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 2010  settembre 07 Martedì calendario

Elogio del complimento (se meritato) - Fra le forme di minorità del Pensie­ro debole che porta alle estreme conse­guenze la visione penitenziale del cate­chismo controriformistico che vede la donna come simbolo del male, c’è il di­sprezzo della «carne»

Elogio del complimento (se meritato) - Fra le forme di minorità del Pensie­ro debole che porta alle estreme conse­guenze la visione penitenziale del cate­chismo controriformistico che vede la donna come simbolo del male, c’è il di­sprezzo della «carne». Il corpo, altrimen­ti detto «carne», è in realtà il tempio del­l’anima e soltanto per questo dovrebbe essere esaltato, anche in una prospettiva cri­stiana. Invece, da secoli, vie­ne fatto coincidere con la fon­te di desideri peccaminosi, per chi non lo rispetti in mo­do astratto. Ma il desiderio è peccato? Due corpi che si stringono negano la spiritua­lità dell’uomo? A me è sem­pre sembrata una posizione assurda. Eppure continua­n­o a sopravvivere contrappo­sizione fra corpo e anima, fra pensiero e piacere. Di questa visione reaziona­ri­a e bigotta si è fatta interpre­te con le sue sgangherate di­chiarazioni una scrittrice sar­da che si pensa progressista e veste senza pudore Berlu­sconi, pubblicando i suoi li­bri con la casa editrice Einau­di, proprietà del premier, senza vivere i tormenti del te­ologo Vito Mancuso e di altri che avvertono l’impudicizia di fare i moralisti e di prende­re i soldi da Berlusconi. Così, senza accorgersene, entra in un vicolo cieco Michela Mur­gia affermando, a proposito di assolutamente insignifi­canti complimenti di manie­ra di Bruno Vespa a Silvia Avallone vincitrice del pre­mio Campiello opera prima: «Quando c’è di mezzo una donna, si va sempre a parare sul corpo. Non importa la sua intelligenza, non impor­ta se viene festeggiata, pre­miata, perché ha scritto un li­bro importante. Tutto si svili­sce, si riduce alla carne». È un problema della sola Mur­gia perché, con assoluta spontaneità, la Avallone, ra­gazza tranquilla, risponde: «Ero emozionata, non mi so­no neppure resa conto». Co­sì si offende per lei la brutta Murgia, che rincara: «Vespa non mi è piaciuto. Il suo com­portamento verso la Avallo­ne e gli apprezzamenti sono stati di cattivo gusto. Se li avesse fatti a me, avrebbe avuto la risposta che si meri­tava ». La risposta che si merita la Murgia è ancora più sempli­ce: c’è una ragione perché non ha avuto gli apprezza­menti di Vespa; evidente­mente non se li meritava. Sia­mo alle solite. Alla Bindi che replica alla battuta berlusco­niana, rubata a me, «più bel­la che intelligente»: «Io non sono fra le donne a sua dispo­sizione ». Una risposta appa­rentemente orgogliosa ma molto fragile, giacché sareb­be stato semplice, per il pre­mier, rispondere «meno ma­le » o «per fortuna». Immagi­nate la felicità di un uomo che avesse a disposizione la Bindi, piena di desideri e di concupiscenza. Non sapreb­be come cavarsela. Ed è la stessa condizione per cui Ve­spa non ha fatto apprezza­menti sulla Murgia, che pure era scollacciata non meno della Avallone. Tutta la pole­mica si basa sul fatto che il corpo bello sia una colpa e sia in contrasto con il ricono­scimento dell’intelligenza e della capacità. Invece la bel­lezza è il fondamento stesso del pensiero filosofico e reli­gioso. La Murgia deve torna­re a scuola. Ma perché non si chiede come mai i compli­menti Vespa non li ha fatti a lei? La bellezza non è qualco­sa di negativo, ma qualcosa che merita apprezzamento. Una brutta sarà apprezzata perché è intelligente, ma una bella sarà apprezzata perché bella e intelligente. Non è che bellezza e intelli­genza siano una buona e l’al­tra cattiva. Oggi, uscendo dall’albergo Urbino Resort, ho chiesto, per prova, alla di­rettrice se preferiva essere bella o brava. Mi ha risposto candidamente: «Entrambe. Ma mi fa piacere essere con­siderata bella perché so che sono brava». E non si tratta soltanto di una questione che riguarda il corpo femmi­nile. È invece, piuttosto, una questione che riguarda il cor­po nudo e la sua bellezza for­male. I bronzi di Riace sono apprezzati perché belli, co­me il Davide di Michelange­lo, e la bellezza del loro cor­po è un valore intellettuale oltre che sensuale e li rende attraenti più che un satiro grasso o un corpo deforme pur mirabilmente rappre­sentato. I canoni della bellez­za classica sono consolidati e valgono per i kuroi come per la Venere di Milo o per le Veneri di Tiziano. È assurdo dire: «Quando c’è di mezzo una donna si va sempre a pa­rare sul corpo». È bella ma non devo dirglielo? Perché? Tra uomo e donna non c’è differenza. È solo una que­stione legata al costume nel doppio senso, anche se oggi i comportamenti stanno cam­biando. Non in certe situa­zioni formali. Ma è evidente, quando si premia un uomo, Pennacchi, Lerner, è consue­tudine vederlo con giacca, cravatta e persino cappello, sciarpa, bastone, o smoking, cravattino, camicia bianca, fascia, tutto coperto dalla te­sta ai piedi. Poi si premia la Avallone: arriva con un vesti­to leggero. Ne vediamo le gambe, le caviglie, i seni e i tatuaggi. Se lei si fa vedere, dobbiamo far finta di non ve­dere? E dobbiamo tacere su quello che vediamo? Le don­ne adottano un costume che sottolinea la femminilità e presuppone lo sguardo. Le donne chiedono di essere vi­ste. Ma se un uomo si presen­tasse a ricevere un premio in costume da bagno con le spalle e le gambe scoperte probabilmente riceverebbe osservazioni non solo sulla sua opera ma anche sul suo modo di vestire. Non risulta, per il costume, che Moravia, Pasolini, Gadda, Bassani, Montale o Cassola si siano mai presentati a ritirare pre­mi con abiti scollati e le gam­be nude. Ma sono certo che avrebbe fatto notizia. E certa­mente Vespa lo avrebbe sot­tolineato. C’è dunque un ri­to, che riguarda il «costume» del vestire maschile e del ve­stire femminile in circostan­ze di carattere celebrativo. Sono regole che riguardano il presentarsi in società. Ma forse la Murgia non sa che si possono anche assumere at­teggiamenti eccentrici. E che, per esempio, Julien Sch­nabel si presenta in pubbli­co, anche a ricevere premi, in pigiama. Dobbiamo far finta di niente? Non possia­mo dirlo? Dobbiamo occu­parci soltanto del suo talen­to come pittore e come regi­sta? In compenso Rula Jebreal, sua compagna, è bella e intel­ligente. Dovrebbe indossare il burqa? Dovrebbe prescin­dere dalla sua bellezza? E possiamo escludere che la sua bellezza abbia aiutato la sua intelligenza? Sarebbe per lei un vantaggio essere come la Buttiglione? Non dobbiamo rilevare la diffe­renza fra le due? Una è consa­pevole della sua bellezza, e ne trae vantaggio. E però, se­condo la Murgia, se metti in gioco il tuo corpo, la bellezza del tuo corpo, rischi di diven­tare un «pezzo di carne». D’altra parte anche la Mur­gia indossava un vestito che lasciava tette e gambe sco­perte, ma non è stata apprez­zata. Naturalmente i canoni di bellezza possono mutare. Ci sono nell’arte corpi simili a quelli della Murgia come la Venere di Willendorf del 30.000 avanti Cristo circa, ma l’estetica femminile con­solidata ha altre forme ed è abbastanza semplice defini­re cosa è bello e cosa è brutto rispetto all’armonia e alle proporzioni della bellezza. D’altra parte Sartre in Simo­ne de Beauvoir e Moravia in Dacia Maraini non apprezza­vano la sola intelligenza. Ma certamente anche l’avvenen­za. Anche loro come Vespa? Quella della Murgia è una forma di debolezza concet­tuale. Di ignoranza. Se il cor­po femminile deve essere mortificato, allora la scrittri­ce si vesta come George Sand, da uomo. E cosi ha fat­to la grande Giovanna Bem­porad. Ma se mostra una tet­ta, non pretenda che non se ne parli. Erano dunque vestite allo stesso modo la Murgia e la Avallone. Io non avrei fatto nessun complimento alla Avallone. Ma se Vespa osser­va che è bella, non significa che non vuole occuparsi del libro. Se qualcuno mi dice che ho un bel ciuffo e io ho fatto una bella conferenza, devo prendermela? La que­stione non riguarda soltanto la donna; con le sue afferma­zioni la Murgia inquina il buon senso, introduce una forzata discriminazione. Era insignificante rispetto all’es­sere buoni attori che Alain Delon o Marcello Mastroian­ni fossero belli? E George Clo­oney e Br­ad Pitt nell’immagi­nario femminile bisognereb­be considerarli soltanto bra­vi? Ed è questa la ragione del­l’apprezzamento che otten­gono? In tutte le discipline la bellezza è un valore aggiun­to che merita attenzione. Sul­la bellezza e sul corpo hanno certamente puntato Madon­na, Mina, Patty Pravo, Milva, Ornella Vanoni, Anna Oxa. Quando Greta Garbo o Mina hanno iniziato ad avere dub­bi­sul loro corpo si sono ritira­te. È dunque inaccettabile la svalutazione del corpo fem­minile da parte della Mur­gia. Una forma di mortifica­zione. Sono «carne» anche i corpi maschili. E se ne parla meno soltanto perché in so­cietà l’uomo si veste di più. Dà valore ai simboli e alle di­vise. Spogliare una donna è più facile ed è la stessa don­na, per vanità e per compiaci­mento, a essere disponibile a farlo. Di fronte a ciò che ve­de, di fronte a ciò che la don­na gli mostra, perché l’uomo deve tacere? I bronzi di Ria­ce si apprezzano proprio per­ché sono nudi. E allora perché dobbiamo riferire il concetto di mercifi­cazione soltanto al corpo del­la donna? Come si può dire, con supponenza, e con pre­potenza: «In altre tv d’Euro­pa, a un conduttore non sa­rebbe permesso di compor­tarsi cosi?». La Murgia tra­scura di considerare che il desiderio e la sensualità so­no valori che riguardano il ri­spetto del corpo dell’uomo come della donna. Una don­na desiderabile non è affatto mortificata. Lo è una indesi­derabile. E la donna che vuo­le essere desiderata non te­me e non respinge un com­plimento. Pennacchi e Gad Lerner, mortificandosi negli abiti, non se lo aspettano. Ma forse Renato Zero o Da­vid Bowie non lo avrebbero disdegnato. E la stessa Mur­gia lo avrebbe sperato. E non, come afferma ipocrita­mente, per respingerlo.