Raffaello Masci, La Stampa 11/9/2010, 11 settembre 2010
RAFFAELLO MASCI
ROMA
Che cosa è successo ad Atrani, professor Crescenzo Violante, direttore dell’Istituto per l’ambiente marino costiero del Cnr?
«La situazione di Atrani è simile a quella di oltre un terzo delle nostre coste. Si tratta di centri abitati sorti sulla foce di un fiume. E’ la situazione di alcune coste siciliane, delle fiumane calabre, delle coste liguri. E molto delle coste campane».
Perché si è costruito in simili luoghi?
«In passato questi siti geografici presentavano dei vantaggi: consentivano un facile accesso all’acqua dolce, erano protetti sui a monte, e avevano anche la possibilità di un porto».
Era normale insediarci una città?
«Sì, fino ad un certo punto. Nel caso della penisola Sorrentina, di cui stiamo parlando, sulle gole alla base delle quali scorrono i torrenti, si è accumulata nei secoli una grande massa di materiali friabili, per lo più di origine vulcanica e in gran parte dovuti proprio alla celebre eruzione del Vesuvio del 79 dopo Cristo. Questi materiali, impregnati dalle piogge alluvionali, possono franare».
Ed è accaduto, di fatto?
«Molte volte. Noi abbiamo calcolato che ci siano state centinaia di frane negli ultimi cinque secoli e che abbiano fatto almeno 1000 vittime. Però circa la metà di questi morti è stata registrata solo negli ultimi 50 anni. Certamente perché il monitoraggio è stato maggiore. Certamente perché le registrazioni sono state più accurate. Ma anche perché - effettivamente - gli incidenti sono stati maggiori».
E che cosa è accaduto in questi anni?
«E’ accaduto che il rapporto tra il torrente, i materiali vulcanici, le piogge e l’insediamento urbano, è bruscamente cambiato. I torrenti sono stati “tombati”, cioè l’acqua è stata canalizzata in una conduttura e sul letto del fiume si sono costruiti una strada e una città. Nel frattempo c’è stato un brusco cambiamento climatico, che ha portato a periodi di siccità alternati a piogge abbondanti e violente che hanno impregnato i materiali vulcanici delle sponde e li hanno fatti defluire come fango. E dove, se non c’era più un corso d’acqua con un letto capace di espandersi? Ovviamente sulla città che ne ha preso il posto».
Detta così significa molte città costiere sono diventate un ricettacolo naturale per alluvioni devastanti.
«Io le rispondo così: tombare i torrenti è sbagliato, costruire sul letto dei fiumi è pericoloso, le gole cariche di detriti vulcanici sono instabili. Continuo? L’abusivismo edilizio in tutta Italia e in Campania in particolare (anche se non tantissimo, per la verità in costiera) ha devastato il territorio. Che cosa dobbiamo aspettarci?»
Lo chiediamo a lei: quanto accaduto si potrebbe ripetere qui o altrove?
«Non si potrebbe ripetere: si ripeterà. Prima di costruire a vanvera (non dico per Atrani, dico in generale) conviene pensarci. Anche perché una volta tombato un fiume, è impossibile ripristinarne il corso naturale. E la sorte del territorio è compromessa per sempre».