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 2010  settembre 13 Lunedì calendario

L’uomo dei misteri che voleva Montecitorio - Ma chi il protagonista dell’ultimo affaire giudiziario che sta facendo tremare la politica e che costringe il presidente del Consiglio a intervenire sulla «moralità» dei vertici del suo partito? Arcangelo Martino, napoletano, politico della Prima Repubblica dal non eccelso curriculum (dapprima sindacalista della Cgil come suo padre e sua madre, assessore al Comune di Napoli, arrestato per via della Tangentopoli napoletana, ma poi prosciolto) si presentava da ultimo come imprenditore, ma era la politica la sua passione travolgente

L’uomo dei misteri che voleva Montecitorio - Ma chi il protagonista dell’ultimo affaire giudiziario che sta facendo tremare la politica e che costringe il presidente del Consiglio a intervenire sulla «moralità» dei vertici del suo partito? Arcangelo Martino, napoletano, politico della Prima Repubblica dal non eccelso curriculum (dapprima sindacalista della Cgil come suo padre e sua madre, assessore al Comune di Napoli, arrestato per via della Tangentopoli napoletana, ma poi prosciolto) si presentava da ultimo come imprenditore, ma era la politica la sua passione travolgente. I trascorsi socialisti, le visite a Craxi all’hotel «Raphael», la conoscenza con Silvio Berlusconi (e Martino rivndicò con orgoglio, salvo poi pentirsene, di avere presentato lui al Cavaliere il papà di Noemi Letizia) sono sempre all’apice dei suoi pensieri, e da quanto ha spiegato nell’ultimo interrogatorio è da qualche anno che Martino ambiva a rientrare nel giro grosso. La sua speranza era una candidatura nel Pdl. Fu per questo motivo - ha spiegato al pm Giancarlo Capaldo che lo interrogava in una saletta del carcere di Poggioreale il 19 agosto scorso - che Martino si sarebbe accodato a Flavio Carboni e a Pasquale Lombardi. Del primo non c’è quasi bisogno di parlare: massone, faccendiere, con entrature dappertutto. Il secondo, geometra con la passione per la magistratura, pseudogiudice anche lui che si presentava come «collega» a qualsiasi magistrato incontrasse, ex sindaco dello stesso paese di Martino, gli avrebbe fatto balenare un rientro alla grande nella politica attraverso la via giudiziaria. Ora, scontato che Martino abbia fatto di tutto nell’interrogatorio del 19 agosto per presentarsi come «inconsapevole» pedina dei suoi due compari, al punto da avere speso di tasca sua 5-6mila euro per un appuntamento a Milano, altrettanto per uno a Napoli e poi ancora 40 mila euro perché Lombardi facesse bella figura nell’organizzare i «suoi» convegni (soldi che servivano per noleggiare un aereo privato e portare in Sardegna i governatori Bassolino e Formigoni a un inutile simposio sul federalismo), Martino è però anche diventato il principale collaboratore nell’inchiesta sulla P3. Ecco perché la procura ha dato parere favorevole alla richiesta di scarcerazione. Ed ecco perché si attribuisce tanta importanza alle sue parole di ammissione quanto al nomignolo «Cesare», che nel codice dei tre arrestati stava per Silvio Berlusconi. Da lui i giudici si attendono grandi rivelazioni. L’uomo in effetti è a conoscenza di molti fatti. Nel 1996, per dire, scarcerato con tante scuse, Martino conosce Marcello Dell’Utri, anche lui alle prese con la giustizia. «Con lui ho avuto rapporti continuativi fino al mio arresto», dice nel corso dell’interrogatorio. Meno frequente, se non nell’ultimo anno, è invece il rapporto con Denis Verdini. S’appassionava, Martino, anche alla politica locale in Campania. E quindi eccolo parteggiare per la candidatura di Arcibaldo Miller, il magistrato a capo degli ispettori ministeriali, suo amico di lunga data, oppure il giovane Ernesto Sica, sindaco di Pontecagnano, fortemente sponsorizzato dal procuratore capo di Salerno Umberto Marconi. Sica si attendeva molto - ha raccontato Martino - e in effetti fu nominato assessore regionale della Campania sulla base di pressioni fortissime da Roma. «Da lui seppi che Berlusconi gli doveva la caduta del governo Prodi in quanto si era adoperato con l’aiuto di un imprenditore amico di Sica e ben conosciuto da Berlusconi per convincere, previo esborso di ingenti somme di denaro, alcuni senatori a votare contro Prodi».