GIAMPAOLO VISETTI, la Repubblica 9/9/2010, 9 settembre 2010
LA SVOLTA DELLA CINA "STOP ALLE BACCHETTE"
Prelevare il boccone dal piatto con i bastoncini, per un occidentale, contribuisce al fascino esotico emanato da un ristorante cinese. Mangiare con una mano sola, conservando libera la seconda per il bicchiere, o una sigaretta secondo la malsana tradizione dell´Oriente, è un lusso che la terra non può più permettersi.
La colpa non è dei circa venti miliardi di clienti che ogni anno frequentano all´estero un locale di cucina orientale. Il problema questa volta sono i cinesi che, grazie alla crescita economica, affollano ormai centinaia di migliaia di ristoranti. Un´indagine del ministero del commercio di Pechino ha stabilito che in Cina, nel 2010, sarà superata la quota record di 50 miliardi di coppie di bastoncini usa e getta, più di 150 milioni al giorno. Può apparire un calcolo futile, per la nazione che ha conquistato il primato mondiale nell´emissione di sostanze inquinanti. In realtà è un volume di legno impressionante, tale da aver spinto il governo, per la prima volta nella storia, ha imporre lo stop alla produzione di nuovi bastoncini monouso. D´ora in poi la fabbricazione, il commercio e il riciclaggio delle posate orientali sarà limitato dallo Stato.
Le aziende non potranno produrre più di un numero prestabilito di bastoncini e le imprese che non rispetteranno la soglia saranno chiuse. Non che le autorità, pur soggette all´attrazione dei costumi europei, incentivino un più ecologico ricorso a forchetta, cucchiaio e coltello in metallo. Gli alimenti cinesi, storicamente tagliati in piccoli pezzi prima della cottura per diminuire il consumo di fuoco nelle zone semidesertiche dell´Asia, non si prestano alla posateria diffusa nell´Ovest. Il partito comunista punta piuttosto ad assumere, in patria e all´estero, un´immagine verde, anche a costo di partire dal dito inserito nella falla invisibile di una diga che crolla. Il «divieto del bastoncino» giunge infatti al termine di un´estate nera per l´annunciata svolta ecologica cinese. Mai le industrie, ripartite a pieno regime, hanno avvelenato tanto l´aria e l´acqua del Paese. Una chiazza enorme di petrolio, al largo del porto di Dalian, continua a soffocare ciò che resta del Mar Giallo. Tremila barili di sostanze tossiche navigano nel fiume Songhua, nel Nordest, e un milione di nuove auto al mese paralizzano ormai le strade di metropoli che si apprestano a contare 40 milioni di abitanti.
Potrebbe così apparire eccentrico, seduti su una bomba ambientale e mentre i cambiamenti climatici hanno sconvolto il continente, prendersela con la gente che impugna le bacchette a basso costo fornite da mense e banchetti di cibo da strada. La precisione della burocrazia cinese ha scoperto invece che, per fornire al popolo i bastoncini da pasto, vengono abbattuti ogni giorno 50 ettari di alberi, in prevalenza betulle, pioppi e bambù, pari ad una foresta ampia quanto 150 campi da calcio. In un anno la Cina, per portare il cibo alla bocca senza tradire la consuetudine, taglia più di 30 milioni di piante. E´ poco meno della superficie forestata della Francia, in un decennio, spogliata mentre la desertificazione sta consumando il territorio nazionale, innescando esodi epocali.
Anche una coppia di bastoncini a tavola inizia così a fare la differenza e Pechino, sfidando l´impopolarità, è decisa a convincere un miliardo e quattrocento milioni di cinesi a lavare i propri utensili a fine pasto. La "rivoluzione", per la prima volta, potrebbe non riuscire. Trecento fabbriche di bastoncini occupano oltre centomila operai, in particolare nelle zone povere dell´interno. Il mercato del bastoncino usa e getta è in pieno boom e alcuni gruppi, sostenuti dalle banche di Stato, sono quotati in Borsa.
L´alternativa sintetica, in resina melaminica, secondo il ministero della sanità presenta «alti contenuti di formaldeide», mentre altri materiali, tra cui alcuni commestibili, alterano il sapore delle pietanze. Non resterebbero che le più costose stoviglie perenni, metalliche, in osso, o in legno trattato, lavabili come quelle diffuse nelle case. Non in tutta la Cina l´acqua è però sempre disponibile e mentre una coppia di bastoncini monouso costa un centesimo, sterilizzare quelle riciclabili oscilla tra i 30 e i 70.
Aziende e ristoranti non vogliono assumere questo onere, e tantomeno i clienti, che diffidano anche della pulizia dei locali. Sui bastoncini il governo potrebbe dunque perdere la sua prima battaglia, pur simbolica, per una crescita meno distruttiva. A meno che i cinesi non si convincano davvero che, mangiando, finiscono di consumare anche l´aria che respirano.