FRAMMENTI, 15 settembre 2010
Tags : Marco Drago
FRAMMENTO DEI FRAMMENTI CHE RISPONDONO ALLA VOCE "DRAGO
MARCO"
2009
[La società di distribuzione e produzione cinematografica Mikado è dal 2007 della holding di Novara De Agostini, presidente Marco Drago, al quale è stata offerta dal professor Severino Salvemini, suo amico].
Fonte: Giovanni Pons, Affari&Finanza, 21/09/2009.
[I figli di Marco Drago: Enrico, 30 anni, direttore generale Italia nel gruppo Inditex (Zara) per i brand Bershka, Pull&Bear, Zara Home, Oysho, Stradivarius e Massimo Dotti. Marcella (classe 72’), impegnata nella Dreamfarm, società che si occupa di ideare e sviluppare progetti editoriali rivolti a bambini e ragazzi].
Fonte: Laura Galvagni, Marigia Mangano, Il Sole-24 Ore 9/8/2009.
2008
[La holding De Agostini produce e commercializza da anni non solo prodotti editoriali, ma anche (e soprattutto) contenuti televisivi: ha acquistato prima la Magnolia e nel 2008 la Zodiak Entertainment, proprietarie tra gli altri dei format “L’isola dei famosi” e “X-Factor”. Lorenzo Pellicioli, a.d. del gruppo, racconta come cominciò tutto:]. «Fin da quando è iniziata la diversificazione, Marco Drago (il leader della famiglia nel gruppo, ndr) aveva identificato nel business dei contenuti uno dei settori di sviluppo. Prima è arrivata Antena3 mettendo in secondo piano il progetto di espansione nei contenuti. Poi alla fine del 2006 mi chiama Giorgio Gori [fondatore di Magnolia]. […]. Voleva un consiglio, aveva ricevuto un’offerta da un fondo e voleva sapere se vendere o meno. Gli dissi di mandarmi qualche numero. Ne parlai allora con Marco Drago e la decisione fu presto presa: l’acquistammo noi».
Fonte: Paola Pica, Corriere della Sera 14/12/2008.
[Le grandi famiglie del capitalismo italiano e il problema delle divisioni e dell’eredità]. I patti di famiglia […] cominciano ad andare di moda. Li hanno percorsi le famiglie che controllano la De Agostini: «Il nonno Marco Boroli - racconta Marco Drago, un esponente delle famiglie che controllano la società - ebbe sei figli, che a loro volta ne ebbero diciannove, fino a una quarta generazione composta di 41 membri». Che fare? Distribuire, quando ci furono, le forti plusvalenze agli azionisti o reinvestire? Così fu costutuita una Sicav lussemburghese per accentrare tutto il patrimonio sotto un "global custodian" e due comitati sul modello del "family office" britannico, pare con effetti di sana collaborazione tra gli azionisti.
Fonte: Alberto Statera, La Repubblica 23 marzo 2008 e La repubblica 5 febbraio 2008.
2007
[Tra gli agganci milanesi di Geronzi,] Ultima buona connessione quella con Marco Drago, il presidente della De Agostini che attraverso la Toro era suo azionista in Capitalia, anche se di recente Geronzi ha lamentato nelle chiacchiere di corridoio l’aggressività del gruppo di Novara sul fronte delle Generali, di cui è diventato fresco socio. Forse identificando in Drago un campione di quel capitalismo di mercato che fa a pugni con il suo, cresciuto a pane, politica e relazioni.
Fonte: Panorama 02/08/2007, pag.30 PAOLO MADRON.
[Lorenzo Pelliccioli, a.d. della holding De Agostini, è acclamato e coccolato da Marco Drago e famiglia:] ogni azienda che ha toccato l’ha tramutata in oro, per sé e per loro (leggasi, per esempio, Toro, la compagnia di assicurazioni presa dalla Fiat e rivenduta al doppio alle Generali).
Fonte: Fabrizio Dal Boni, Il Foglio 28/4/2007.
E’ cosa fatta l’accordo tra Marco Drago e Giorgio Gori per il passaggio del controllo di Magnolia, nota per i format televisivi di successo come Markette e l’Isola dei famosi, sotto i domini della De Agostini.
Fonte: Massimo Sideri, Corriere della Sera 9/1/2007.
2005
Il "timoniere" [della holding De Agostini] verso il Duemila è Marco Drago: con lui regista - affiancato da quasi tutti i componenti della terza generazione della famiglia (solo Silvano e Marcella sono usciti dall’azionariato del gruppo) - il marchio De Agostini arriva all’espansione attuale. Nel 1990 la conquista del mondo è cosa fatta: il gruppo fattura mille miliardi di lire, metà provenienti da attività estere (e nel 1993 la cifra sarà di 2.034 miliardi). Drago eredita lo stile di gestione di famiglia, fatto di molta azione e poche apparizioni. Ci aggiunge uno spiccato fiuto per i tempi che cambiano e una serie di scommesse vincenti, che vedono protagonista la famiglia Boroli e il gruppo di una diversificazione che ha, oggi, dello spettacolare. Drago sviluppa il know-how dell’azienda (che ha intanto indossato un altro fiore all’occhiello con l’Atlante del 1989, il primo al mondo con la Germania unita), e la consolida puntando anche sul digitale e i new media; quindi, nel 1997, convince la famiglia a investire su Seat. Un affare eccezionale: nel 2000 il ritorno finanziario della cessione delle quote sarà ingente. E il gruppo potrà così giungere all’assetto attuale: «Gli straordinari eventi del 2000 - ha scritto Drago nella relazione agli azionisti del 2004 - hanno permesso un’altra tappa di eccezionale sviluppo in altri settori: oltre all’editoria con l’acquisizione di Utet, la comunicazione con Mikado in Italia e Antena 3 in Spagna, i giochi con Lottomatica e infine le assicurazioni con Toro», società ex Fiat, che proprio il 1 giugno ha rifatto capolino nel listino di Piazza Affari. I bilanci del gruppo racchiuso da una holding parlano chiaro: «I risultati sono eccellenti - continua Drago - e ci permettono di essere in anticipo rispetto agli obiettivi generali di piano». Ma non è una questione di numeri. Quelli, da tanti anni, ci sono: è un questione di tradizione, di impegno familiare, di tutela di un marchio di fabbrica che unisce la logica del profitto ai valori della famiglia. Tanto che quando qualche anno fa, Gian Filippo Cuneo chiese a una trentina di imprenditori di scrivere una lettera ai propri figli, Marco Drago indirizzò ai propri figli le seguenti parole: «Se vi state chiedendo se e quando entrare in azienda, vi suggerisco di lasciar maturare le condizioni per prendere la vostra decisione con la massima probabilità di successo, cioè quando potrete dire di conoscere bene voi stessi e di sapervi valutare, riuscendo a mettere le vostre aspirazioni in relazione al contesto a cui mirate; ciò è possibile farlo al meglio solo dopo essere passati attraverso esperienze di lavoro esterne al gruppo e per un tempo sufficientemente lungo». Insomma, chiedeva ai figli di tracciare bene i loro confini e quelli delle proprie convinzioni e competenze prima di entrare in un’azienda che i confini li disegna, in maniera magistrale, da oltre un secolo. Ma che sa anche, per principio, che sono tracciati per essere modificati.
Fonte: Il Sole 24 Ore 01/09/2005, pag.11 Stefano Salis.