Maria Pia Fusco, la Repubblica 13/9/2010, 13 settembre 2010
CLAUDE CHABROL- ADDIO AL RE DEL NOIR, FONDO’ LA NOUVELLE VAGUE
«Amo le donne, il cinema, la vita», diceva Claude Chabrol e i suoi amori li ha vissuti con intensità generosa e scanzonata, regalando a generazioni di spettatori emozioni forti, brividi di paura, ansie segrete ma anche il gusto della perfidia e del sarcasmo. Con la sua morte il cinema perde un maestro del genere noir, uno straordinario narratore del lato oscuro, in bizzarro contrasto con l´aspetto fisico da amante del vino e della buona tavola - nei suoi set voleva lo spazio per una cucina in cui si sfornava cibo per tutta la troupe - e il carattere aperto, gioviale, impetuoso, pronto alla risata.
Nato a Parigi nel 1930, Chabrol si appassiona alla letteratura poliziesca durante l´adolescenza trascorsa in provincia mentre scopre il cinema lavorando come proiezionista in una sala di paese. Tornato a Parigi si iscrive all´università e comincia a collaborare ai Cahiers du cinéma, insieme a Bazin, Godard, Truffaut, Rohmer - con il quale nel ´57 scrive a quattro mani un saggio su Hitchcock - il gruppo storico della Nouvelle Vague che, secondo Chabrol «fu l´incontro di sei cineasti e critici molto diversi tra loro, ma che odiavano le stesse cose e ridevano delle stesse cose. Per il cinema di allora fu un piccolo trauma, come se in una serata di gala sei persone si togliessero contemporaneamente la cravatta».
Nei primo film, "Le beau Serge" del 1958 con Gerard Blain, considerato il capostipite della Nouvelle Vague, ci sono già gli elementi del suo cinema. La provincia ad esempio, sfondo di tante storie, "I cugini", "Stephane, una moglie infedele", "Madame Bovary", fino agli ultimi, "I fiori del male", "La damigella d´onore", "La ragazza tagliata in due". Una scelta, secondo lui, «obbligata. Perché la città è rumorosa e caotica, va bene per l´incomunicabilità di Antonioni, io voglio persone che si parlano, si scontrano, sanno capire il significato dei silenzi». E la borghesia. «Mi hanno definito il pittore del costume borghese, non sono d´accordo ma sono stufo di contraddire. Sono cresciuto in un paese, figlio di un farmacista, colloco le persone nell´unico ambiente che conosco, gente che ha soldi e potere, il cui sogno è quello di aumentare i soldi e il potere. Ma non c´è intenzione sociologica, m´interessa l´intrigo».
Il film che rese popolare Chabrol all´estero è "Violette Nozière" in cui, partendo da una storia vera, analizza la psicologia di una donna ribelle e inquieta, condannata per l´omicidio del patrigno, da cui, forse, era stata stuprata: è Isabelle Huppert, premiata a Cannes 1978. Sarà la musa ispiratrice - "Madame Bovary", "Un affare di donne", "La commedia del potere", ecc. - e, diceva Chabrol, «se talvolta la tradisco è per rendere più forte il legame e il piacere di ritrovarci. È l´unica attrice capace di sorprendermi continuamente». Musa ispiratrice era stata per 15 film anche Stephane Audran, sposata nel 1964, da cui divorziò nel 1980, quando si unì all´attuale moglie Aurore. I figli Thomas e Mathieu fanno parte della grande famiglia con cui amava lavorare.
Dichiaratamente di sinistra - «Sono comunista, ma non significa che debba fare film solo sulla raccolta del grano» - Chabrol non amava definire "politico" il suo cinema. «Sto sempre dalla parte dei deboli e degli sfruttati, ricchi o poveri che siano, lo sfruttamento è la cosa che più mi rende furioso, da qualunque parte venga. Se qualcuno legge intenzioni politiche nei miei film è perché mi piace mettere a nudo l´ipocrisia borghese, le complicità e i silenzi che coprono le vergogne di famiglia. È in queste situazioni che si compiono i crimini peggiori, fisici e psicologici».
Chabrol si divertiva ogni tanto a prestarsi come attore. L´ultima apparizione è dell´anno scorso in "Gainsbourg", era il produttore dell´artista. Fino a poco fa lavorava alla regia di due episodi per la tv dedicati a Maupassant, uno degli autori preferiti insieme a George Simenon, e a scrittori del XIX secolo, mentre del 2009 è l´ultimo film, "Bellamy", storia di un ispettore di polizia che, in vacanza, si trova costretto a svolgere un´indagine. È Gerard Depardieu, in uno dei pochi film di Chabrol con protagonista maschile. «Un incontro fantastico, ineguagliabile come compagno di cibo e di bevute. E ha uno spiccato lato femminile che mi intriga». Chabrol amava le donne e ne era riamato. Della prima moglie Agnès ad esempio si sa poco, solo che fu lei, con un´eredità ricevuta, a finanziare "Le beau Serge". «Che sarebbe la vita senza le donne e il cibo? Mi hanno insegnato molto, soprattutto l´umiltà. Ho capito che sono molto più forti e molto più indispensabili loro agli uomini che non il contrario. Purtroppo con gli anni l´equilibrio tra i due piaceri si è alterato a favore del cibo».
Col tempo le sue opinioni sul mondo non erano cambiate. In occasione dei 70 anni disse: «Penso sempre che l´umanità deve fare un grande sforzo per essere felice. Sarà colpa del peccato originale? Per me è cambiato solo il modo di reagire. Un tempo era la collera, ora è la risata. Oggi sono portato a vedere il ridicolo in tutto. Le persone che più mi fanno ridere sono quelle che a 70 anni dicono di aver trovato la saggezza. Non ci credo, non è vero, la saggezza non esiste».