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 2010  settembre 14 Martedì calendario

BUSI LASCIA IL TESTAMENTO MA IN REALTA’ È GIA’ MORTO

Ieri Aldo Busi ha affidato a Dagospia le sue volontà testamentarie. Per lo scrittore che non si è negato nulla - sventolando davanti agli occhi del pubblico la sua intimità, le sue nudità e tutto quello che stava in mezzo fra le due-nonci poteva essere luogo migliore ove depositare le istruzioni per la sepoltura. Nel grande moltiplicatore di gossip di D’Agosti - no, il testamento di Busi suscita grande scalpore e rimbalza in tutte le redazioni, su tutti i media. Allo stesso tempo, però, passa inosservato. Dopo pochi minuti viene surclassato dalle altre notizie di giornata, diventa una gocciolina nel mare delle futilità quotidiane. «Desidero essere cremato tre giorni dopo la mia morte: dopo una vita apparente, mi mancherebbe solo una morte apparente per sbroccare del tutto», scrive Busi. «Anche se a tale riguardo e procedura non ho provveduto in anticipo, dati i continui spostamenti da un posto all’altro, penso non sia di troppo disturbo far prelevare il mio cadavere e destinarlo al più vicino forno crematorio». Poi - dopo aver fornito minuziose indicazioni per la cremazione - più tristemente, chiede di poter sparire, di non lasciare tracce di sé. «Non ci sarà, va da sé, alcuna funzione religiosa né veglia né esposizione pubblica delle spoglie del cotanto, la gente se ne stia a casa propria evitando di sporcarmi in giro almeno stavolta, grazie. Non voglio in alcun modoche ci sia in alcun luogo, e tantomeno a Montichiari, una lapide nemmeno simbolica dove possano adunarsi i soliti fanatici dell’omaggio postumo, lasciando magari letterine con pretese letterarie. Spero non si osi in alcun luogo mai usare una strada per fregiarsi dell’immeritato onore di averla dedicata al mio nome». Questa richiesta potrebbe suonare coerente, trattandosi di Busi. Scomparendo il feticcio dell’autore, rimarrebbero soltanto le sue opere, ovvero ciò che di più importante e significativo ha lasciato. «Avrei preferito una fossa comune in un terreno neutro senza lapidi né contrassegni idolatrici di sorta, ma purtroppo non c’è», spiega l’Aldo. «Io non “volo in cielo” o altrove né “riposo” come un comune animale umano, una volta morto, sono morto e basta. Inoltre: il cadavere non subisce trasporti, nel senso che se muoio in un ospedale in Italia la partenza verso il forno crematorio più vicino parte da lì e le ceneri vengono versate seduta stante nel contenitore più a tiro senza dover subire il ridicolo rito della “dispersione” in un dato luogo “della memoria” (mi sono tutti indifferenti, dalla roggia sotto casa alla prima ansa di autostrada al sacco della raccolta carta, visto che, tignose, perdureranno parecchie cellule di cellulosa anche a combustione sopravvenuta)». Alla morte di Busi, dunque, svanirebbe il busismo, ci resterebbe Seminario sulla gioventù in tutte le sue versioni, poi Sodomie in corpo 11, lo splendido volume Sentire le donne. Ovvero le pagine che permettono a Busi di essere ciò che è, di fare il papa omosessuale e il rivoluzionario del nulla, di criticare tutto e tutti in nome, soltanto, di se stesso e della sua libertà. Ma se Aldo vuole così tanto scomparire nel nulla, perché continua a coltivare l’ipertrofia del suo personaggio? Il Busi scandaloso, l’Au - tore con la “A” maiuscola è svanito nel nulla chissà quanti anni fa, forse dieci. Ma pure l’icona televisiva Aldo Busi è svanita. L’uomo che si vestiva da donna, che ribaltava le platee da Costanzo, che non aveva paura di violare nessun terreno proibito. L’ultima grande trasgressione fu la collaborazione con “Amici” di Maria De Filippi. Poi, la decadenza. Che cosa rimane di Busi, ora? Le polemiche all’Isola dei famosi? Gli inutili strali contro la Chiesa cattolica? Le sparate bacchettone contro Berlusconi «vecchio che ama le ragazzine»? Quanto è più trasgressivo di lui il gay credente Alfonso Signorini... Busi sopravvive grazie ai messaggi in bottiglia inviati a Dagospia, che fanno sorridere un poco e poi vengono inghiottiti dal mare delle cosette superficiali. Così, quello che era il più grande scrittore italiano vivente, non ha bisogno d’esser cremato. Si è già spento da solo, è svanito inghiottito da se stesso e dalla piccolezza in cui si è confinato. Resteranno, speriamo, i suoi libri. Dopo la morte, se vuol negarci un contatto con lui, bruci quelle. Allora sì, che sarebbe un peccato. L’ultimo, grande, peccato.