Lucilla Incorvati, Il Sole 24 Ore 12/9/2010, 12 settembre 2010
IL VINO RENDE FINO AL 30% L’ANNO - C’è
già chi incrocia le dita. A dispetto di un anno caratterizzato da sbalzi di temperatura e livelli di piovosità elevati, questo settembre promette bene e con la vendemmia 2010 molti puntano a firmare un grande millesimo. Ma la stagione della vendemmia c’entra ben poco con le valutazioni dei vini da collezione, un investimento spesso decorrelato dall’andmento dei mercati finanziari e che negli ultimi anni ha dato grosse soddisfazioni a chi vi ha creduto. Le bottiglie da investimento per dare un rendimento devono rispondere a logiche diverse. Rarità dell’etichetta, annata di pregio e domanda elevata. E poi avere la capacità di saper vendere e comprare al momento opportuno. Caratteristiche che spesso hanno solo certe etichette francesi (dai Bordeaux Lafite-Rothschild e Mouton-Rothschild ai Romanée-Conti e Richebourg della Borgogna) e che garantiscono un ritorno certo sull’investimento. Un esempio? Lo Chateau Lafite annata 2000 acquistato nel 2005 a 400 euro a bottiglia oggi si vende intorno ai mille euro. Niente male. E per avere un’idea di quanto si apprezzi nel tempo questo investimento basta tener d’occhio, il Liv-Ex 100, l’indice che rappresenta le 100 bottiglie più ricercate e scambiate al mondo. Nell’ultimo anno ha messo a segno una performance del 30%, decisamente più alta rispetto al +2,81% dello S&P 500 e del 6,49% dello Stoxx 600. Solo l’Oro, che proprio in settimana ha raggiunto il suo record storico è andato di pari passo. E i vini italiani? Per quanto in fatto di gusto alcuni gran cru italiani non hanno nulla da invidiare (Masseto, Sassicaia, Brunello di Montacino, Amarone) ai vini d’oltralpe, nel mondo del collezionismo internazionale (fortemente in crescita quello asiatico) solo da qualche anno si stanno facendo largo. Tra i più liquidi c’è il Masseto (tenuta Ornellaia). L’annata 2001 che nel 2005 costava 200 euro a bottiglia oggi ne vale 500. Oppure il Sassicaia (molto bene l’anno 2006): tra le annate top il 1985 che vale circa mille euro. E poi il Solaia di Antinori (annata 1997), l’Ornellaia 1998, il Barolo Monfortino 2001, il Barolo e il Barbaresco riserva di Bruno Giacosa (2000 e 2001) e tra gli outsider si fa largo l’Amarone. Quello dell’investimento in vino è però un settore veramente off limits per i non specialisti. Chi ha deciso di diversificare i propri investimenti in questa asset class molto particolare «è bene che deleghi a chi seleziona e acquista non per passione ma per avere ritorni sicuri – spiega Alberto Cristofori della WineTips, società milanese che opera nel settore – ed è indirizzato a certe bottiglie (le cosiddette blue chips del vino), quelle che danno guadagni molto elevati in tempi anche relativamente brevi». Chi investe nel vino spesso le bottiglie non le vede neppure perché si rivolge all’intermediario specializzato che in base al capitale decide tipologia, tagli (la soglia di ingresso è di almeno 50mila euro) e soprattutto tempi di compravendita. Per provare a guadagnare con il trading delle bottiglie ci si può affidare anche ai fondi di investimento specializzati, il cui sottostante è costituito da etichette di pregio. Uno dei più grandi investment fund è Vintage Wine Fund, lanciato nel 2003, domiciliato alle Cayman con un portafoglio concentrato sui Bordeaux antichi. In Italia dal 2008 opera Noble Crus, una Sicav Sif (Specialise Investment Fund) di diritto lussemburghese, Noble Crus. Il fondo, che ha una soglia minima di ingresso pari a 125mila euro, punta a investitori istituzionali (banche e family office) e da oggi ha messo a segno un rendimento del. Infine, un’altra possibile forma di investimento è costituita dalle società spa come Winecapital, società per azioni con sede a Milano.