MAURIZIO RICCI, la Repubblica 14/9/2010, 14 settembre 2010
MENO POVERTÀ, MENO FAME NEL MONDO, PIÙ SALUTE, PIÙ BENESSERE ECCO PERCHÉ CI STIAMO LASCIANDO ALLE SPALLE UN DECENNIO IRRIPETIBILE
Provate a dirlo ai pachistani sommersi dalle inondazioni. Ai russi assediati dagli incendi. Agli abitanti degli atolli del Pacifico che rischiano di finire sott´acqua. Ai contadini minacciati dalle siccità. Agli abitanti di New Orleans travolti dalla piena di Katrina. Ai 100 milioni di persone che, dopo la crisi del cibo del 2008, hanno riscoperto la fame. Eppure, i dati non lasciano dubbi. Le crisi si rincorrono ai quattro angoli del pianeta, ma gli anni dal 2000 al 2010 sono stati anni benedetti: l´umanità, nel suo complesso, non è mai stata così bene. «È il miglior decennio nella storia dell´uomo» proclama Charles Kenny che, sull´argomento, sta per far uscire il libro "Getting better", star meglio. «Se aveste potuto scegliere gli anni in cui vivere, i primi dieci del XXI secolo sarebbero stati quelli giusti» assicura Kenny, l´umanità non è mai stata così prospera, così pacifica, così sicura. Se un problema c´è, è che, nella frase "i migliori dieci anni mai vissuti", il "mai" ha due direzioni: il miglior decennio della storia passata, ma c´è il rischio che lo sia anche del futuro prevedibile. Gli anni d´oro sono, forse, già finiti.
Apparentemente, infatti, qualcosa non funziona. Il pianeta Terra, assicurano gli scienziati, non è mai stato così male. Così fragile, incessantemente colpito, ad esempio, da eventi che i meteorologi definiscono "estremi", nel senso di improbabili, sulla base dell´esperienza passata.
Spompato: le risorse che la natura mette a disposizione dell´uomo sono in costante, spesso irreversibile, diminuzione. Esattamente un anno fa, la rivista Nature sottolineava che, dei dieci sistemi biofisici che assicurano la vita sul pianeta, due (la biodiversità, cioè il numero di specie viventi, e il ciclo dell´azoto) hanno già superato il livello di guardia; tre (il cambiamento climatico, la riduzione dell´ozono nella stratosfera, l´acidificazione degli oceani) hanno raggiunto il limite; e gli altri cinque (fra cui la disponibilità di acqua dolce e l´inquinamento chimico) ci sono pericolosamente vicini. Dovrebbe suonare l´allarme rosso. E, invece, l´umanità se la sta cavando benissimo. La World Bank ha appena segnalato che, trent´anni fa, metà degli uomini viveva con meno di un dollaro al giorno. Oggi, solo un quarto. A livello mondiale, i redditi non sono mai stati così alti: in media, 10.600 dollari l´anno, un quarto in più di dieci anni fa. Le classi medie si espandono: 1,3 miliardi di persone vivono, oggi, con più di 10 dollari al giorno. Quarant´anni fa, il 34% dell´umanità veniva classificata come "malnutrita". Oggi, solo il 17%. Sempre tanti: un essere umano ogni sei. Un miliardo di uomini, donne, bambini vanno a dormire, stasera, tormentati dalla fame. Però, prima, erano uno su tre. C´è, infatti, più cibo: fra il 2000 e il 2008 i raccolti di cereali, nei paesi in via di sviluppo, sono cresciuti ad un ritmo doppio della popolazione.
Siamo, globalmente, più sani. Nonostante le paure suscitate dall´aviaria e dalla suina, le pandemie sono in diminuzione. La quota di bambini vaccinati contro difterite, tosse convulsa e tetano è arrivata all´82%. Nell´arco di otto anni, la mortalità infantile è caduta del 17% e, in media, l´aspettativa di vita è cresciuta di due anni. Spendiamo meno soldi per le armi e moriamo di meno in guerra. In Africa, nel 2000 46 mila persone erano state uccise in battaglia. Nel 2008, solo 6 mila. Siamo anche più istruiti: nel mondo, quattro persone su cinque sanno leggere. Fra il 2000 e il 2007, i giovani che vanno all´università sono aumentati dal 20 al 25 % del totale. E gli orizzonti della vita si ampliano: gli abbonamenti ai telefonini sono aumentati di sei volte negli ultimi dieci anni. Miliardi di persone non solo stanno meglio, ma sono in grado di dirselo per telefono.
Si potrebbe fare di più, vero, però il progresso è innegabile. L´indice di sviluppo umano, che l´Onu calcola ogni anno, è un indicatore che tiene conto, contemporaneamente, della ricchezza pro capite, dell´aspettativa di vita, dell´alfabetizzazione, dell´istruzione. È in costante ascesa da 35 anni, in ogni parte del mondo, Africa subsahariana compresa. Ma non sarà una misura fasulla, si è chiesto un gruppo di ricercatori, guidato da Clara Raudsepp-Hearne? La risposta, che esce in questi giorni sulla rivista Bioscience, è no, l´indicatore, per quanto sintetico, funziona. In singole regioni può andare peggio, ma, a livello globale, le statistiche puntano, più o meno, nella stessa direzione. L´articolo di Bioscience lo definisce «il paradosso degli ambientalisti»: l´ecosistema del pianeta si deteriora sempre più, ma il benessere dell´umanità si accresce. Non saremo, dunque, chiamati a scontare i nostri peccati? Neanche i disastri naturali sembrano piegarci. Dal 1975 ad oggi, il numero di persone colpite è aumentato e i contraccolpi economici di terremoti e inondazioni sono triplicati. Ma il numero di morti, globalmente, è diminuito. A quanto pare, «la capacità delle società di far fronte ai disastri naturali è cresciuta, grazie ai progressi tecnologici, ad una maggiore ricchezza, ad una migliore preparazione».
Davvero, diventando sempre più ricchi, possiamo vivere sempre meglio, in una Terra sempre più povera? Come è possibile? Clara Raudsepp-Hearne e i suoi colleghi esaminano tre possibili risposte. La prima è che c´è un fattore cruciale, che compensa tutti gli altri: la disponibilità di cibo. Il primo, e più importante, mattone del benessere è mangiare. «Globalmente, la produzione di cereali, carne e pesce ha più che tenuto il passo con la crescita della popolazione». Gli ecologi sottolineano l´erosione e la degradazione dei suoli, le carenze d´acqua, la rarefazione dei pesci «ed è probabile che, se queste cose venissero gestite meglio, il benessere umano sarebbe maggiore». Ma, finora, non gli hanno impedito di aumentare. «I benefici della produzione di cibo - dice Bioscience - al momento superano, a livello globale, i costi del declino degli altri ecosistemi».
Oltre che mangiare di più, ingegnarsi. Un´altra possibile risposta, infatti, è che i progressi della tecnologia stiano aiutando l´umanità a sganciarsi dalla dipendenza dall´ecosistema. Ad esempio, l´uso dei fertilizzanti ha finora più che compensato il declino nella fertilità dei suoli. Questa seconda strada, tuttavia, funziona meno: più dell´ingegno, può l´ingordigia. Infatti, «un uso sempre più efficiente delle risorse può consentire all´umanità di sopravvivere nonostante il loro declino, ma solo fino a quando i guadagni in efficienza superano la riduzione delle risorse». Invece, «la crescita della domanda ha superato i miglioramenti in efficienza», come dimostra il caso del petrolio. Oltre alla tecnologia, ci vuole la parsimonia.
Se non abbiamo ancora scontato i nostri peccati - è la terza, minacciosa, possibile risposta - è perché c´è uno scarto temporale fra la degradazione dell´ecosistema e il suo impatto sul benessere umano. Lo scenario di Nature non è sbagliato: semplicemente, ancora non si è realizzato. Lo sfruttamento sempre più intensivo delle risorse del pianeta ha consentito all´umanità i progressi di questi anni, ma questo è avvenuto dilapidando il patrimonio dell´ecosistema. Prima o poi, ci sarà la resa dei conti. Ecosistemi stanno già collassando a livello locale, come nel caso delle barriere coralline, delle riserve di pesca, dei ghiacciai. Il concatenarsi di questi collassi locali può avere effetti globali. Le società umane - nota Bioscience - hanno già dimostrato in passato un´alta capacità di adattamento alla degradazione degli ecosistemi che le circondavano. Ma, questa volta «sarà diverso e, probabilmente, più difficile», perchè, se il collasso è globale, non è possibile emigrare o importare da altri luoghi le risorse mancanti. Insomma, i primi dieci anni del XXI secolo saranno anche i migliori della storia, ma c´è il rischio concreto che, da qui, si torni solo indietro. Avete presente Vil Coyote? Al blogger ambientalista David Roberts, l´attuale ascesa dell´umanità fa venire in mente il celebre personaggio dei cartoni animati della Warner Bros, abbrancato al suo missile che schizza verso l´alto. «Ma che dici che è in pericolo, non vedi che va su?» dice qualcuno. Finché la legge di gravità, inevitabilmente, non si fa sentire. Già ci siamo, sembrano dire alcuni segnali. In America, nell´ultimo anno, il numero di poveri ha ripreso a salire: mai così tanti da cinquant´anni. Oggi, la Fao annuncerà che il numero di persone che soffrono la fame, nel mondo, ha smesso di scendere. I "dieci anni migliori" ce li stiamo lasciando alle spalle.