Riccardo Viale, Nòva24 9/9/2010, 9 settembre 2010
PER IL CERVELLO CI VUOLE ATTENZIONE - U
n interrogativo che, spesso, viene posto in convegni e trasmissioni televisive è quanto le nuove tecnologie multimediali possano avere un effetto negativo sullo sviluppo cognitivo del bambino. La risposta non è chiara, ma vi sono indizi di tipo neurocognitivo che sembrano deporre a sfavore delle nuove tecnologie.
In un famoso esperimento elaborato dallo psicologo dell’Università dell’Illinois, Dan Simons, viene mostrato un video in cui varie persone si lanciano una palla. Viene poi chiesto ad alcuni adulti di contare quante volte la palla passa da una mano all’altra. Il test è reso difficile dal movimento dei giocatori che cambiano in modo imprevedibile traiettoria. Alla fine del test viene chiesto ai partecipanti se avessero notato qualcosa di insolito nel video. La risposta era prevalentemente negativa. Lo stesso test viene ripetuto una seconda volta, chiedendo ai partecipanti di non contare più i passaggi di palla. In questo secondo caso tutti si accorgono che sullo sfondo del video fa capolino un gorilla che attraversa indisturbato tutto lo schermo.
Come è possibile un tale fenomeno di cecità? Il dato sorprendente è che lo stesso video, presentato in un convegno di psicologi americani al corrente dell’esperimento, abbia prodotto lo stesso effetto. Inattentional blindness
(cecità attenzionale) si chiama il fenomeno. Il soggetto si focalizza su un compito da eseguire e tutto ciò che rimane fuori dal cono di luce della sua attenzione è come se si dileguasse a livello percettivo. Casi più comuni della nostra esperienza quotidiana avvengono quando siamo concentrati in una conversazione e non sentiamo chi ci parla di fianco, o quando durante una lettura siamo distratti da un pensiero improvviso e continuiamo a leggere senza più cogliere il significato, o quando ci concentriamo su un gusto o un profumo e non ci accorgiamo degli altri a esso associati. Nell’esperimento del gorilla la corteccia frontale, eccitata da una maggiore presenza di acetil colina, inibisce la parietale e l’occipitale dall’inviare nuove informazioni relative al gorilla e concentra l’attività percettiva sul compito assegnato, la conta dei passaggi della palla.
Quale potrebbe essere la performance dei bambini nell’esperimento del gorilla? Se consideriamo ciò che conosciamo della cognizione infantile non sorprende che essi si comportino molto meglio degli adulti. Individuano con una maggiore frequenza i personaggi di disturbo in questo tipo di esperimenti sulla inattentional blindness. Si dirà che questa superiorità deriva da una loro maggiore tendenza a distrarsi. È vero, ma corrisponde solo a un lato della medaglia. I bambini, in realtà, hanno una maggiore capacità a utilizzare in parallelo i vari canali percettivi. Sono soggetti multicanale in grado di recepire molta informazione e in tal modo apprendere più degli adulti. Sono delle vere e proprie learning machine.
Ciò si riflette anche in una maggiore distribuzione dell’acetil colina in varie parti del cervello (quindi non solo nel lobo frontale) e in una immaturità del collegamento dei lobi frontali con quelli parietali e occipitali ( che in tal modo non sono inibiti). Questo parallelismo multicanale tende ad affievolirsi con il passare degli anni, quando matura la connessione inibitoria del lobo frontale e si consolidano le reti neurali selezionate con l’apprendimento.
Proprio rispetto a questa dinamica evolutiva ci si chiede che influenza possa avere sui bambini il crescente uso delle molteplici tecnologie informatiche e multimediali. La risposta è contraddittoria. È vero che l’utilizzo di computer, iPhone, iPad, iPod, videogiochi sta aumentando la propensione multitasking degli adulti. Vi è una tendenza a diventare più capaci ad affrontare contemporaneamente molte attività e a prestare più attenzione (come nei primi anni di vita) a varie sorgenti informative. Dall’altra,però, se si vanno ad analizzare alcuni dati presentati da Eyal Ophir e il suo gruppo di Stanford si scopre come i soggetti che fanno un grande uso di tecnologie tendano a comportarsi come i bambini nell’esperimento del gorilla: hanno più difficoltà a escludere l’informazione distraente e concentrarsi sul compito. Ad esempio se si chiede loro di fare attenzione al movimento di un rettangolo rosso sullo schermo avranno più difficoltà a non distrarsi dall’aggiunta di un rettangolo blu sullo stesso schermo. Inoltre, sempre per il deficit di attenzione, sembrano meno efficaci nel passare velocemente da un compito all’altro. Ci si chiede se questi cambiamenti cognitivi e percettivi derivino da un rewiring di alcune parti del cervello, ad esempio con l’indebolimento della funzione inibitoria della corteccia frontale su quella parietale e occipitale. Se così fosse si potrebbero porre inquietanti interrogativi sul rischio che l’utilizzo di queste tecnologie nell’età evolutiva possa influire negativamente sullo sviluppo delle capacità "attenzionali" dell’individuo.