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 2010  settembre 10 Venerdì calendario

VENEZUELA, LA GRANDE CARNEFICINA

Manuel stava mangiando un hot dog in­sieme all’amico Carlos Alberto quan­do una raffica di mitra l’ha crivellato. È morto sul colpo. Aveva vent’anni e fra un me­se avrebbe sostenuto l’esame per diventare po­liziotto. La famiglia giura che non aveva nemi­ci. Per le autorità, il “malandro” – così qui chia­mano i sicari – ha sbagliato bersaglio. Forse. Il suo caso è stato liquidato in fretta, si lamenta­no i genitori. Ma non si poteva fare altrimenti. A Caracas i morti ammazzati sono troppi. All’o­bitorio, i cadaveri ammassati accanto a quello di Manuel sono centinaia. Tutti lo sanno. E ben prima che, qualche settimana fa, il quotidiano
El Nacional pubblicasse in prima pagina la fo­to della camera mortuaria stracolma.
Scippi, rapine, aggressioni e, soprattutto, omi­cidi sono un fatto quotidiano. Accadono di con­tinuo sotto gli occhi impotenti della popola­zione. Solo il governo sembra non accorgerse­ne. Il presidente Hugo Chavez – da dieci anni al potere – ripete che la violenza urbana è un «pro­blema mondiale». A «gridare alla strage per o­gni delitto» in Venezuela sarebbe «l’oligarchia controrivoluzionaria» nel tentativo di scredi­tarlo. Proprio questa «manipolazione delle ci­fre sugli assassinii» avrebbe spinto le autorità a smettere di pubblicare le statistiche ufficiali. Da sette anni, le uniche disponibili vengono ela­borate con fatica, in base a indiscrezioni, stime e proiezioni, da enti indipendenti. Come l’Os­servatorio sulla violenza in Venezuela – nato dalla collaborazione tra l’università Central, quella dell’Oriente e la Cattolica del Tachira – che parla, per il 2009, di 16.047 persone massa­crate, in media 44 al giorno. Le vittime del con­flitto iracheno, nello stesso anno, sono state un quarto: 4.644. Da qui il titolo di una recente in­chiesta del New York Times, che ha fatto infu­riare il leader bolivariano: «Il Venezuela è più letale dell’Iraq».
«Menzogne imperialiste», hanno risposto dal palazzo presidenziale di Miraflores. Salvo met­tere sotto sorveglianza l’obitorio e vietare ai fa­miliari in attesa di parlare con la stampa. Fino a quando non è venuta fuori un nuova inchie­sta. Ancor più sconvolgente: le vittime, l’anno scorso, sarebbero 19.133, ben 52 al giorno, in pratica una ogni 27 minuti. Oltre 3mila in più rispetto al bilancio dell’Osservatorio. Solo che a sostenerlo, in un dossier di 279 pagine ricche di particolari, stavolta è una fonte ufficiale: l’I­stituto nazionale di statistica (Ine). I dati sa­rebbero dovuti restare segreti. Grazie alla com­plicità di qualche funzionario, però, il fascico­lo è arrivato sul tavolo del direttore di El Na­cional, che l’ha sbandierato ai quattro venti. Scatenando un vespaio. Perché, dopo anni, la gente ha visto confermate nero su bianco le sue paure.
«Non esco mai la sera. Neppure il venerdì. Pren­do una birra nel market sotto casa e la bevo in casa. Almeno non in­cappo in un malan­dro », racconta José, tas­sista caraqueño. I citta­dini vivono barricati dietro inferriate e siste­mi d’allarme. L’86 per cento dei venezuelani – dice Istituto di ricerca sulla convivenza e si­curezza urbana (Inco­sec) – possiede almeno un dispositivo di sicu­rezza. Anche di giorno i movimenti sono limi­tati. Parchi e piazze so­no semi-deserti. Nel tempo libero, le fami­glie prendono d’assal­to i centri commercia­li. Le strutture vigilate sono l’unico posto “si­curo” per passeggiare. Come accadeva nella Colombia degli anni Novanta, insanguinata dai narcos di Pablo E­scobar. Solo che in que­st’ultima – dove il con­flitto tra autorità, para­militari e guerriglieri prosegue – ormai il tas­so di omicidi è sceso a 32 ogni 100mila abi­tanti, meno della metà rispetto alla Repubblica bolivariana.
Non c’è molta differen­za col Nord del Messico, straziato dalla lotta tra i cartelli della droga. A Juarez, la città più vio­lenta al mondo, ci sono 207 delitti ogni 100mi­la abitanti, a Caracas 200. A Bogotà – per dare un’idea delle proporzioni – sono 23, a Sao Pao­lo del Brasile 14. In Venezuela, negli ultimi tre anni, sono state massacrate oltre 43mila perso­ne. Nemmeno la narcoguerra messicana ha pro­dotto tante vittime: si parla di 28mila, dal 2006. E sono già tantissime.
Il traffico di droga è solo una delle cause della quotidiana “mattanza” venezuelana. Seppur im­portante. Il Paese è diventato un importante “trampolino” verso l’Europa – nuovo mercato e­mergente – per la cocaina colombiana. Secon­do l’ultimo rapporto dell’Agenzia Onu contro la droga (Unodc), tra il 2006 e il 2008, la metà dei carichi arrivati via mare nel vecchio Continen­te sono partiti da porti venezuelani. La presen­za di trafficanti – che fanno da “manovalanza” per i grandi cartelli messicani o a quelli colom­biani superstiti di San Andres o La Guajira – ha, di certo, contri­buito a incre­mentare la vio­lenza. Che di­pende, però, an­che altri da fatto­ri. Disoccupazio­ne e inflazione sono aumentati esponenzial­mente negli ulti­mi anni. Il 28 per cento dei giovani non lavora né studia. Sono “prede” facili per le bande cri­minali. Che li reclutano come spacciatori o si­cari.
Il 60-70 per cento degli omicidi sono, però, com­piuti al di fuori del crimine organizzato. Si uc­cide per i motivi più banali: perfino le liti per il parcheggio, spesso, finiscono nel sangue. È co­me se la violenza impregnasse le relazioni so­ciali. Il lassismo del governo chavista – sosten­gono vari analisti – è uno dei principali re­sponsabili. Insieme alla politicizzazione e per­dita d’indipendenza del sistema giudiziario, sempre più debole. I cosiddetti “oppositori” ven­gono processati – e condannati – con sorpren­dente rapidità. Il resto dei delitti, invece, il più delle volte resta impunito. Negli ultimi tre an­ni, il 91 per cento dei casi di omicidio è rimasto senza colpevole. Nel rimanente 9 per cento c’è stato qualche arresto. Le condanne si contano sulla punta delle dita. Due terzi dei detenuti ve­nezuelani – in questi giorni in sciopero della fa­me per denunciare le condizioni di sovraffolla­mento e abusi in cui vivono – è in attesa di giu­dizio. Un’attesa, spesso, infinita. Mentre fuori i “malandros” continuano a uccidere.