ma buono per le giornate di pioggia. Dunque, Melcher. Prepotente quanto si vuole - la stessa Doris avrebbe detto in seguito di non sapere se lo aveva mai amato davvero, ma che aveva avuto bisogno di un padre -, sapeva come conservarsi la gallina dalle uova d’oro. Doris si era imposta come la quintessenza della ragazza americana acqua e sapone, bastava mantenere quella maschera il più a lungo possibile. Nata a Cincinnati come Doris Kappelhoff da americani di origine tedesca, con un genitore insegnante di musica (solo classica, però) che, quando lei era bambina, scappò con la migliore amica della moglie, e una madre che da quel momento le si dedicò totalmente, l’adolescente Doris si esercitava come ballerina quando la frattura di una gamba la indirizzò invece al canto (molto tempo dopo, il fatto che sapesse anche ballare fu una lieta scoperta). Si distinse subito alla radio, anche a fianco di un quasi adolescente Frank Sinatra, al pari del quale non sapeva la musica ma aveva una straordinaria capacità di interpretarla facendo sentire bene anche le parole delle canzoni. Notata nei night, per quanto esecrasse esibirsi dal vivo (una volta famosa, non lo avrebbe fatto mai più), la «biondina con la mascella da bulldog» approdò presto nella Mecca del cinema e fu infilata in qualche pellicola canora; reduce da una di queste, il pianista Oscar Levant avrebbe detto poi: «Io l’ho conosciuta quando non era ancora vergine». Il successo venne infatti quando Doris si specializzò nel personaggio di cui sopra, e raggiunse l’apice con le commedie relativamente tarde (1959-‘64) in cui le fu affiancato Rock Hudson, finto seduttore come lei era una finta ingenua; non a caso l’anno del primo di questi trionfi, Il letto racconta, fu anche quello del lancio della coppia di giocattoli Barbie-Ken. A tutt’oggi Doris Day resta la star femminile di maggior successo commerciale di ogni tempo. Dalla formula si era presa qualche vacanza, specie con il torbido Amami o lasciami accanto a James Cagney, nel ‘55; e dopo essere stata memorabilmente adoperata da Hitchcock nell’Uomo che sapeva troppo («Que sera, sera»), aveva recitato la parte della vittima in un paio di thriller di buon livello. Era però come ingenua che il pubblico la voleva, e finché i gusti non cambiarono - suo marito le fece rifiutare con sdegno la parte di seduttrice di uno studentello che andò poi a Anne Bancroft nel Laureato - ingenua restò, accanto a partner talvolta incongruamente più anziani (Clark Gable, Cary Grant) o più giovani (Rod Taylor, James Gardner). Come però avrebbe dimostrato non appena si emancipò dal cinema, detestava essere Doris Day. Anche ai bei tempi, gli amici l’avevano sempre chiamata con dei nomignoli; dopo, allontanò anche il cognome-pseudonimo e non volle più sentir parlare dei suoi vecchi successi. Si fece tirare su la faccia e ingrossare il seno, non per il pubblico ma per sé, per sentirsi sexy. Indossò vestiti scollati, fece vita mondana, si mise anche a bere, moderatamente si capisce. Ebbe dei flirt non troppo segreti. Trovò un quarto marito, un bellone proprietario di un ristorante, ma lo accantonò quando costui entrò in conflitto con la sua vera passione, ossia (si pensa a un’altra leggendaria ex adolescente, Brigitte Bardot) gli animali. Tenne infatti fino a dodici cani, e si adoperò indefessamente per salvarne altri fondando movimenti, associazioni, istituti. Il quarto compagno la convinse a metter su una linea di cibi per animali, subito entrata in crisi per l’incontentabilità della non più diva quanto alla qualità dei prodotti. Liquidati impresa e ultimo marito, la bambolina cresciuta fu infine padrona di se stessa e di un mondo ora tutto quadrupede.