Chiara Beria di Argentine, La Stampa 11/9/2010, pagina 23, 11 settembre 2010
Chiara, quando il golf può ridarti la luce - Lorenzo, ti prego, non voglio vivere da cieca. Fammi morire”
Chiara, quando il golf può ridarti la luce - Lorenzo, ti prego, non voglio vivere da cieca. Fammi morire”. Quel giorno in ospedale lo venni a sapere per caso. Da settimane ero ricoverata al San Raffaele; ogni mattina Giordano Resti - grande medico e grande uomo; senza di lui al posto degli occhi avrei due orrendi buchi - mi “grattugiava” le martoriate palpebre. Pericolo di necrosi, dolore, interventi (dopo tre mesi Resti mi fece un trapianto della pelle e, con 400 micropunti, mi ha ricostruito le palpebre). Tenevo duro; non pensavo di essere così sfortunata. Ma quel giorno crollai. Mio figlio Lorenzo stava ascoltando il primario; non sapevano che potevo sentirli: sarei rimasta cieca per sempre, Lorenzo scoppiò a piangere. In un attimo mi vennero in mente tutte le cose che non avrei più potuto fare, persino le più stupide. Il mio lavoro nella libreria antiquaria di famiglia, guidare un’auto, giocare a golf, andare a ballare, guardare un uomo negli occhi. Tutto finito! Era la primavera del 2004. Avevo 60 anni, due matrimoni, due magnifici figli - Carolina e Lorenzo - e nipoti, tanti amici. Lorenzo rientrò nella stanza. Accarezzandomi mi disse: “Devi farcela per Carolina e per me”. Ero stata una mamma molto giovane; loro non m’avevano mai creato un problema. Decisi che dovevo vivere per loro. Senza, però, diventare un peso per nessuno». Sei anni e cinque mesi dopo quell’atroce notizia Chiara Pozzi Giacosa, la bella signora milanese che perse la vista dopo una solitamente banale operazione di chirurgia estetica alle palpebre, è ritornata dall’Inghilterra con tredici coppe, un mappamondo e il titolo di campionessa mondiale di golf per non vedenti conquistato - con la guida di Simone Piemonte, il suo ottimo caddy - sul percorso del Whittlesbury Park Golf dove, con 141 colpi, ha battuto 60 giocatori di 12 nazioni. Tra questi, solo altri 9 golfisti erano categoria «Blind 1» (completamente ciechi) come Chiara e il secondo classificato, Andrea Calcaterra, l’uomo più giovane di lei di dieci anni che, con il marito Pierino Giacosa e i figli, ha più aiutato Chiara a riprendere il suo cammino nella vita, pur se nel buio più profondo. È felice del trionfo? «Sì, ok. Ma ho dovuto perdere la vista per vincere un campionato del mondo!», scherza Chiara Pozzi che giocava 7 di handicap prima di quella sciagurata operazione alla clinica Madonnina in cui perse il nervo ottico per un’infezione causata da streptococcus pyogenes (al processo di primo grado Camillo Pignatta, il chirurgo che l’operò, è stato condannato a un anno di carcere, la clinica prosciolta; gli imputati hanno ricorso in appello). Fantastico swing di Chiara Pozzi ben più che sui campi di golf. «All’inizio rifiutavo tutto, il bastone bianco, il Braille. Psicofarmaci, depressione, tutto il giorno a letto. Per la mia famiglia è stato molto difficile. Carolina è finita in analisi (sbagliando si colpevolizzava; ai primi sintomi voleva portarmi in ospedale; sono stata io a voler tornare dove m’avevano operato) e, per due anni, non mi ha mai lasciato. Un giorno, infine, lei e Pierino m’accompagnarono sul campo pratica. Faticosamente, a poco a poco, sono rinata e ho riconquistato un po’ della mia indipendenza». Teresa, l’angelo che l’accompagna anche al mercato o dal parrucchiere, le dà una scatoletta: lei la preme sui suoi pantaloni. «Nero», recita una voce sintetica. Con entusiasmo Chiara m’introduce nel suo nuovo mondo di oggetti parlanti: termometri, orologi, cellulari, iPod, computer. «In ospedale avevo una radiolina, poi sono venuti i dischi. Ma la vera svolta sono stati il cellulare e l’iPod. Ne ho due, ciascuno con 40 libri; leggo moltissimo e di tutto. Da poco ho ricominciato a scrivere piccole recensioni dei libri che ho letto. All’inizio, come nel golf, ero un disastro, ma sto migliorando». Aspetta giustizia, Chiara Pozzi Giacosa, donna solare, vera campionessa di coraggio. «Riesco anche a truccarmi un po’ gli occhi con il mascara. Rabbia? Tutti possono sbagliare. M’aspetto però un congruo risarcimento per la mia famiglia e per me. La vita da cieca non è cosa semplice anche se, rispetto ad altri non vedenti, sono ben più fortunata».