Anna Maria Merlo, il manifesto 12/9/2010, 12 settembre 2010
FRANCE TELECOM, SUICIDI IN LINEA
Cinque lavoratori di France Telecom si sono suicidati negli ultimi quindici giorni. La notizia è stata confermata con «costernazione e tristezza» dalla direzione della compagnia, che però precisa di «non tenere la contabilità» di questi drammi anche se, ha promesso, verranno fatti «esami approfonditi delle situazioni professionali di ognuno di questi lavoratori».
Secondo il sindacato Unsa, due persone lavoravano nella regione di Rennes, una nel nord, una a Tolosa e una nella regione parigina. «Questi lavoratori non si conoscevano - precisa la direzione - non avevano legami tra loro e lavoravano in settori distinti».
I suicidi delle ultime settimane portano a 23 il numero delle persone che si sono tolte la vita a France Telecom quest’anno. Questa ondata di suicidi fa seguito ai 35 casi del 2008-2009, che avevano sollevato una forte indignazione e avevano spinto France Telecom non solo ad allontanare Didier Lombard, il presidente che aveva osato parlare di «moda dei suicidi», sostituito da Stéphane Richard, ma anche a mettere in atto una trattativa sullo stress sui luoghi di lavoro, dopo i risultati di un questionario a cui aveva risposto più dell’80% dei 102mila dipendenti.
Nessuno dei cinque suicidi si è tolto la vita sul luogo di lavoro, come invece era successo per alcuni casi precedenti. Uno di loro, un consigliere di clientela, si è gettato da un ponte dopo aver lasciato il lavoro.
Stéphane Richard, appena arrivato alla testa di France Telecom, aveva promesso di «rimettere il fattore umano al cuore» dell’impresa. Oggi i sindacati non lo criticano direttamente ma si interrogano, invece, sulla strategia dello stato, che resta il principale azionista (26%) della compagnia di telecomunicazioni francese, privatizzata nel 2004, dopo essere stata trasformata in società per azioni nel ’97. Secondo Sébastien Crozier, dell’Unsa, «lo stato ha preteso 11 miliardi di dividendi in tre anni. Questo impedisce a Stéphane Richard di avere un vero progetto industriale entusiasmante. La gente si chiede come riusciranno» a versare allo stato i dividendi richiesti.
Restano, cioè, le angosce di sempre, che hanno spinto così tanti lavoratori a togliersi la vita. Le pressioni sul lavoro continuano. Secondo il sindacalista, a questa angoscia se ne è aggiunta un’altra, recente: «La ripresa dell’autunno e l’angoscia generata dalla questione delle pensioni tra i dipendenti di France Telecom porta a dirsi che bisognerà lavorare due anni di più, rende il clima pesante». Secondo Christian Mathorel della Cgt, Stéphane Richard ha le mani legate: «Per rimettere l’umano nel cuore dell’impresa, bisogna avere i mezzi. La questione dell’occupazione e quella dei metodi di management pongono ancora problema». Secondo la Cgt «dobbiamo constatare che le prime misure prese da Stéphane Richard sono lontane dal rispondere ai bisogni di trasformazione dell’impresa». Secondo l’Unsa, l’estate è stata relativamente calma. Ma il numero di suicidi è improvvisamente cresciuto con la ripresa dell’autunno, anche perché «i responsabili della crisi morale non hanno ricevuto nessuna sanzione»: Didier Lombard, l’ex presidente, è ancora nella direzione del gruppo, anche se in un posto non operativo.
Il terremoto che ha scosso France Telecom risale al 2004, con la parziale privatizzazione. La compagnia pubblica deve affrontare la concorrenza agguerrita dei nuovi operatori. Parallelamente, è in corso una veloce rivoluzione tecnologica. Vecchi mestieri vengono spazzati via, la telefonia mobile prende il sopravvento su quella fissa, nasce il marchio Orange. Ai vecchi dipendenti, che hanno lo statuto di funzionario pubblico, viene chiesto di abbandonare la filosofia di «servizio pubblico» e sono messi sotto pressione per raggiungere una produttività da settore privato. Arrivano i giovani, assunti con contratti di diritto privato, la concorrenza interna angoscia. I manager adottano sistemi all’«americana», viene imposto un programma, il Ttm, «Time to Move», che comporta anche continui trasferimenti di posto.
I dipendenti si sentono inadeguati, giudicati, temono per il posto di lavoro, visti i licenziamenti che si abbattono per ridurre i costi. La solidarietà interna tra lavoratori si attenua.