Gianluigi Da Rold, Libero 10/09/10, 10 settembre 2010
IL PATTO DEL CORRIERONE E’ UNA COMMEDIA DELL’ASSURDO
Qualcuno che conosce le cose del Corriere della Sera, si domanda e si risponde: «Il patto di sindacato di Rcs? È come una commedia di Eugene Ionesco,una commedia dell’assur -do. C’è un gabbiotto, dove è impossibile entrare e dove si parla un linguaggio quasi incomprensibile». Qualche tempo fa, il produttore-editore-finanziere franco tunisino, Tarak BenAmmar, definì il “patto” una «sorta di club di tennis esclusivo che con l’editoria moderna non c’entra nulla». Altri, usando toni più hard, parlano di “patto della vergogna”. Eppure il “patto di sindacato”di Rcs, che si è riunito ieri, sembra impermeabile a ogni critica. C’è un signore di nome Giuseppe Rotelli, soprannominato“il re delle cliniche” in Lombardia, che possiede a vario titolo l’11,02% del capitale di Rcs, per un totale di oltre 117 milionidi azioni. Una parte diquesti titoli (il 3,52%) Rotelli li ha presi in carico a 4,51 euro e si è impegnato a sottoscriverli entro il 2014. L’altro 7,5% di azioni lo ha preso in carico, attraverso la sua “Pandette”, a 3,91 euro. Questo valore del titolo Rcs ci porta ai tempi prima della crisi, ma anche ai tempi della famosa“scalata dei furbetti del quartierino”, quando Rcs sfondò in Borsa i 6 euro, mentre ora langue intorno a 1,20 euro. Eppure Rotelli, con tutto questo “ben diDio” in portafoglio, non è nel patto di sindacato dell’azienda che controlla il Corriere. I superstitidi quello che fu il “salotto buono” italiano lo respingono quasi con disdegno. Solo il “kamikaze” Massimo Pini, rappresentatedella FonSai di Ligresti (che a suotempo fece una lungacoda per entrare), lo ha proposto nel “patto” e sostiene che a Rotelli bisognerebbe “fare un monumento”, sia per il rastrellamentodi titoli fatti dopo la“scalata” Ricucci, sia per le minusvalenzeche oggi deve mettere a bilancio di “Pandette”. Se vendesse tutto, Rotelli farebbe un “bagno di sangue” per centinaia di milioni di euro. Ma ufficialmente, anche ieri, il “dossierRotelli”, non è stato trattato.
Come è noto, Rcs-Corriere della Sera è controllata da un“mucchio selvaggio” di varie realtà, soprattutto finanziarie. Si va dal 13,699 di Mediobanca al 10,291 di Fiat e si passa, in un groviglio di numeri con decimali, attraverso l’Italimmobiliare di Pesenti, la Dorint di Della Valle, la FonSai di Ligresti, la Pirelli, Intesa-San Paolo e Mittel (casa Bazoli),Merloni, Simpar, Edison e Eridano Finanziaria, per un totaledel 63,54% del capitale.
Si possono fare tre considerazioni. La prima riguarda il conflitto d’interesse e la libertà di stampa. In un “paese normale”un giornale con tanti “padroni del vapore” alle spalle (dove èdifficile parlare male di scarpe,polizze, banche, cementi, automobili,cucine e via cantando) costituisce un palese conflitto d’interesse e ha palesi difficoltà di libertà. Non c’è solo il Cavalier Berlusconi in difetto, in Italia. Ma questo è un problema che non ha mai toccato il Corriere. Anzi, un sindacalista “storico”di via Solferino, teorizzava che proprio il groviglio di queste proprietarie garantiva libertà e completezza d’informazione. Un delirio ideologico. In tutto questo va dato merito ai direttori del Corriere, Ferruccio DeBortoli compreso, di “scivolare tra i paletti di uno slalom speciale”molto complicato e di garantire un’autonomia di giudizio più che sufficiente. La seconda considerazione riguarda il rispetto del mercato. Se si considera che il 63,54% è bloccato nel“patto di sindacato”, l’11,02% da Rotelli, altre percentuali chesembrano “mascherate” o inmano di qualche fondo, quantoresta di flottante? Secondi i critericanonici di un’impresa quotatain Borsa, il flottante dovrebbeoscillare intorno al 25/30%.Secondo gli analisti, il titolo Rcs-Corriere della Sera, per gli scambidi volumi, flotta tra il 5 e il 10%.La terza considerazione è legataal fatto che, se in Rcs-Corrieredella Sera non “succede nullache il patto non voglia”, come èpossibile escludere dal “patto” ilsecondo azionista, cioè il gruppodi Rotelli, dopo quello di riferimentoche èMediobanca? Eppurela “commedia dell’assur -do” continua. Ieri Massimo Pini dovrebbe aver posto il problema, ma Vittorio Merloni e altri avevano già considerato che il«patto è a posto così». Quindi ci si è limitati ad ascoltare i conti, un po’ tristi, dell’amministrato re delegato Antonello Perricone.
A ratificare le dimissioni dal“patto”, ma non dal management, di Luca Cordero di Montezemolo, sostituito dal giovane John Elkann, per ribadire cheRcs è una “partecipazione strategica”della Fabbrica Italiana Automobili Torino. Poi, fortunatamente sono state liquidate alcune indiscrezioni, voci incontrollate, con una smentita ufficiale, sulla messa in vendita del palazzo di via Solferino. Sarebbe stata, per i milanesi, una sorta di fine del mondo e LuigiAlbertini si sarebbe rivoltato nella tomba. In fondo fu proprio Albertini, esautorato dal ras del fascismo Roberto Farinacci, ad over cedere il Corriere ai Crespi (allora non ecologici e neppuredi sinistra), a dichiarare: «Quelpalazzo mi sopravviverà 50 anni». È sopravvissuto molto di piùe speriamo che sopravviva ancoraper lungo tempo. Anche sela crisi finanziaria, ma forse nonsolo la crisi, ha ridotto un gruppoche ai tempi della scalata Ricuccicapitalizzava cinque miliardidi euro, a capitalizzarne almomento neppure 900 milionidi euro. Malgrado il “mostro” di un “patto di sindacato” incomprensibile.