Alessandro Penati, la Repubblica 11/9/2010, 11 settembre 2010
A2A nasce il primo gennaio 2008 dalla fusione tra Aem e Asm, le municipalizzate di Milano e Brescia, i cui Comuni rimangono soci di controllo
A2A nasce il primo gennaio 2008 dalla fusione tra Aem e Asm, le municipalizzate di Milano e Brescia, i cui Comuni rimangono soci di controllo. Da quella data, le utility europee hanno perso in media il 48%; A2A è riuscita a fare molto peggio (-65%). Non l´ha aiutata una governance contorta, pensata per garantire equilibri di poltrone più che l´efficienza: sistema duale, quindi due presidenti, due vice, due direttori generali, ma nessun amministratore delegato. Nella produzione di energia, A2a soffre per la riduzione dei margini e la perdita dei sussidi (Cip6, l´arbitraggio con l´elettricità a basso costo importata da Francia e Svizzera). La distribuzione dovrebbe essere il suo punto di forza, visto che le municipalizzate sono nate per servire grandi aree metropolitane, ma non è mai riuscita ad avere una redditività soddisfacente; e ora soffre la nuova concorrenza (anche del "socio" Edison). E come tanti, forse troppi, punta sull´ambiente: che significa trattamento dei rifiuti. Ma il vero problema è un debito di ben 4,3 miliardi: 4,1 volte il margine operativo atteso per quest´anno. Per ora non le ha fatto perdere il merito creditizio, ma la colloca ai più bassi livelli di rating nel settore in Europa. L´alto debito, e i Comuni azionisti che non vogliono farsi diluire, non hanno i soldi per aumenti di capitale e sono affamati di dividendi, impongono per gli anni a venire investimenti scarsi, la vendita di qualche attività, e l´uso della cassa generata dalla gestione per ridurre il debito. Non una prospettiva esaltante, ma l´unica possibile. Infatti, lo prevede il Piano aziendale; che però, con ottimismo, conta su una crescita media annua del margine operativo del 7,5%, senza tagli dei costi. Il debito non è stato accumulato per investire, ma per acquisire partecipazioni in altre società italiane (Acsm-Agam, Dolomiti, Metroweb, Selene) e soddisfare la voglia di estero: Coriance (Francia), Epcg (Montenegro), Alpiq (Svizzera). Il piano di dismissioni è timido: appena 500 milioni, di cui 300 dalla recente vendita di Alpiq. Ma il vero peccato originale è la partecipazione in Edison, che risale al maggio 2005, un macigno al collo di cui A2A non riesce a liberarsi. Il Piano stesso rivela l´assurdità della struttura finanziaria: a fronte degli oltre 4 miliardi di debiti ci sarebbero 1,9 miliardi di partecipazioni "finanziarie". Di fatto, quasi metà azienda è un fondo a leva che investe nel settore. A questo si aggiunge un´eccessiva familiarità con i derivati. Cosa pensano in proposito sindaco e candidati milanesi? Per A2A (allora Aem), l´ingresso in Edison è stata una Caporetto: da quel giorno ha perso il 40% rispetto all´indice di settore. E solo per mettere la bandierina italiana su una società che la francese Edf (con il sostegno di Fiat e banche italiane) aveva sottratto al controllo di Mediobanca; che, a sua volta, l´aveva sfilata ai Ferruzzi, quando era stata chiamata al loro capezzale. Il tutto condito di piramidi, patti e cordate. Così oggi A2A si ritrova, col 51%, nella holding Delmi (insieme ad altre municipalizzate, Mediobanca, Bpm e Crt) che, con Edf, detiene il controllo paritetico di TDE; che ha il 61,3% di Edison. In realtà, comandano i francesi, forti di un 19% detenuto direttamente in Edison: per A2A, una mera partecipazione finanziaria dalla quale non sa come uscire. Una fusione con Edison è impossibile perché i Comuni perderebbero controllo e poltrone; come l´acquisto delle quote francesi, per mancanza di capitali. Ai francesi non conviene liquidare A2A per non dover lanciare l´Opa sul rimanente 20%. A2A punta al baratto: la quota di Edison in Edipower in cambio della sua partecipazione in Edison. Ma dipende dal potere contrattuale, che però A2A non ha; mentre Edf la può cucinare a fuoco lento. La soluzione più ovvia, quindi improbabile, sarebbe smontare il castello di holding attribuendo direttamente ai singoli soci di Delmi la quota proporzionale di azioni Edison. E poi, ognuno libero di vendere come e quando vuole, senza piangere la perdita di un controllo congiunto che non hanno mai avuto. Deprime ricordare che stiamo parlando di una contesa per il controllo di Edison, cominciata nel 1993 col dissesto Ferruzzi. La Salerno-Reggio Calabria della Borsa italiana.