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 2010  settembre 14 Martedì calendario

LA LEGA RICORDA IL PCI. STA PERDENDO LA SUA IDENTITA’


Una stagione politicamente confusa quella che viviamo, dove quasi tutti sono in cerca di una identità smarrita mentre qualcuno che l’aveva la sta perdendo. Il riferimento è alla Lega che sembra stia percorrendo, mutatis mutandis, il cammino del vecchio partito comunista. Quest’ultimocominciò conla lotta di classe e la rivoluzione proletaria di Togliatti e finì con Berlinguer che disse che si sentiva più sicuro sotto l’ombrello della Nato e Occhetto che chiedeva scusa agli italiani alla Bolognina. La Lega cominciò quasi vent’anni fa sbandierando la prospettiva, ridicola sin da allora in verità, della secessione della Padania. Due bugie in una perché nessuno più di Bossi sapeva chenon c’era la Padania,néin terminigeografici, né in termini antropologici e culturali, e che la secessione non solo non sarebbe venuta mai, ma la stragrande maggioranza dei cittadini del Nord la riteneva poco più di una balla, avendo nel cuore e nella mente un forte sentimento di unità nazionale. Da un bandiera rivoluzionaria come la secessione lentamente si è scivolato verso un blando federalismo. Anzi, per amore di verità, il processo messo in atto è un decentramento di responsabilità fiscale verso le Regioni e gli enti locali, che hanno la responsabilità di oltre il 65% della spesa pubblica. Niente a che vedere con il federalismo americano che unisce 51 Stati che tali erano e tali sono rimasti trasferendo alcune competenze al potere centrale definito, per l’appunto, federale. D’altro canto non è un caso se si parla dello stato della Louisiana o del Texas. La stessa struttura giuridica ha la Germania federale con i suoi Länder federati, mentre il processo avviato, nona caso, dal nostro ministro dell’eco - nomia, è un decentramento di alcunecompetenze finanziarie e di altre già iscritte nellaCostituzione che prevedeva quelle Regioni, nate poi nel 1970. La controprova è che nessuno, nemmeno la Lega, ha mai pensato di modificare l’articolo 1 della nostra Costituzione, che, ove ci fosse un federalismo vero, dovrebbe recitare: «L’Italia è una Repubblica federale», mentre recita giustamente: «L’Italia è una Repubblica democratica ». Il nostro, dunque, lo chiameremo pure federalismo, ma tale non è (e noi non siamo assolutamente disperati). E come sempre le rivoluzioni urlate non si fanno mai. Ma c’è di più. Giustamente Stefano Folli sul “Sole 24 ore”, nota questo progressivo sfarinamento della Lega e delle sue politiche, anche se, in chiave di sondaggi, tesaurizza al momento le difficoltà del PdL e dell’intera sinistra dalla quale arrivano non pochi militanti leghisti. Basterebbe ricordare i no di Bossi all’eliminazione delle Province (impegno assunto in campagna elettorale) non appena ne ha conquistate diverse con l’annesso potere. E così lentamente della vecchia rivoluzione leghista è rimasto il divertente rito dell’ampolla riempita con l’acqua della sorgente del Po, mentre sta emergendo l’antico italico lamento del “tengo famiglia”. Ciò che hanno riportato i giornali sulla giunta regionale del Piemonte guidata dall’ottimo Cota (uno dei migliori dirigenti leghisti), se fosse vero, sarebbe un precedente assoluto nella storia della Repubblica italiana. Decine di familiari tra mogli, mariti, fratelli e sorelle e forse anche qualche nipote sono stati assunti dai vari assessori regionali nelle proprie segreterie. Naturalmente ciascun assessori assumeva il parente dell’altro, perché è giusto salvare le apparenze. Anche questa, a pensarci bene, può essere una rivoluzione perché finalmente ritorna al centro la famiglia. E così sia, con tanti saluti al federalismo, alla secessione e alla fine anche all’acqua del Po, perché prima o poi il rito pagano si modernizzerà e si brinderà con la Coca-Cola.