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 2010  settembre 13 Lunedì calendario

PADRI SEPARATI PER GIORGIO


Matteo Sereni, 35 anni, portiere del Brescia, migliore in campo domenica contro il Palermo (3-2 il risultato, grazie anche ai voli e ai guizzi del numero uno), nell’intervista a caldo dopo la partita: «Sono contento di essere stato il migliore in campo, così ho la possibilità di dedicare le mie parate ai miei due figli che non vedo da troppo tempo e non per colpa mia».


Matteo Sereni si è separato dalla moglie Silvia un anno fa. «Si conobbero quando lei si occupava di pubbliche relazioni per alcune discoteche genovesi, fu un amore dirompente con tanto di matrimonio esotico su una spiaggia giamaicana. Un’unione atipica e duplice, perché Silvia era anche la procuratrice del marito: fece scalpore il duro scontro che la signora ebbe con Claudio Lotito, presidente laziale, quando Matteo giocava a Roma. Donna che non teme il muro contro muro e non solo nella professione, la signora Sereni cura anche gli interessi di David Di Michele, appena passato dal Torino al Lecce. Nel primi mesi dopo la separazione, Matteo poteva vedere i figli col contagocce, e da giugno non riesce neppure a sentirli al telefono. Così, l’unico modo per comunicare con Giorgia, 5 anni e con Simone, 9 anni, è stata l’intervista televisiva dopo la formidabile partita» (Maurizio Crosetti, la Repubblica 13/9/2010).

«Il messaggio scritto dal calciatore dentro quella specie di bottiglia che può essere una telecamera, nel giorno in cui il Brescia tornava a giocare e vincere in serie A, in casa, dopo cinque anni, è identico a quello che decine di migliaia di padri separati affidano ogni giorno al web, dove non si contano le associazioni che li tengono uniti, dando possibilità di sfogo e ascolto condiviso, oltre ad assistenza legale e consigli pratici. Su Internet colpiscono le storie di questi uomini, dentro blog e siti che si chiamano "Caro papà", "Figli contesi", "Forza papà", "Figli negati" oppure "Papà separati": dove, per separati, bisogna intendere dai figli e non solo dalle mogli. Gallerie fotografiche toccanti, nelle quali i padri sfilano cullando bambolotti che simboleggiano i bimbi contesi, e forse perduti. Non è raro che sullo sfondo delle battaglie tra genitori possa esplodere la tragedia: negli ultimi dieci anni, sono stati uccisi in raptus o a sangue freddo 158 minori, trasformati in oggetto di vendetta e follia. Ma vi sono anche pagine e pagine di testimonianze, di sofferenza ma anche di indigenza, perché proprio tra i padri separati sta crescendo enormemente la percentuale dei nuovi poveri che si rivolgono alla Caritas o ai servizi sociali, appelli e lettere che si rivolgono ai piccoli lontani. Un po’ come ha fatto Sereni. E la sensazione, molto forte, è che in quei pochi secondi di intervista (gli importava davvero qualcosa, ormai, della grandiosa partita appena disputata?), l’anziano portiere parlasse e soffrisse a nome di tanti». (Maurizio Crosetti, la Repubblica 13/9/2010).

Nel 2009, 100.252 bambini (66.406 dei quali minori) sono stati coinvolti in separazioni non consensuali, e 49.087 in divorzi. Nell’85 per cento dei casi, i giudici affidano i figli alle madri, e spesso gli accordi e gli obblighi sul tempo da concedere ai papà vengono disattesi o ignorati.

Salvatore Garofalo, presidente dell’associazione Papà separati Palermo: «Ciò che è successo a Sereni è purtroppo un fatto comune nel nostro Paese. Da noi, dopo la separazione e l’affidamento del minore alla madre, se il padre lo può vedere bene, se non può, pazienza. A Bruxelles, per esempio, non potrebbe accadere che Silvana non faccia vedere a Matteo i figli da giugno, perché il giudice, accertato il comportamento ostativo della madre, affiderebbe i minori al padre».

Ernesto Emanuele, presidente di Papà separati Milano: «Quanto ha denunciato Sereni è la regola [...] 
La legge stabilisce che il padre non può più vedere i figli quando c’è una denuncia di mobbing o di violenza da parte della moglie. Se la moglie accusa il marito di usarle violenza, e lo fa anche senza apportare alcuna prova, allora lui deve lasciare la casa e i figli. In due ore i padri sotto accusa devono andarsene e sta a loro dimostrare la propria innocenza. Quelli della giustizia sono tempi lunghissimi, possono passare anni. Anni che vengono definitivamente sottratti al rapporto tra padre e figli, rapporto che viene spesso definitivamente compromesso».
Il Tribunale spesso dà ragione alle madri. Ma a volte le sentenze d’appello ribaltano quelle di primo grado riconoscendo le ragioni dei padri. A questo punto che succede?

«A questo punto i figli sono diventati maggiorenni e non hanno più intenzione di stare con i propri padri. Le cito il caso di un uomo accusato di atti di libidine quando la figlia aveva 5 anni. Dopo qualche anno è stato assolto ma lo stesso gli è stato impedito di vedere la bambina. Al compimento dei 18 anni la ragazza si è rifiutata di incontrare il padre che nemmeno riconosceva come tale. “Io non ti conosco, non sei mio padre, cosa vuoi da me”, questo è quello che si è sentito dire il padre dalla figlia».
Il portiere Sereni ha deciso di rivolgersi alle telecamere, chi non ha la possibilità di rilasciare interviste cosa fa?

«Tanti padri vanno fuori di scuola e al supermercato e cercano così almeno di vedere i bambini. Uno di quelli che assisto io è stato denunciato proprio perché si è permesso di avvicinare il figlio all’uscita da scuola, il bambino, ovviamente, si è spaventato e lui si è beccato la denuncia. Un altro si è “intrufolato” tra gli scaffali di un supermercato per seguire il figlio mentre era con i nonni materni a fare la spesa e anche loro non gliel’hanno perdonata. Per non parlare delle madri che se ne vanno a centinaia di chilometri di distanza, una da Milano addirittura fino a Lecce, portandosi dietro i figli per seguire i propri nuovi compagni».
C’è una speranza per questi padri separati?

«C’è se riescono a gestire la separazione dalla moglie con il massimo della civiltà, senza rancore, senza violenza. Solo così potranno riuscire a non separarsi anche dai loro figli». (Ernesto Emanuele a Panorama).


Nel 2006 Tiberio Timperi si è separato dalla moglie Orsola Gazzaniga, architetto, dalla quale ha avuto il figlio Daniele (all’epoca il bambino aveva 14 mesi, oggi ha 6 anni). Il bambino è stato affidato alla madre, che però non consente al padre di incontrarlo nei tempi stabiliti dai giudici (solo nel 2010 Timperi l’ha denunciata tre volte ai carabinieri). Nel 2008 il conduttore ha scritto, a quattro mani con l’avvocato Maria Pia Sabatini, il libro Amarsi Sempre! Sposarsi?: «Questo libro nasce per metabolizzare la separazione da mia moglie e il dolore di non poter vedere liberamente mio figlio Daniele [...] I giudici dovrebbero avere il coraggio di essere impopolari e affidare il bambino al genitore più equilibriato. Se questi è il papà, che si dia il bambino a lui. Ma questo non succede mai nel nostro Paese. In Italia il bambino viene considerato proprietà privata della mamma e non sempre una mamma è una buona mamma. Il mio concetto di buona mamma è quello di una madre che favorisce il contatto del proprio figlio con l’altro coniuge. Ciò non avviene quasi mai, il bambino viene parcellizzato, centellinato e manipolato» (Tiberio Timperi a Diva e donna, nell’ottobre 2007).

La situazione dei padri italiani potrebbe essere ribaltata da una recente sentenza della Cassazione (n. 32562) con cui i giudici hanno stabilito che il papà al quale l’ex moglie impedisce di vedere i figli ha diritto al risarcimento dei danni morali (e viceversa). Danni che, all’inizio di settembre, Morgan ha chiesto all’attrice Asia Argento, che a giugno ha chiesto la revoca della patria potestà. Giampaolo Cicconi, uno dei legali del cantante: «Gli nega da Pasqua di vedere la figlia Anna Lou. Lui è esasperato da una condizione di mancato rispetto delle disposizioni del tribunale».

Altri casi celebri di vip, battaglie legali e figli mai più visti dai papà: Woody Allen e il piccolo Satchel, John Lennon e Julian, Roberto Falcao e Paulinho.


In Italia i padri separati sono 4 milioni, di cui 800 mila vivono sotto la soglia di povertà.

A Milano il 70 per cento dei frequentatori dei dormitori sono papà separati.


A Roma, dove 5 mila padri separati vivono come barboni, il Comune ha creato nel 2009 una «Casa dei papà»: 22 appartamenti dove stare con i figli, canone mensile di 200 euro, limite massimo di permanenza di un anno (con psicologi e assistenti sociali a disposizione per superare il lutto della separazione). Ideatore e testimonial dell’iniziativa, Tiberio Timperi.

«Le separazioni delle coppie con figli, oltre ad un trauma personale, comportano un improvviso aumento delle spese con un impoverimento generale della famiglia. A precipitare nel disagio economico sono i genitori non affidatari, solitamente i papà, che, oltre a versare l’assegno mensile, devono contestualmente lasciare la dimora. Basti pensare che lo scorso anno, molte delle persone accolte nell’ex Fiera di Roma per il Piano freddo erano proprio padri separati precipitati nel disagio economico dopo la separazione » (Sveva Belviso, assessore alle Politiche sociali del Comune di Roma, in occasione dell’inaugurazione della «Casa dei papà»).


Diego Alloni, vicepresidente dell’associazione Papà Separati Lombardia Onlus: «La situazione è ormai allo stremo io stesso ieri sera ho ospitato a casa un papà separato di 43 anni che non mangiava da due giorni: lui una casa ce l’ha, ma sarà costretto a venderla perché, per pagare le spese legali, ha subito un pignoramento dei conti correnti e guadagnando solo mille 200 euro al mese non ce la farà» (a Libero, nel 2008).

L’ associazione matrimonialisti italiani ha calcolato che a Milano, tra città e provincia, i padri separati in difficoltà economica sono quasi cinquantamila. Con un mutuo da coprire (quello della vecchia casa), un assegno da versare, un affitto da pagare (per la nuova abitazione).

A Milano sorgerà in via Calvino la “Casa del padre separato”, un centro da 160 posti letto con camere singole e doppie, mensa, un piccolo giardino e una biblioteca. Ci stanno lavorando la Provincia e il consigliere leghista Matteo Salvini, che «strapperà» al progetto centomila euro dal bilancio del Comune: «Non sarà un dormitorio, qualcosa bisognerà pagare. Cento-centocinquanta euro al mese. Un affitto sociale per una categoria di nuovi poveri».

Cesare Rimini, avvocato matrimonialista: «Negli ultimi mesi c’ è stato un boom di cause per rivedere gli assegni di mantenimento». In pratica, quello che qualche anno fa un (ex) marito poteva garantire alla (ex) consorte, ora non è più in grado di garantirlo. «Il grande problema rimane la casa. È già difficile mantenerne una, immaginarsi due». In più c’è la crisi. Domenico Fumagalli, responsabile lombardo dell’ associazione dei papà separati dice che circola una specie di legge di Murphy sul tema: «Ti licenziano? E allora è molto facile che ti separerai». Le ragioni sono sociali, psicologiche, familiari. «Sta di fatto che la nostra associazione ha registrato un boom di adesioni proprio dalle zone più colpite dai licenziamenti. L’ area di Agrate-Vimercate, per esempio, dove hanno chiuso diverse aziende».


Annamaria Bernardini De Pace: «Ipotizziamo che questo papà separato presunto clochard abbia una moglie non produttiva di reddito e due figli. Secondo uno schema elaborato dal Tribunale di Monza, più o meno seguito in tutta Italia, a fronte di un reddito di 1.500 euro, tenuto conto anche dell’assegnazione della casa familiare, il Giudice pone a carico del coniuge più forte un assegno in favore dei figli pari a circa 1/3 dello stipendio e pari circa al 10% in favore della moglie. Quindi dei 1.500, a spanne, 500 sarebbero per i due figli e 150 per la moglie. Allora ci deve spiegare, il povero clochard di rimessa, primo come possano vivere tre persone con 650 euro e secondo come mai lui sia costretto ad andare al dormitorio avendo, da solo, a disposizione 850 euro. Terzo deve responsabilizzarsi sulle sue scelte precedenti la separazione: accettare che la moglie non lavori e mettere al mondo due figli non potendo loro garantire né una famiglia serena né una separazione decorosa. In ogni caso, il malinconico senzatetto non ci ha ancora spiegato quale giudice e quale avvocato lo abbiano fatto restare con appena 400 euro. Che costituiscono pur sempre il doppio, per lui solo, di ciò che rimane a disposizione di ciascun membro della sua famiglia, cioè 220 euro scarsi. Potrebbe replicare il poverino: "Ma loro hanno la casa". Si potrebbe ribattere che questo è un costo da detrarre da quei 650 euro. Purtroppo con questi implacabili papà separati, i ragionamenti razionali e concreti, conti alla mano, non bastano, anzi non servono veramente a nulla. Preferiscono organizzare ogni tanto qualche "dad dy’s pride" - c’è forse dell’orgoglio più grande che chiamarlo orgoglio paterno? - svelando la loro patetica competizione con le madri alle quali vengono "dati" i figli più che a loro. [...] Comunque sia, io non credo a queste opportunistiche statistiche che vengono divulgate in occasione di queste manifestazioni pubbliche. Non credo che il 70 % di frequentatori di dormitori siano padri separati responsabili e per bene e percettori di stipendi che corrispondono all’80% degli stipendi medi italiani. Non credo che la maggior parte dei padri separati debba vivere in uno sgabuzzino da 70 euro al mese o in un garage e mangiare alla mensa dei poveri. [...] Nel corso della mia attività professionale mi sono interessata a circa 18.000 casi e neppure uno coi dati catastrofici riferiti dai papà separati. Né clienti né avversari. Più frequenti sono, invece, i casi di papà che non vogliono pagare, che fingono di non avere denaro per pagare, che simulano di essere diventati poveri, che pretendono di avere i figli con sé solo per non versare denaro alle mogli» (Annamaria Bernardini De Pace su Libero 21 marzo 2008).