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 2010  settembre 12 Domenica calendario

Per comprendere l’America da cui viene il reverendo Terry Jones bisogna varcare la frontiera che separa le due Gainesville: la città universitaria multietnica e la periferia agricola tutta bianca dove a tenere banco sono i fucili, le birre fatte in casa e il fieno per il bestiame

Per comprendere l’America da cui viene il reverendo Terry Jones bisogna varcare la frontiera che separa le due Gainesville: la città universitaria multietnica e la periferia agricola tutta bianca dove a tenere banco sono i fucili, le birre fatte in casa e il fieno per il bestiame. Newberry è uno dei centri di questa fascia contadina che circonda la città e qui le tesi del pastore Terry Jones non destano troppo scalpore così come le critiche si concentrano sull’«eccesso di copertura da parte dei media». Dei circa 120 mila abitanti di Gainesville quasi 80 mila vivono dentro la zona urbana che ruota attorno all’Università della Florida, una roccaforte liberal che da sempre vota democratico e questa sera darà vita ad un sit in interreligioso, ma i rimanenti 40 mila sono i meno colti e più poveri residenti nelle aree agricole, dove le fattorie sopravvivono grazie ai sussidi statali, i giovani anziché studiare allevano bestiame e i genitori parlano poco di politica perché chiunque governi a Washington non gli piace affatto. Si tratta di due realtà, una opposta all’altra, che in comune hanno solo la topografia. Quella universitaria è popolata di studenti provenienti da cinque continenti, docenti di scienze e medicina, dipendenti e ricercatori del centro ospedaliero che la sera affollano i locali lungo la Main Street, dalla Community Plaza all’Ippodrome Theatre, per mangiare fusion e ascoltare musica jazz. Considerano il pastore islamofobo Terry Jones una via di mezzo fra un maniaco e un fastidio. Ai banchi di «Harry’s» gli studenti ne pronunciano il nome facendo smorfie che palesano un rifiuto quasi fisico, da «Dragonfly» le cameriere assicurano che «quel pazzo e i suoi seguaci qui non li abbiamo mai visti» e la cassiera del teatro liquida la minaccia del rogo del Corano come «un problema che riguarda solo la polizia». Ma questa è la voce della Gainesville multietnica, benestante e giovane - dove Michelle Obama venne a fare comizi per il marito durante le presidenziali del 2008 - mentre a meno di 20 minuti di auto di distanza la «Pickett Weaponry» di Newberry è la porta d’ingresso ad un’altra America. L’armeria è uno dei negozi più affollati dagli agricoltori dei paraggi che vi vengono ad acquistare di tutto: fucili da guerra M16 a 850 dollari, mitragliatrici calibro 50 a oltre 2000 dollari, casseforti da 1750 dollari per poter tenere al sicuro le armi, sciabole, munizioni di ogni tipo e perfino «fucili per bambini» - come li chiama il commesso ispanico - colorati di rosa per essere adatti anche alle femmine nonché in grado di sparare proiettili calibro 20, considerati alla stregua di pallottole-giocattolo «utili per allenarsi in qualsiasi ora della giornata». Al centro della «Pickett Weaponry» c’è un lungo tavolo per l’esposizione degli esemplari più venduti di fucili, mitragliatori e pistole. La proprietaria da qualche giorno ha deciso di mischiare a queste armi dozzine di libretti tascabili con il testo della Costituzione mettendo bene in evidenza gli emendamenti più popolari fra la clientela: il 2° che tutela il diritto del porto d’armi e il 1° sulla libertà di espressione, a cui Jones si è richiamato per affermare il diritto di bruciare il Corano. «Per noi la Costituzione è sacra, non c’è niente di più importante del testo scritto dai Padri Fondatori degli Stati Uniti», spiega un uomo anziano che è talmente intento a esaminare un M-16 da scusarsi perché «non ce la faccio adesso a parlare di Jones». Davanti all’armeria è parcheggiato un camion di «Remington», il produttore di cartucce, ed è strutturato come uno stand itinerante: consente a famiglie con bambini di entrare e verificare l’efficacia delle pallottole studiate appositamente per centrare alci, daini e anatre selvatiche. A duecento metri di distanza c’è il pub «West End Lounge & Package» dove gli agricoltori cinquantenni Barr e Steve passano i pomeriggi giocando a biliardo circondati da birre rigorosamente prodotte in distillerie locali. C’è anche chi si vanta di saperle confezionare in casa. «Bisogna chiedersi perché tutti ce l’hanno così tanto con Jones», esordisce Barr, corporatura possente e tatuaggi in abbondanza, secondo il quale «la verità è che nascoste dentro il Corano ci sono molte cose non buone delle quali si parla poco». Steve è magro, porta una bandana colorata e sul trattore ha lasciato tre delle cinque dita della mano destra, quando parla di Terry Jones non fa altro che ridere e se la prende con «il grande circo dei media che si occupa più di questo oscuro pastore che non delle migliaia di morti musulmani causati dai terroristi islamici». Steve e Barr sono due «Bubba», come si chiamano fra loro i «Redneck» dell’entroterra, mentre gli afroamericani riservano loro il termine dispregiativo di «Crackers» per assimilarli a coloro che «frustavano» gli schiavi. Il loro sostegno non dichiarato per il rogo del Corano arriva con la frase di Barr: «Jones voleva fare la cosa giusta ma nel modo più sbagliato, questo è stato l’errore». È un linguaggio convergente a quello di Cindy Rosario, quarantenne titolare di «Midwest Feed» ovvero il maggior fornitore di fieno e biada alle fattorie di Newberry. Rosario discende da immigrati dalla Sicilia insediatisi nel Nord della Florida oltre un secolo fa: «Abbiamo sempre vissuto qui grazie a fieno, mucche e fucili, siamo gente che lavora duro e fa sacrifici, non mi piace quando se la prendono con tutti noi per colpa di Jones, i media sono alla ricerca di facili colpevoli». A tastare il polso alle due diverse Gainesville è stato il giornale locale - il «Sun» - chiedendo a un campione di circa 1000 residenti un’opinione sul progetto del rogo di Corani: sebbene la maggioranza si sia detta contraria in 600 hanno risposto che «il pastore ha diritto di farlo» e ben 230 si sono spinti fino al «siamo del tutto d’accordo». A conti fatti ciò significa che il sostegno per Jones va ben oltre la piccola Chiesa di cinquanta fedeli che guida, svelando un’ostilità nei confronti dell’Islam che appare radicata nelle famiglie di agricoltori, impegnate a tentare di sopravvivere all’impatto della crisi economica.