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 2010  settembre 14 Martedì calendario

FRAMMENTO DEI FRAMMENTI CHE RISPONDONO ALLA VOCE "DE RITA, GIUSEPPE"


Ricerca fatta con “De Rita”

Antonio Galdo, 43 anni, napoletano, giornalista. Ha già pubblicato: ”Denaro contante, viaggio nell’Europa dei soldi” (Rizzoli, 1990), ”Intervista a Giuseppe De Rita sulla borghesia” (Laterza, 1996) e ”Ospedale Italia” (Il Saggiatore, 1998).
Antonio Galdo, "Guai a chi li tocca", Mondadori

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[…] Comitato nazionale per la valutazione del sistema universitario presieduto da Giuseppe De Rita (1999).
Anna Maria Sersale su Il Messaggero del 01/08/01 a pagina 10.

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L’Istituto Giuseppe de Rita […].
Enrico Marro sul Corriere della Sera del 20/06/01 a pagina 23.

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Giuseppe De Rita, presidente del Cnel […].
Maria Laura Franciosi, Carlo Baroni, Avvenire 07/01/2000; Franco Pantarelli, La Stampa 07/01/2000

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Cossiga intervistato dalla ”Repubblica” ha giudicato l’analisi di De Rita "esemplare". Ultimo esempio dell’attività del Superpotere il caso Coiro, rimosso dal ministro della Giustizia Flick prima che il Csm potesse processarlo.
Giuseppe D’Avanzo, la Repubblica, 13/09/1996

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[…] Censis - Giuseppe Roma, Francesco Estrafallaces, Giuseppe De Rita ”Come e quanto ci siamo patrimonializzati” […].

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All’indomani della firma dei nuovi Patti Concordatari l’editore Rusconi ha pubblicato un prezioso libretto, La Chiesa galassia e il nuovo Concordato, che metteva a confronto tre cattolici di diversa estrazione: Luigi Accattoli, vaticanista del Corriere della Sera, anticoncordatario, per la Chiesa della povertà e della predicazione; Giuseppe De Rita, sociologo, segretario generale del Censis, che cercava nei segni del presente il possibile futuro della Chiesa: la galassia, mille, centomila, un milione di Chiese che sarebbero nate nell’animo degli uomini qualunque fosse stata l’organizzazione vaticana (quello che appunto sta avvenendo). Infine Gennaro Acquaviva, […]. L’Italia è un Paese cattolico. Si stanno scrivendo articoli, saggi, libri sul fenomeno di un’avanzata secolarizzazione che sta cedendo il passo a una ripresa dei valori religiosi. Io credo che, almeno in Italia, il fenomeno abbia una spiegazione molto semplice: in una società che sta perdendo progressivamente tutti i suoi valori (della Patria, della famiglia, della solidarietà, dell’amicizia e via dicendo); dove impera il denaro, il mercato, il successo, il divismo, l’egoismo, la profezia di De Rita - la Chiesa che nasce nei cuori - non può meravigliare.
Stefania Craxi, Il Giornale, 01/11/2005

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[…] Era il 1975 quando Gianni Maestri avviò la regia culturale e pratica del progetto che si sarebbe realizzato nell’ immagine del Mulino Bianco. In quella metà degli anni Settanta il clima non era rassicurante: inflazione elevata, scontro sociale acuto, «anni di piombo» nella percezione di tutti. Eppure, a ripensarci oggi, erano anche gli anni in cui un ricognitore appassionato e spesso in controtendenza come Giuseppe De Rita vedeva una straordinaria creatività sociale: la spinta dell’ impresa famigliare, il modellarsi di quel tessuto che un economista curioso e non dogmatico come Giorgio Fuà (l’ autore a metà degli anni Settanta di un libro seminale, Occupazione e capacità produttive) avrebbe più tardi denominato «industrializzazione senza fratture» […].
Edmondo Berselli, La Repubblica 16/10/2005

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Ma perché l’Autosole non raggiunse Reggio Calabria e la Sicilia, insomma il "profondo Sud"? […] Il taglio della parte bassa dello Stivale non ha impedito all’Autostrada del Sole, ma più in generale al sistema autostradale, di contribuire, secondo il sociologo Giuseppe De Rita, all’apertura sociale del Paese, alla sua "democratizzazione sostanziale". "E’ stato un fattore inatteso ma fortissimo di spinta al protagonismo - ha scritto l’animatore del Censis - che ha portato una moltiplicazione dei soggetti economici e sociali".
Il Sole 24 Ore 27/08/2006, pag.17 Orazio Carabini

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[…] [ A VENEZIA] Bazoli viene più spesso perché è presidente della fondazione Cini, ma il Leone che gli interessa non è quello di San Marco. «Quanto alla grande politica, c´è solo Cacciari, disperatamente solo», conclude Bonomi. Il suo maestro e predecessore, Giuseppe De Rita, che a Venezia ha dedicato vent´anni di lavoro, è ancora più pessimista: «E´ vero, le potenzialità di Mestre sono enormi ma temo che resteranno tali. Perchè Mestre non ha storia. Lo sviluppo e l´economia dei distretti in Italia si fanno dove c´è storia, Biella e Andria, Prato e le Marche. Sulla tabula rasa non cresce nulla e la storia di Marghera in questo è esemplare».
Curzio Maltese, la Repubblica 14/02/2007

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[SCHEDA 131850] Testo tratto dall’intervento di Giuseppe De Rita pubblicato nel volume «In difesa della vecchiaia», di Marco Tullio Cicerone, a cura di Gavino Manca, edito da Scheiwiller.
Il Sole 24 Ore 13/02/2007, pagg.1-10 Giuseppe De Rita

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[BENIAMINO ANDREATTA] Guidò l’ala del partito popolare che non si riconobbe nella scelta berlusconiana del segretario Buttiglione, coniò la formula dell’Ulivo e ne indicò il leader naturale – quando altri invocavano Dini, De Rita, D’Antoni – in Romano Prodi.
Aldo Cazzullo, Corriere della Sera 27/3/2007 Luigi La Spina, La Stampa 27/3/2007

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Stop al Family Day. Lancia la proposta il sociologo cattolico Giuseppe De Rita in un polemico articolo-lettera, pubblicato dall´Avvenire. «Sarebbe equo e salutare evitare la manifestazione del 12 maggio», scrive il segretario generale del Censis, noto per non avere peli sulla lingua. La dimostrazione, spiega, è una «mobilitazione attivistica» che risulterà inefficace poiché consiste in una reazione a iniziative altrui più che nell´espressione di proposte. E´ un evento ispirato alla logica della «spallata», con «parole d´ordine che semplificano i problemi per tre ore, ma non producono alcuna futura possibilità di ragionare con se stessi e con gli altri». Chi fa mobilitazione di piazza, incalza il sociologo, resta prigioniero del suo clima emotivo e di una «grande povertà di leadership», visto che in piazza si esprimono piccoli demagoghi e «non nasce alcunché».
Il mondo cattolico, sostiene De Rita, è un mondo serio: «Ha tutto da perdere nella spettacolarizzazione di massa. E´ un mondo in cui le classi dirigenti si formano con lentezza e prudenza, e ha tutto da perdere se si trova fra i piedi gente che sa organizzare le piazze ma non ha spessore di leadership». Ma soprattutto - così culmina il suo ragionamento - «l´Italia è una grande realtà antropologica, non padroneggiabile con uscite una tantum, ideologiche o di piazza che siano».
[…] La sortita di De Rita e il fatto che l´Avvenire gli riservi quasi mezza pagina (con una replica dei portavoce del Family Day) rivela che c´è tutto un mondo cattolico variegato e impegnato nella vita di fede quotidiana, che respinge la politica muscolare attuata dalla Cei su pressione di papa Ratzinger né si riconosce nell´invadenza legislativa della gerarchia ecclesiastica né accetta l´assenza di una vera discussione sulle coppie di fatto e la questione omosessuale. C´è un disagio diffuso tra i cattolici italiani rispetto alla «marcia» (cui non partecipano la Fuci e i laureati cattolici del Meic). Lo stesso disagio, esploso con le migliaia di firme al manifesto-Alberigo contro la Nota della Cei tendente a vincolare il voto dei parlamentari credenti. De Rita è sferzante. Nutre dubbi sulla tesa ufficiale che le associazioni cattoliche abbiano preso autonomamente l´iniziativa (mentre è noto che la spinta è venuta dal cardinal Ruini e dal pontefice) e parla di «coazioni attivistiche che il mondo cattolico subisce quando ritiene di essere attaccato da forze contrarie».
Di fatto la lettera dà voce a un dissenso della realtà cattolica nei confronti della visione di Ratzinger, che nel pluralismo della società odierna vede relativismo e nichilismo orientati ad aggredire la fede e Dio […].
Marco Politi, la Repubblica 6/4/2007

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[…] E’ dell’anno scorso Viaggio nelle istituzioni italiane, del sociologo Giuseppe De Rita. Vi si legge, proprio in apertura: « impressionante vagare per ministeri surrealmente vuoti. impressionante vedere enti pubblici senza mission reale ma pieni di personale attento solo alla sua permanenza sul posto. impressionante vedere autorità pubbliche anche formalmente prestigiose infarcite di clientes, nei livelli alti come a quelli bassi». [6] […] De Rita: «Oggi siamo di fronte a un altro fenomeno che io definirei di ”menefreghismo disprezzante”. Che, attenzione, non è meno grave. Perché potrebbe anche non produrre una rivolta. Ma dar vita a una protesta assai più concreta per la stabilità dello Stato. Cioè un’evasione fiscale di massa». [20]
APERTURA FOGLIO DEI FOGLI 28 MAGGIO 2007 - [6] Filippo Ceccarelli, la Repubblica 22/5; [20] P. Co., Corriere della Sera 21/5.

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Rosanna Brichetti […] una ragazza specializzata in sociologia con una tesi sul femminismo, che aveva lavorato al Censis col professor Giuseppe De Rita e girato l’Italia a raccogliere pareri sulla legge Basaglia […]
Il Giornale 27/05/2007, Stefano Lorenzetto

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[…] saggio di Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella intitolato La Casta (Rizzoli) dove si raccontano i troppi privilegi di cui gode la pletora dei politici e dei parapolitici, i quali - mentre assegnano a se stessi i più alti stipendi, le più alte pensioni, migliaia di auto blu, centinaia di portaborse pagati quasi sempre in nero, milioni di euro di consulenze assegnate ad amici e amici degli amici - lanciano appelli alla moralità pubblica, allo spirito di sacrificio, al rigore civile che essi stessi negano quotidianamente con i loro comportamenti. Il presidente del Censis, Giuseppe De Rita, ha detto che di questo passo gli italiani a un certo punto potrebbero decidere in massa di non pagare più le tasse […].
Anno IV - Centosessantanovesima settimana, Dal 14 al 21 maggio 2007

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INDICE DEI NOMI DEL VOLUME: MASSIMO PINI "CRAXI. UNA VITA, UN’ERA POLITICA" MONDADORI 2006
Collocazione: A2
De Rita, Giuseppe, 184,253 254,324

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Con sorprendente piglio immaginifico il ministro Tommaso Padoa-Schioppa ha sfidato il sociologo Giuseppe De Rita sul piano dell’innovazione linguistica e si è candidato a nuovo cantore della società.
Il suo «bamboccioni» riferito agli italici ragazzi che vogliono prolungare l’adolescenza e vivere senza rischi e senza affanni, mette a fuoco quella dolce malattia della gioventù che non vuole entrare nell’età adulta e rimane felice e precaria abitatrice delle case di famiglia fino a trent’anni e passa. […] E qui ci vuole proprio De Rita per sciogliere il dilemma: questi giovani adolescenti italiani, sostiene il fondatore del Censis, sono molto interessanti proprio perché stanno sperimentando nuovi modi di vivere. «Con i loro comportamenti non rappresentano un banale ritorno alla vita patriarcale, ma inventano una vita da single che si muove su una scacchiera articolata e tutti i loro modi di essere (amori light, vita in famiglia, precarietà prolungata) sono in sintonia con una società che si modula su variabili multiple» […].
CORRIERE DELLA SERA, 5/10/2007, MARIA LUISA AGNESE

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[SUI BAMBOCCIONI] Giorgio De Rienzo: «Nella forma accrescitiva le cose si mettono ancor peggio: vanno a individuare una persona sciocca o credulona oppure chi non ha intenzione di fare niente. Neppure l’etimologia viene in soccorso: segnala l’antico bambo (bambino) o il francese bamboche, che sta per marionetta». [3]
[…] Il sociologo Giuseppe De Rita, fondatore del Censis, padre di otto figli in età da bamboccione: «Qui non si tratta di una generazione, qui sono tutti gli italiani, il ”corpaccione” degli italiani ad essere bamboccioni. Tardo adolescenziali, pronti tutti - dai politici, ai giudici, ai comici - ad esibirsi sulla piazza, a fare a spintoni per andare in tivù, ad emozionarsi e arrovellarsi come eterni sedicenni». [7]

[…] De Rita: «Oggi si resta a casa perché quello è l’unico modo di mantenere il ritmo dei consumi raggiunto dai genitori senza avere un reddito che ti permetta di farlo». [7]
[…] Va cambiato il quadro di riferimento. De Rita: «La madre sessantenne che parla del figlio precario vive quella condizione come un fallimento, suo e del figlio. Ma per il trentenne non è detto che debba essere così. È cambiato tutto, e se i giovani hanno saputo inventare un modo nuovo di vivere, un modo moderno, diverso da quello dei loro genitori, noi non possiamo chiudere gli occhi, limitarci a valutarli negativamente e accusarli di essere bamboccioni. È un termine che non ha senso, è arcaico». [7]
APERTURA FOGLIO DEI FOGLI 8 OTTOBRE 2007 - [3] Giorgio De Rienzo, Corriere della Sera 5/10; [7] Luisa Grion, la Repubblica 6/10

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[…] Si sa, Giuseppe De Rita è sempre stato lessicalmente immaginifico, ma quest´anno nel quarantunesimo rapporto del Censis, ogni parola, ogni immagine, ogni neologismo concorre a dipingere un´antropologica inclinazione al peggio proprio dell´uomo che era stato il cantore della «molecolarità» come forza di sviluppo economico, imprenditoriale, civile. Non è solo una «botta di malumore», come De Rita la definisce lamentando gli acciacchi della sua schiena, ma «la conoscenza del peggio», come la chiama Manlio Sgalambro, […]. Cos´è quello di De Rita, un invito a Luca Cordero di Montezemolo a fondare la sua «Cosa» politica, di fronte alla banalità dei progetti di nuovi partiti a destra e a sinistra? Troppo semplice. Tanto più – aggiunge – che «le minoranze ci salveranno se non vorranno diventare maggioranze».
Antico cantore dei «coriandoli», De Rita invoca piuttosto tante minoranze vitali come quella imprenditoriale, una loro moltiplicazione per affrontare quel «monstrum alchemicum» che il benessere piccolo borghese ha creato e che ci rende poco vitali, impotenti, come di fronte a una generale entropia della società. E a supporto della sua idea di minoranze cita Leopardi del 1924: in Italia non c´è e non ci sarà vera civiltà perché non abbiamo «coscienza stretta».
La Repubblica 8/12/2007, ALBERTO STATERA – Scheda 148639

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Bisogna proprio riconoscere che Giuseppe De Rita è stato di parola perché, come aveva anticipato egli stesso nella sua lettera al Club dell’Economia pubblicata dal Sole-24 Ore di giovedì scorso, non c’è nulla di più antideritiano della impietosa critica alle tendenze prevalenti nella società italiana («Non frequento più il termine di società civile») […]De Rita è convinto che anche la più dinamica e vitale minoranza industriale non riesca a trainare tutti e che lo stato attuale della politica non lasci molte speranze e non possa darci quel grande «collettore collettivo» di cui il Paese avrebbe bisogno per uscire dallo stallo. Secondo il fondatore e presidente del Censis né il Partito democratico né il Partito della libertà riusciranno a trascinare le masse e a diventare veri e propri partiti popolari perché tendono ad aggregare una dimensione di popolo che non trova riscontro nella società. Vuol dire, allora, che dobbiamo prepararci al peggio e che non c’è nessuna speranza di recupero? No, per De Rita la speranza di rilancio del Paese può venire solo dalle nuove minoranze attive. Da quelle che fanno ricerca scientifica e innovazione tecnica a quelle che, sulla scia dell’élite industriale, studiano e lavorano all’estero, dalle minoranze che vivono in realtà locali ad alta qualità della vita a quelle che hanno stabilito un rapporto positivo con l’immigrazione o che fanno esperienze religiose attente alla persona e allo sviluppo o, infine, alle tante minoranze che hanno scelto l’appartenenza a gruppi, movimenti, associazioni come «forma di nuova coesione sociale e di ricerca di senso della vita».
IL SOLE 24 ORE 08/12/2007, Franco Locatelli – Scheda 148639

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«Dopo tanti anni - ha ammesso Giuseppe De Rita - questa volta non ce la faccio a parlare bene della società italiana». Giunto al 41° Rapporto sulla situazione sociale del paese, anche il Censis si arrende ed è costretto a rilevare che quella che una volta definiva «natura molecolare del paese», fatta di tante piccole realtà attive sta evolvendo in «poltiglia», in «mucillagine»: in qualcosa di putrido, legato ad una sorta di inerzia indotta dalla delusione […]
LA STAMPA 08/12/2007, RAFFAELLO MASCI – Scheda 148639

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[…] Nella società spappolata dagli egoismi, come appare nell´ultimo rapporto del Censis, secondo Giuseppe De Rita il ruolo di supplenza della chiesa cattolica si è evoluto fino a conquistare il cuore dei rapporti sociali: il campo dell´appartenenza. «La chiesa è l´unica ormai a capire che si fa sociale con l´appartenenza. Non si tratta soltanto di fornire servizi ma anche accoglienza, valori di riferimento, identità. Un tempo in Italia erano molte le classi di appartenenza. Se penso al Pci nelle regioni rosse o ai grandi sindacati, alla rete delle case del popolo, alle cooperative, questo mondo è scomparso in gran parte, la mediatizzazione della politica ha cambiato i termini della questione. Oggi se Veltroni vuol lanciare il Partito Democratico pensa a un evento, ai gadget, alla comunicazione, ma non è la stessa cosa. Lo stato italiano, a differenza di altri, non ha mai saputo creare appartenenza e per questo non è in grado di fare politiche sociali efficaci, per quanto costose. I comuni sono l´unica appartenenza politica degli italiani». Non è un caso che siano proprio i comuni, i sindaci, a entrare più spesso in conflitto con la supplenza del clero, per esempio nella vicenda dell´Ici. Ma non è paradossale che una società sempre più laicizzata affidi compiti così importanti al clero? La risposta di De Rita è netta. «E´ vero che la religione cattolica in quanto tale è in crisi. Le scelte individuali ormai prevaricano le indicazioni dei vescovi. La vera forza della chiesa non sta nel suo aspetto pubblico, mediatico, politico, ma nell´essere rimasta l´unica organizzazione con un forte radicamento nei territori e una pratica sociale quotidiana. Una pratica di solidarietà che molti laici non hanno, me compreso. La chiesa di Ruini è un altro discorso» […].
Curzio Maltese, la Repubblica 17/12/2007

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[…]Una ripresa, anche se lieve, dopo che per trent´anni, a partire dal ”65, le donne hanno cominciato a declinare la maternità fino al minimo storico del ”95?. «Episodici movimenti molecolari». Giuseppe De Rita, sociologo e fondatore del Censis, dice che è finito quel ciclo di psicologia collettiva che nel Dopoguerra ha portato al boom dell´economia e delle nascite, «quella voglia di ricominciare non c´è più, è finita un´era ed è difficile che cambi. Chi genera lo fa per "gusto", non ha la lungimiranza dei padri che dovevano cambiare il mondo». Gli uomini più delle donne hanno interrotto il ciclo, «perdendo il ruolo simbolico della trasmissione». Ognuno per sé, senza lasciare tracce.
Repubblica 24 gennaio 2008. ALESSANDRA RETICO

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Per favore chiunque faccia il governo ci risparmi la rituale esposizione di programmi, di pacchetti d’intervento, di agende degli impegni urgenti, di decaloghi o dodecaloghi su cui stabilire intese e convergenze. […] la tentazione programmatoria non ha portato quasi mai bene. E non per motivi di pura iella, ma più semplicemente perché ogni elenco di intenzioni, anche il più conciso, è destinato ad essere tirato da tutte le parti; annulla di conseguenza ogni capacità di sintesi e di leadership; finisce per diventare la prova documentata del non governo. […] Chiunque faccia il governo esprima quindi non più di due, al massimo tre intenzioni. Le scelga bene, magari rischiando (ci metto o non ci metto la soluzione del problema rifiuti in Campania?), e le blocchi come i soli punti su cui si chiede prima la fiducia e poi il giudizio successivo; altrimenti tutto diventa elenco incontrollabile ed in giudicabile […].
Giuseppe De Rita, Corriere della Sera, 31/1/2008.

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[…] Resta l’analisi di Giuseppe De Rita, presidente del Censis: «Viviamo in una società molto individuale e l’individualismo si riconosce in una persona. Berlusconi è l’unico personaggio capace di unificare milioni di individualisti, schegge e ritagli di uomini. Ha un vantaggio: è durato. Ha avuto processi, articoli, l’Economist che lo sfotte un giorno sì e l’altro no, è risorto un paio di volte dalle ceneri. E questa è una cosa che in Italia farebbe votare pure i santi e i morti: siamo un Paese che ha paura della sconfitta e per questo non può che ammirarlo».
Corriere della Sera 16 aprile 2008, Lorenzo Salvia, Gian Guido Vecchi

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[…] 14 giugno 1987. Alle sei del pomeriggio Umberto Bossi ordina un chinotto per celebrare la sua prima elezione, da questo momento sarà «il Senatùr». […] Giuseppe De Rita, allora consigliere del segretario Dc Ciriaco De Mita: «Bossi? Basta comprarlo» […].
La Stampa 21 aprile 2008, Giovanni Cerruti

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Ai sostenitori del ’93, Alemanno […], con lo stesso lavoro di apertura e tessitura che l’ha portato […] a costruire rapporti di stima con personaggi molto lontani dal recinto della vecchia destra, da Luca di Montezemolo ai viticoltori piemontesi, da Giuseppe De Rita agli agricoltori emiliani preoccupati dall’espansione degli ogm.
Aldo Cazzullo, Corriere della Sera 29/4/2008

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DE RITA GIUSEPPE Roma 27 luglio 1932. Sociologo. Presidente del Censis (Centro Studi Investimenti Sociali), inventore del Rapporto che ogni anno svela agli operatori e alla stampa le tendenze profonde della società italiana • «Nel dicembre 1955 entrava alla Svimez per fondarne la sezione sociologica. Cominciava così il suo viaggio di mezzo secolo attraverso l’Italia. Tra le molte parole da lui inventate e imposte al lessico pubblico - sommerso, localismo, macchie di leopardo - ce ne sono due che lo riguardano e in cui si è riconosciuto: ”Nel 1976 a un convegno ecclesiale fui chiamato ”il monaco delle cose’. Il Riformista mi ha definito ”arcitaliano’. Mi sta bene. Amo leggere l’Italia dal di dentro. E non sono mai stato così lontano dalla politica. Senza interlocutori”» (Aldo Cazzullo) • Nel 2007 parlò di «mucillagine sociale» • «Odio l’uso del sondaggio indiscriminato, bisogna entrare nella società e cercare di capire, annusare… Nel 1968 scoprii l’economia sommersa a Prato, Valenza, Biella, Fermo, Arzignano… Negli anni Settanta mi sono accorto che questi localismi tenevano in piedi l’economia italiana» • Sposato con Maria Luisa Bari, 8 figli: «Sei maschi e due femmine. Il punto più delicato è stato quando i figli crescevano e io non potevo guadagnare di più. Furono duri gli anni tra il Sessanta e l’Ottanta. Però mia moglie e io abbiamo fatto funzionare la famiglia grazie a una casa che avevo comperato dopo la lunga missione internazionale in Persia. Così non c’era il problema dell’affitto. Mia moglie poi scriveva copioni per la tv dei ragazzi. Quando eravamo dieci c’erano vincoli di orario mattutino, prima che li accompagnassi a scuola con il pulmino. Ci si dividevano i compiti. Un gruppo faceva i letti, i grandi badavano ai piccoli, i medi comperavano la pizza e il latte per la colazione» (ad Alain Elkann).
Fonti: Varie – Scheda 157099

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[…]Lo ha scritto benissimo De Rita, uno degli uomini più intelligenti in circolazione: […].
La Gazzetta dello Sport, Anno II, numero 511, 1° luglio 2008

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[…] sociologo cattolico Giuseppe De Rita.
Luigi La Spina, La Stampa 13/10/200, pagina 1

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[PER SALVARE LA ROMA IN CRISI] le soluzioni da sondare sono altre. Per esempio, mettere su una cordata di imprenditori modello Alitalia. […] L’altra strada è ripescare il progetto della Kpmg e dello studio legale Tonucci sull’azionariato popolare, presentato nel 2005 dalla Fondazione Roma Europea e da "il Romanista". Tra i relatori Giuseppe De Rita, Cesare Sanmauro, Riccardo Luna e Maurizio Costanzo (fra i primi sostenitori di questo modello per la Roma). Un piano più semplice da realizzare che altrove, calcolando che la maggior parte dei tifosi giallorossi sono correntisti Unicredit (li ha ereditati da Capitalia) [...].
Denise Pardo, L’espresso 7/11/2008

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Catalogo dei viventi 2009, […] presentato da Dell’Arti insieme con il professore Giuseppe De Rita, direttore del Censis.

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[…] Anzi, sotto questa luce si potrebbe anche sostenere che la televisione è lo specchio sociologico della realtà italiana, se è vero, come sostenne Giuseppe De Rita, che il nostro paese è "una enorme bolla di ceto medio" […].
Edmondo Berselli, L’Espresso, 26 febbraio 2009

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[…] Qualche idea verrà anche dal convegno organizzato da Buonfiglio per il 12 marzo a Roma, insieme con l’associazione Coltiviamo il futuro. Ci saranno i ministri dell’Economia Giulio Tremonti, delle Politiche agricole Luca Zaia, Alemanno, Gianni De Michelis, il sociologo Giuseppe De Rita e Riccardo Valentini, esperto di mutamenti climatici.
Panorama, 12 marzo 2009

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[…] È l´apoteosi del "lavoro molecolare" di cui parla spesso Giuseppe De Rita, nume tutelare di quel grande osservatorio della realtà italiana, che è il Censis. […].
Maurizio Ricci, la Repubblica, 28/3/2009

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[…]Il sociologo Giuseppe De Rita, fondatore del Censis ed editorialista del Corriere della Sera […].
Il foglio 10/06/2009

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[…] Persino Borges potrebbe perdersi nel bestiario di quest’Italia che resiste. Il paese non smentisce l’arcaico spirito di contraddizione e la fatale attrazione per il paradosso. La sua capacità di galleggiare nelle tempeste è ormai provata, la flessibilità con la quale, pari a un giunco sferzato dal vento, si piega, si adatta e rialza la testa, è ormai leggenda. Giuseppe De Rita ne è il cantore, i rapporti del Censis sono una saga a puntate […].
STEFANO CINGOLANI, IL FOGLIO 16/6/2009

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[ANTONIO BASSOLINO:] «E’ vero. Ma il malessere è profondo, guai a non vederlo. Colpisce il silenzio impressionante seguito, a destra e a sinistra, all’articolo sul Corriere di un osservatore fuori dal coro come Giuseppe De Rita. La questione meridionale è tornata a essere un problema politico».
Alessandro Trocino, Corriere della sera 22/7/2009

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[…] Molti commentatori, sollecitati dalle traversie celebrative del 150° anniversario [DELL’UNITA’ D’ITALIA] e dall´esplodere del malcontento siciliano hanno affrontato il fenomeno. Gli ottimisti di natura, come Giuseppe De Rita, giurano che tutto andrà per il meglio: l´Italia sarebbe «una nazione in corso d´essere, un semenzaio di nazioni che continuano a cercare faticose convergenze».
Mario Pirani, la Repubblica 04/08/2009

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[…] A difendere la linea editoriale equidistante del giornale [CORRIERE DELLA SERA] è sceso in campo, ieri, anche Giuseppe De Rita, che ha scritto un elogio serio e per così dire filosofico del terzismo, sottraendo la parola ”mediazione” alla ”damnatio memoriae”. Ha scritto che ”scavare al di sotto delle antitesi è l’unico modo per rispettare la dinamica del reale. Le cose hanno sempre un andamento (una verità, si potrebbe dire) ”trasversale’”. Una linea che però, come ha scritto Bettiza, finisce per essere attaccata ”simultaneamente da Berlusconi borghese di destra e da Scalfari borghese di sinistra” […].
Maurizio Crippa, Il Foglio 14/10/2009

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[…] Sarà soprattutto la prima volta di un governo italiano che ricorda l’ex premier socialista direttamente sul suolo dove Bettino ha vissuto da ”esule”. […] Regista dell’evento è la fondazione presieduta dal sottosegretario agli Esteri Stefania Craxi, figlia di Bettino. Lo stesso presidente del Consiglio, che un anno fa propose la proiezione nelle scuole del docufilm su Craxi, La mia vita è stata una corsa, potrebbe invece partecipare all’appuntamento del 19 gennaio al Senato. Il presidente Renato Schifani farà gli onori di casa nel convegno sull’attualità del pensiero politico di Craxi, aperto dalla relazione di Stefania. Annunciati anche il segretario della Uil Luigi Angeletti, il fondatore del Censis Giuseppe De Rita […].
Paola Sacchi, Panorama, 10 dicembre 2009

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Quest’anno Napolitano ha parlato quattro minuti più dell’anno scorso, 19 contro 15. […] La parola ”Italia” e la parola ”riforma, riforme” sono state pronunciate undici volte. Niente da dire su ”Italia” e in fondo niente da dire neanche su ”riforme”, anche se il presidente dà per scontato che le riforme ci vogliano, mentre esiste un piccolo gruppo di pensatori – capeggiato da De Rita – che ritiene le riforme, a questo punto, inutili, tanto l’Italia è ridotta in poltiglia […].
La Gazzetta dello Sport Anno IV, numero 1048 2 gennaio 2010

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Senatori a vita, ipotesi De Rita con Veronesi e Armani. […] Silvio Berlusconi per mezzo di uno dei suoi più fidati amici e consiglieri, il senatore Guido Possa, sta sponsorizzando Giorgio Armani (75 anni), che dopo la morte di Mike Bongiorno (altro candidato a lungo in pectore del Cavaliere), potrebbe avere quei requisiti che la Costituzione richiede, ereditati dallo Statuto Albertino. Ma lo stilista di fama ormai mondiale non è l’unico «candidato»: a sinistra si lavora per l’oncologo Umberto Veronesi (al momento senatore pd), mentre il sociologo Giuseppe De Rita non sarebbe sgradito ad un ampio mondo moderato e cattolico, Vaticano compreso.
Gianna Fregonara, Corriere della Sera 5/1/2010

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FERRETTI Claudio, BROCCOLI Umberto e SCARAMUCCI Barbara - Mamma Rai. Storia e storie del servizio pubblico radiotelevisivo. Prefazione di Giuseppe De Rita. Bibliografia. indice dei nomi. Le Monnier, Firenze 1997.
Mestre5

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[…] Resta sospeso nei veleni di borgiana memoria il grande interrogativo su chi comandi veramente oggi nella chiesa di Benedetto XVI. Il sociologo cattolico Giuseppe De Rita è convinto che il papa abbia deciso di scrivere libri e col suo indecisionismo dia l’idea di aver soltanto deciso di non comandare […].
ALBERTO STATERA, la Repubblica 9/2/2010

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[…] L´ha indovinato probabilmente De Rita quando in una intervista alla Stampa ha parlato di «un Italia rassegnata e furba, senza senso del peccato… in una sorta di rassegnazione al peggio... dove l´indignazione non scatta per l´assenza di codici ai quali obbedire, non scatta perché non c´è più un vincolo collettivo, tutto può essere fatto se io stesso ritengo giusto che sia fatto» […].
Mario Pirani, la Repubblica 8/3/2010

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[…] Nessuno più di De Rita ha capito, analizzato, coccolato persino, la cultura e l’economia borghigiana […].
Stefano Cingolani, Il Foglio 09/03/2010

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«Il censimento è ancora uno strumento indispensabile. Anzi, lo è più di prima in un Paese come l´Italia, così parcellizzato, dove nessun campione per quanto costruito scientificamente rappresenta davvero la realtà». Giuseppe De Rita, segretario generale del Censis, difende il "vecchio metodo". Anzi, mette in guardia da chi vorrebbe ridimensionarlo.
Il censimento generale è molto costoso…
«Ma la ragione per cambiarlo non può essere quella che non ci sono i soldi. Con gli altri metodi, da Internet alla posta, alla fine non si andrebbe oltre il 30% di risposte: del tutto insufficiente. E’ vero che i dati vengono pubblicati anni dopo, ma consentono una profondità che nessuna indagine veloce può dare».
Una rivelazione fondamentale emersa da un censimento?
«Nel 1981 il censimento degli edifici industriali mostrò che, rispetto al ´71, erano raddoppiati passando da 500 a 980 mila. E questo in un momento in cui si discuteva di tutt´altro e si decretava la fine della fabbrica».
Che cosa si aspetta dalla prossima indagine?
«Le tendenze più interessanti da misurare oggi sono il ritorno al bisogno di comunità, ovvero il declino dell´individualismo, e la ristrutturazione in atto nel terziario, dove convivono attività diversissime».
v. s. la Repubblica 22/3/2010

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[…] Oggi a Roma con la riunione dei gruppi dirigenti delle confederazioni dell’artigianato e del commercio inizia la volata finale dell’«Operazione Capranica». Si sceglierà il nome e si decideranno i dettagli della manifestazione del 10 maggio che consacrerà la nascita di un unico soggetto di rappresentanza, a cui faranno capo all’incirca due milioni di imprese. […] Come funzionerà la governance del nuovo patto, messa a punto da delicate trattative che hanno visto protagonisti, in qualità di sherpa, i cinque direttori generali? Nascerà una Fondazione che avrà un compito che potremmo definire di think tank, a presiederla sarà Giuseppe De Rita che sarà affiancato da altri professori come Paolo Feltrin, Aldo Bonomi e Stefano Zan e da un direttore di nuova nomina pescato dall’esterno […].
Dario Di Vico, Corriere della Sera 27/04/2010

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[…] questa sottovalutazione ha spinto Giuseppe De Rita a insistere e a dar vita in collaborazione con le banche di Credito Cooperativo al «Diario della ristrutturazione del terziario», un check-up sullo stato dell’arte.
Dario Di Vico, Corriere della Sera 09/05/2010

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[…] Per non parlare delle regioni a statuto speciale. «Giuseppe De Rita […] ricorda che già nel 1845 si diceva che l’Italia era un ”semenzaio di nazioni”». [295]
Notizie tratte da: Pino Aprile ”Terroni”, Piemme, Milano 2010

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DE RITA Giuseppe e GALDO Antonio - Intervista sulla borghesia in Italia. Indice dei nomi. Minibiografie. Laterza, Bari 1996.

Contiene:
Libro intervista sulla borghesia italiana negli ultimi cinquant’anni di storia

FleetStreet

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[…] il sociologo cattolico Giuseppe De Rita, presidente del Censis e profondo conoscitore dei rapporti tra Stato e Chiesa.
E IL PLACET DI BERTONE STRAPPA CASINI ALLA CEI - di Giacomo Galeazzi

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Alla fine del quinquennio, dopo una selezione che comunque si è fatta più stringente, molti dei diplomati finiscono per scegliere le cosiddette lauree deboli, ovvero conquistano - spesso a costo di grandi sacrifici da parte delle loro famiglie - titoli di studio che non sono spendibili sul mercato del lavoro e che hanno una pura funzione ornamentale. Sono dei poster. Quei giovani hanno studiato per mettersi in tasca una moneta che non può comprare il posto a cui aspirano. E così la spirale liceo-laurea debole-disoccupazione finisce per ingrossare l’esercito di quelli che Giuseppe De Rita chiama «i qualcosisti» […].
Dario Di Vico, Corriere della Sera 19/07/2010

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Un autorevole e ascoltato decano del mondo cattolico, il presidente del Censis Giuseppe De Rita, è intervenuto ieri sul Corriere della sera e con tipico approccio statistico e sociologico ha illustrato quella che gli appare una disparità tra la vivace e “non scontata” presenza quantitativa e qualitativa nella società dei cattolici e la sua rappresentanza politica, a causa di una mancanza di “corpi intermedi”. […] Stefano Ceccanti, senatore pd, ha punto di vista ancora diverso: “Mi pare che ci sia troppo ottimismo quando De Rita parla del peso sociale dei cattolici. Gli ultimi rilevamenti parlano invece di un arretramento sensibile. E’ vero che la chiesa ha tuttora una sua centralità, ma mi pare che da questo non derivi nessuna nostalgia del centrismo. E anche quella di Bagnasco è un richiamo alla coerenza personale, non una bocciatura di chi è impegnato in politica” […].
Maurizio Crippa, Il Foglio 1/09/2010

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CATTANEO Carlo - Stati Uniti d’Italia. Il federalismo, le leghe. A cura di Daniele Vimercati. Con interventi di Bobbio, Bocca, Bossi, Cacciari, Cossiga, Craxi, De Rita, Martinazzoli, Miglio, Montanelli, Natta, Spadolini. Sugarco, Milano 1991

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