Claudio Gatti, Il Sole 24 Ore 10/9/2010, 10 settembre 2010
SUSAN RETIL, L’AMERICA CHE PERDONA
Saranno le elezioni, sarà la maggiore polarizzazione dovuta al fatto che una parte di America non ha ancora digerito l’elezione alla Casa Bianca di un afro-americano di nome Barack Hussein Obama. Comunque sia, in occasione del nono anniversario dell’11 settembre, l’America sta dando al resto del mondo dimostrazione del peggio di sé. E il resto del mondo non si è fatto sfuggire l’opportunità di focalizzare la propria attenzione sul peggio dell’America. Dai piani incendiari di Terry Jones, alla rivolta contro il Centro islamico di Ground Zero. Per finire con la convinzione del 18% degli americani che Obama è musulmano.
L’altra America in questi giorni non aveva ancora fatto mediaticamente capolino.
Fino a ieri.Quando l’editorialista del New York Times Nicholas D. Kristof ha informato i suoi lettori del programma di una delle "vedove dell’11 settembre", Susan Retik, il cui marito David era a bordo del primo aereo che si è schiantato contro le Due Torri. Sabato 11 settembre, Susan, ebrea, commemorerà l’evento che ha reso orfani di padre tre dei suoi figli in una moschea di Boston. Dove parlerà di come ha risposto alla tragedia. Lei, assieme a un’altra vedova dell’11 settembre, la cattolica Patti Quigley. Anche costei quasi alla fine di una gravidanza quando il marito fu carbonizzato dall’esplosione e già mamma (Susan aveva due figli - un maschio e una femmina- lei una bambina).
In quei giorni l’America aveva attaccato l’Afghanistan, il paese in cui era stata pianificata e diretta la strage dei loro mariti, e gran parte del paese concentrava la propria attenzione sulle milizie talebane e quelle qaediste di Osama bin Laden. In nome della giustizia e della punizione, se non della rappresaglia. Loro invece hanno cominciato a pensare alle donne che sarebbero rimaste, o erano già, vedove come loro. E si sono rese conto di quanto simili e quanto diverse erano quelle due realtà.
«Ci siamo immediatamente immedesimate. Ma ci siamo anche rese conto di quanto aiuto noi avevamo avuto dopo l’11 settembre dagli amici, dalla comunità, dagli estranei. Loro invece non ne avevano alcuno. E abbiamo cercato di rimediare» ha ricordato Retik.
Nel 2003 hanno dato vita a una onlus, chiamata "Beyond the 11th", oltre l’11, con la mission di aiutare le vedove di guerra afghane a costruirsi una nuova vita. I primi fondi li hanno messi loro stesse, utilizzando parte del denaro pagato dallo stato e dalle assicurazioni dopo la morte dei loro mariti. Nel 2006 sono andate a Kabul a conoscere di persona alcune delle donne che hanno beneficiato del loro supporto. A oggi sono più di mille. Grazie a iniziative che includono un centro per la tessitura di tappeti, una fabbrica di palloni da calcio e un programma di microcredito.
Patti ha lasciato la onlus «per non restare tutta la vita una vedova dell’ 11 settembre», ma continua ad aiutare Susan, la quale nel frattempo si è risposata e ha avuto un quarto figlio. Il 5 agosti il presidente Obama le ha conferito la "medaglia al cittadino", la seconda più alta onorificenza civile americana. Domani, in moschea, Susan ricorderà l’11 settembre chiedendo fondi per le vedove afghane.