DANIELE MASTROGIACOMO, la Repubblica 10/9/2010, 10 settembre 2010
ETA "BASTA VIOLENZA" IL POPOLO BASCO RIPUDIA LA GUERRIGLIA - SAN SEBASTIAN
«Lo sa perché l´Eta ha perso? Glielo dico io che sono basco fino alle ossa». L´autista del taxi pigia sull´acceleratore e affronta le raffiche di pioggia che sferzano la città. C´è aria triste a San Sebastiàn, gioiello del golfo di Biscaglia. Il cielo livido, avvolto dalle nuvole nere, rende l´atmosfera ancora più cupa. Mezzo secolo di violenza ha prodotto solo morti in questa terra. Tanti: 829, secondo le statistiche ufficiali. Civili e militari. Oggi i turisti impazzano, tra i vicoli e i palazzi che anche qui hanno segnato la Belle époque, si fanno soldi a palate. Ma l´indipendenza, il sogno coltivato da decine di migliaia di baschi, è ancora un miraggio.
«Sono rimasti fuori dal tempo», sentenzia con rabbia Miguel dopo un lungo silenzio, «ancorati al passato. Non hanno capito la realtà. La gente è stufa della violenza e degli attentati. Ma anche delle minacce, dei ricatti, del pizzo imposto agli imprenditori costretti a girare armati o con la scorta. Noi guardiamo al futuro. L´indipendenza non si ottiene più con le bombe e le pistole. L´Europa è democratica. L´Ira lo ha capito: ha chiuso un´epoca in Irlanda, ha mollato le armi. Gli etarras dovrebbero prendere esempio».
L´autista si ferma di colpo. Ci guarda e prima di ripartire avverte: «Nessuno vi parlerà come me. Ci vuole coraggio. Lo so, sembra assurdo ma è così. Tutto questo aveva un senso prima. Con Franco, la dittatura, il carcere. Oggi è diverso. E´ il momento di cambiare».
Qui, nel nord est della Spagna, in un territorio grande come metà dell´Italia, dove si parla una lingua sconosciuta, tra una popolazione che ha origini pre-indoeuropee, accennare all´Eta fa ancora paura. Per le ritorsioni alle critiche, per il rischio di finire in cella se sbagli interlocutore. Perfino le fonti ufficiali preferiscono il silenzio. Rifiutano interviste, convocano conferenze stampa senza concedere domande. Il momento è troppo delicato. Diviso, falcidiato dagli arresti, orfano dei padri fondatori, l´attuale vertice dell´organizzazione cerca una nuova credibilità tra la popolazione e rilancia un negoziato che gran parte della penisola iberica guarda con scetticismo. L´ultima mossa dell´Eta ha fatto clamore: la banda che dal 1968 tiene in scacco il governo centrale di Madrid, che ha ucciso, rapito, rapinato, colpito, che ha fatto saltare in aria l´auto dell´ammiraglio Carrero Blanco, primo ministro ai tempi di Franco e suo delfino, vuole una tregua. Una tregua unilaterale, senza condizioni.
La notizia, accolta con grande cautela, riaccende nuove speranze sul conflitto basco ma conferma anche la grave crisi in cui versa l´organizzazione. L´Eta ha subito una valanga di arresti: 86 solo nei primi sei mesi di quest´anno. Il suo vertice è stato decapitato Molti pensano che voglia solo prendere tempo. Per riorganizzarsi e riarmarsi. La maggioranza, dalla destra del Partito popolare alla Izquierda unida, resta tiepida. L´offerta è respinta al mittente: «Non basta, dovete rinunciare alla lotta armata».
Tanta sfiducia non è campata in aria. Il 30 dicembre del 2006 l´Eta aveva rotto una tregua (l´ultima di otto) su cui puntavano molto il primo esecutivo Zapatero e i nazionalisti baschi. Un colpo a tradimento: dopo appena sei mesi di trattative, gli etarras avevano piazzato un furgone con 300 chili di esplosivo nel parcheggio dell´aeroporto di Barajas a Madrid. Era in corso una lotta al vertice tra vecchia e nuova guardia: tra gli anziani pronti a negoziare l´uscita dalla clandestinità e i giovani privi di esperienza e di memoria storica decisi ad andare fino in fondo. Il confronto con la Catalogna autonoma, oggi, è ancora più stridente. Il tassista Miguel ce lo ricorda: «Senza sparare un colpo, al sud hanno avuto il doppio».
Le speranze di una pace che appare come un miraggio restano affidate alla sinistra abertzale, patriota in basco. E´ la nuova sigla della vecchia Herri Batasuna, poi cambiata in Batasuna, braccio politico dell´Eta, dal 2003 messa al bando da un provvedimento del giudice Baltasar Gàrzon. Da un anno, il gruppo ha elaborato una nuova strategia con due obiettivi: tornare sulla scena politica in vista delle elezioni amministrative del maggio del 2011, evitare di perdere quel 20 per cento di tacito consenso di cui per anni ha goduto l´Eta. Una nuova linea politica che punta sul sociale, sull´equità fiscale, sulla giustizia e il lavoro. In vista di una tregua definitiva e l´abbandono delle armi.
Non sarà un processo semplice e breve. Bisognerà superare i dubbi della gente, mettere a punto una mediazione di alto livello, che pesi sul piano internazionale per premere sulla Spagna riluttante. I garanti ci sono: gli stessi che hanno portato l´Ira a dichiarare la conclusione della lotta armata in Irlanda del Nord.
Dietro il nuovo comunicato dell´Eta c´è l´impronta di quattro premi Nobel per la pace: l´arcivescovo Desmond Tutu, l´ex presidente sudafricano William De Klerk, l´ex primo ministro irlandese John Hume, l´ex presidente irlandese Mary Robinson. Dal febbraio scorso hanno mediato e suggerito le basi di un nuovo accordo. Poi hanno affidato la stesura dell´ultima proposta a Brian Currin, avvocato sudafricano, protagonista dei negoziati sull´apartheid e se sull´Ira Il governo Zapatero era al corrente degli incontri. Sapeva che l´Eta stava preparando una nuova proposta. Ma sapeva anche che la banda era debole e isolata tra la stessa popolazione. Ha fatto finta di niente. Non si è mostrato sorpreso, ha potuto accogliere con freddezza l´offerta di tregua.
Per domani la sinistra abertzale ha convocato una grande manifestazione per rilanciare il negoziato. Ma è stata diffidata dalla magistratura: la considerano illegale. Zapatero vuole trattare solo se ci sarà la condanna definitiva della lotta armata. Il nuovo capo dell´organizzazione è una donna, è lei che ha letto il comunicato nel video affidato alla Bbc. Si tratta di Iratxe Sorzabal, 30 anni, da dieci militante etarra, più volte arrestata e poi rilasciata. La sua presenza al vertice è incoraggiante: guida l´ala moderata dell´Eta, quella decisa ad una svolta pacifica. E´ l´ultima speranza a cui si aggrappano i baschi in una partita che molti considerano già persa.