Elena Polidori, la Repubblica 13/9/2010, 13 settembre 2010
BANCHE, PIU’ CAPITALI E MENO RISCHI. ECCO LA RIVOLUZIONE DI BASILEA - ROMA
Più capitale e di migliore qualità, meno debiti e meno rischi. Arrivano le nuove regole della finanza che, nelle intenzioni, dovrebbero corazzare le banche e quindi evitare in futuro altre crisi. Riuniti a Basilea, in Svizzera, i governatori di tutti i principali paesi del mondo definiscono un set di misure e provvedimenti cui gli istituti dovranno attenersi, denominato appunto Basilea 3. In sintesi: sono imposti ulteriori, più stringenti requisiti patrimoniali. Vengono stabiliti criteri operativi più rigidi e dunque più sicuri. È obbligatorio mettere da parte risorse per fronteggiare le difficoltà, anche quelle di carattere congiunturale. Per adeguarsi le banche hanno tempo fino al 2019. Chi sgarra, è sottoposto alle misure della vigilanza. «L´intesa contribuirà in modo sostanziale alla stabilità finanziaria nel lungo termine», assicura Jean Claude Trichet, presidente della Bce. «Un accordo decisivo e importante», gli fa eco Axel Weber, titolare della Bundesbank.
Fino all´ultimo, i nuovi «criteri» e il loro bilanciamento sono stati fortemente osteggiati dalle banche e dagli industriali. Ancora ieri l´altro Alessandro Profumo, nella sua veste di presidente della Federazione bancaria europea, ha inviato una lettera-appello proprio a Trichet, oltre che al presidente Ue Barroso. Ieri, di nuovo, c´è stato il no della Confindustria. Ma resistenze sono venute nel tempo anche da altri paesi, dalla Francia come dagli Usa. Per tutti, il timore era che troppi vincoli avrebbero imbrigliato la già tiepida ripresa dell´economia e che troppi paletti avrebbero frenato la concorrenza tra le istituzioni finanziarie. Le autorità di vigilanza però hanno tenuto duro, cercando di smussare le tante resistenze, ma senza rinunciare ad una convinzione di fondo: se lasciate libere, le banche mai avrebbero messo da parte i denari necessari per affrontare i periodi difficili. Perciò intenso è stato il lavorìo tecnico-diplomatico sulla durata della fase di transizione, questa sì essenziale per la percezione dei mercati e per i contraccolpi sull´economia: il negoziato alla fine ha ridotto di un anno il termine ultimo per l´entrata in vigore della riforma, fissato oggi al 2019. «È un congruo periodo per adeguarsi agli standard e continuare a sostenere la ripresa», commenta non a caso Trichet.
Le regole sono il frutto di oltre due anni di studi tecnici condotti dal Financial Stability Board, l´organismo anticrisi voluto dal G20 e guidato dal governatore della Banca d´Italia, Mario Draghi. L´intesa è il risultato di un delicato negoziato per calibrare i più rigidi coefficienti di capitale e liquidità ad una tempistica di adeguamento più soft. Draghi si è speso in prima persona in tutto il periodo di preparazione, lanciando anche un vero e proprio Sos ai capi di stato e di governo perché dessero il loro appoggio politico al progetto. Nella sua visione, ma anche in quella delle altre autorità, con la riforma il sistema bancario del domani sarà più forte e meno vulnerabile; i risparmiatori più garantiti.
La riforma scatta dal 2013. Sotto il profilo più tecnico prevede: il raddoppio, dal 2 al 4,5% del cosiddetto common equity, cioè capitale azionario più riserve. Passa dal 4 al 6% il requisito minimo per il patrimonio di base di qualità (Tier 1, in gergo). Il rapporto tra patrimonio totale e attività di rischio ponderate resta all´8%. Vengono introdotti dei buffer, cioè dei cuscinetti di capitale: uno fisso, l´altro aggiuntivo a garanzia di possibili difficoltà cicliche (fino al 5%). Quando questo buffer si attiva, le banche non potranno distribuire dividendi né elargire i superbonus ai manager. È consentito di non dedurre per un lungo periodo gli strumenti sottoscritti dai governi, come i Tremonti bond. Approvata a livello tecnico dal vertice di Basilea, la riforma dovrà ora avere anche il placet politico: il via libera è atteso dai capi di stato e di governo nella riunione del G20 in programma a Seul, in novembre.