Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2010  settembre 14 Martedì calendario

Hasan Nidal

• Malik Arlington (Stati Uniti) 8 settembre 1970. Maggiore psichiatra, il 5 novembre 2009 compì la strage di Fort Hood (13 morti e 30 feriti finché non fu colpito dal sergente Kimberley Monley) • «[…] Nonostante fosse stato promosso di recente e insignito di tre meda glie, Hasan si sentiva discriminato in quanto musulmano, si infuriava perché lo chiamavano “il cammelliere”. Inoltre avrebbe dovuto affrontare la prova più dura: una missione in Afghanistan o in Iraq. Lui, che si era occupato di reduci, temeva di non farcela. “Era un incubo, aveva già visto troppo”, ha rivelato un cugino. C’era poi la questione del matrimonio. Aveva cercato, con l’aiuto della moschea, una moglie “religiosa” ma non vi era riuscito. Disagi — veri o presunti — nascosti agli estranei e ai vicini. […] Nato ad Arlington (Virginia) da genitori palestinesi emigrati negli Usa, islamico praticante, Hasan si diploma al Virginia Tech, l’ateneo dove nel 2007 uno studente d’origine coreana ha compiuto un eccidio. Dopo la laurea si specializza, quindi dal 2003 lavora al “Walter Reed”, ospedale che assiste i reduci. È qui che Malik ha il primo impatto con la sofferenza vera: soldati mutilati o afflitti da turbe. I medici provano a ricostruirli, ma non è facile. E non lo è neppure per Hasan. I superiori ritengono che non sia adeguato. A sua volta lo psichiatra si sente emarginato perché islamico. Una situazione — spiega un cugino — aggravatasi dopo l’11 settembre. I colle ghi rammentano che Hassan non gradiva essere fotografato vicino alle donne. Un altro aggiunge che in una occasione aveva mostrato “soddisfazione” per l’uccisione di soldati americani. Lo psichiatra, certo, non ha mai celato la sua avversione ai conflitti in corso. Quando Obama non ha ordinato il tutti a casa la sua delusione è cresciuta. E potrebbe essere divenuta rabbia esplosiva dopo il trasferimento […] a Fort Hood, tappa necessaria per la successiva partenza per la missione all’estero. La base era il posto meno adatto ad Hasan, vista la presenza di migliaia di veterani — molti sotto stress — o di novellini inquieti. […] L’insieme di fattori — personali, professionali, religiosi — può aver innescato la “bomba ad orologeria” Hasan. Cittadi no americano ma con radici lontane, depresso, il maggiore ha deciso di uscire dal tunnel in modo eclatante. Esattamente come hanno fatto molti attentatori suicidi. […]» (Guido Olimpio, “Corriere della Sera” 7/11/2009) • «[…] frequentava la moschea di Falls Church in cui predicava Anwar al-Aulaqui, l’imam del terrore che allevò i dirottatori dell’11 settembre. Ma i contatti con l’islamico che l’Fbi ritiene “un esponente di primo’ordine” della galassia radicale non si limitarono al periodo in cui viveva in Virginia. L’intelligence ha ammesso […] di avere intercettato […] una serie di mail tra il killer di Fort Hood e l’imam ora fuggito in Yemen […] I federali giurano che le intercettazioni non cambiano il quadro delle indagini: il maggiore killer […] ha agito da solo. Ma […] l’esercito e l’Intelligence potevano fermare lo psichiatra - killer? Sospettato di aver messo mesi fa sul web un post in cui esaltava i kamikaze di Al Qaeda, Nidal era già stato segnalato da un collega come “una bomba umana a orologeria”, quando all’Uniformed Service University aveva tenuto un seminario dal titolo “Perché la guerra al terrore è una guerra all’Islam” […] Gli investigatori continuano a credere che il movente della strage vada cercato in quel mix di “stress combat”, risentimento personale e coltura estremista: eccola la miscela che avrebbe fatto scattare il grilletto della FN Herstal da 5.7 che il neopromosso maggiore aveva acquistato pochi giorni dopo essere stato trasferito, il 15 luglio […] dall’ospedale Walter Reed di Washington a Fort Hood, in vista dell’inevitabile spostamento in Afghanistan. […] Nidal era un volontario, entrato nel 95, ma dopo l’11 settembre (e la morte dei genitori) il suoi disagio era cresciuto. Aveva assunto anche un avvocato militare per cercare di smettere le stellette. Niente. […]» (Angelo Aquaro, “la Repubblica 10/11/2009).