Massimo Gramellini e Carlo Fruttero, La Stampa 10/9/2010, pagina 80, 10 settembre 2010
STORIA D’ITALIA IN 150 DATE
15 luglio 1964
Vuò fa il sudamericano
Il governo di centrosinistra è caduto sui soldi alla scuola cattolica e Aldo Moro sta cercando con tecniche da fachiro di metterne in piedi un altro. Dopo sessantatrè ore di discussioni, a Villa Madama il socialista Nenni si addormenta di schianto su una panchina. Saragat lo addita ai democristiani: «Guardate quel pover’uomo. Ecco come lo avete ridotto». E pone un ultimatum, che essendo rivolto ai democristiani diventa subito un penultimatum, perché quelli vogliono continuare a discutere su tutto: riforma scolastica, regioni, legge urbanistica. Al Quirinale il presidente Segni non ne può più. Delle consultazioni, del caldo afoso e del centrosinistra, a cui imputa la crisi che ha spezzato il miracolo italiano. La Confindustria la pensa come lui e anche il ministro del Tesoro, Colombo, preconizza il collasso imminente dell’economia. Scioperi, disoccupati, fuga di capitali. Dopo quella dell’energia elettrica, Segni teme la nazionalizzazione delle case e ha dato tempo a Moro fino a sabato per formare un governo più moderato. Altrimenti… Qui entra in scena il comandante dei carabinieri, Giovanni De Lorenzo. Proviene dai servizi segreti, dove ha selezionato gli agenti anticomunisti di Gladio e si è costruito un tesoretto di dossier e rapporti ambigui. Ha un piano in tasca per le emergenze. Il piano Solo - nel senso che sa di poterlo realizzare solo coi carabinieri - prevede di «enucleare», deportare, in Sardegna una serie di personalità scomode e di occupare le prefetture e la Rai.
Segni non ha dimenticato le reazioni della piazza al governo Tambroni. Secondo «L’Espresso», che tre anni dopo svelerà l’intrigo, il Presidente convoca De Lorenzo al Quirinale per chiedergli se sarebbe in grado di garantire l’ordine pubblico, qualora si formasse una maggioranza di centrodestra o si tornasse alle urne. Da qui a farne un alleato dei golpisti, il passo è lungo. Ma De Lorenzo preferisce pensare che sia arrivata l’ora X e avverte i suoi di tenersi pronti, perché se Moro non formerà il governo entro sabato... Invece Moro ce la fa, simulando persino un malore per ammorbidire dorotei e socialisti e farli convergere su un programma che non spaventi troppo il capo dello Stato. Il 7 agosto va a trovarlo, insieme con Saragat, e durante il colloquio si sentono urla, riferimenti minacciosi. Segni si accascia, colpito da trombosi: non si riprenderà più e al suo posto sarà eletto proprio Saragat. Quanto a De Lorenzo, viene nominato capo di Stato Maggiore dagli stessi uomini che avrebbe voluto «enucleare». Ma l’esplosione dello scandalo lo costringe alle dimissioni e il generale che sognava almeno il ministero della Difesa si rassegnerà a concludere la carriera come deputato dell’estrema destra.