Marcello Sorgi, La Stampa 10/9/2010, pagina 3, 10 settembre 2010
Sondaggi alla mano, al Pdl conviene il voto - Sondaggi alla mano, e responsabilità nazionale a parte, per usare una delle parole che va più di moda in questi giorni, al Cavaliere converrebbe andare al voto
Sondaggi alla mano, al Pdl conviene il voto - Sondaggi alla mano, e responsabilità nazionale a parte, per usare una delle parole che va più di moda in questi giorni, al Cavaliere converrebbe andare al voto. Lo dicono i primi sondaggi piovuti sui tavoli di Palazzo Chigi dopo il discorso di Mirabello. Da una rilevazione all’altra, ovviamente, ci sono differenze, ma il quadro è abbastanza uniforme per capire - e questo è il primo dato - che il partito dei Futuristi fondato dal Presidente della Camera, se si votasse in autunno, a meno di un improbabile accordo con un terzo polo di centro tutto da costruire, rischierebbe di non superare la soglia di sbarramento e di non entrare in Parlamento. Le tabelle assegnano a Fini una percentuale più vicina al 5 che al 4 per cento, ma le famose "forchette", che prevedono oscillazioni in alto e in basso delle previsioni, non gli consentono di collocarsi con certezza in zona promozione. Il previsto sfondamento della Lega è confermato: 12 per cento, il che vuol dire al Nord il Carroccio in gran parte del territorio primo partito. Casini e l’Udc, con oltre il 6 per cento, migliorerebbero la loro performance, mentre Di Pietro, cedendo posizioni ai Futuristi, si attesterebbe su un dignitoso 7. Problemi di apparentamento, se non si vogliono sprecare voti, sia per la Sinistra radicale, anch’essa a rischio sbarramento perchè divisa attualmente in tronconi (Rifondazione, Vendola, Pdci) che valgono ciascuno poco più o poco meno del 2 per cento, come Grillo, sia per Rutelli, valutato sotto l’1,5. Ma i punti fermi che giocano a favore di Berlusconi, in caso di scioglimento anticipato, sono due: mentre il gradimento del governo è in calo (fino a prima dell’orribile agosto che s’è appena concluso superava abbondantemente il 50 per cento), il Pdl non scende sotto il 30 per cento. Anzi, tende più al 31, facendo sì che l’alleanza, pur sbilanciata a favore della Lega, con Bossi, porterebbe il centrodestra ad aggiudicarsi la vittoria e il premio di maggioranza (almeno alla Camera, al Senato non è detto) anche senza l’appoggio di Fini. Mentre il Pd, fermo al 26,5, non ha grandi chanche di ribaltare la situazione. In altre parole: se il Cavaliere, stabilendo una nuova intesa con l’Udc e altri cespugli del gruppo misto, e recuperando in qualche modo i finiani, sarà in grado di mettere su un solido patto di maggioranza, che lo lasci a Palazzo Chigi fino alla scadenza naturale del 2013 e lo metta in condizione di rilanciare il governo, meglio per lui. Ma se gli si prospetterà un accordo abborracciato e il rischio di elezioni si sposterà semplicemente dall’autunno alla primavera, non è difficile capire cosa sceglierà.