RAFFAELLO MASCI, La Stampa 9/9/2010, pagina 17, 9 settembre 2010
Intramoenia, una legge che divide - L’attuale legge sull’intramoenia, così com’è, è poco limpida ed è senz’altro migliorabile»
Intramoenia, una legge che divide - L’attuale legge sull’intramoenia, così com’è, è poco limpida ed è senz’altro migliorabile». A parlare è il ministro della Salute, Ferruccio Fazio, che fa una riflessione dopo l’incredibile episodio accaduto nell’ospedale di Messina, dove una donna è morta per una lite scoppiata in sala parto tra il medico privato e quello pubblico di turno. Indubbiamente qualcosa non va, ed è quello che il ministro intende valutare al fine di modificare - eventualmente - la legge. O almeno questo ha detto nel corso della trasmissione «Radioanchio». «Il rapporto pubblico-privato - ha spiegato il ministro - è giusto che ci sia ma va regolamentato con grande chiarezza. È nostra intenzione adottare provvedimenti urgenti per definire meglio tali questioni». Quanto all’episodio accaduto a Messina è «la punta dell’iceberg di questo problema - ha sottolineato Fazio - che comprende la non trasparenza dell’intramoenia e la gestione del privato e del malato che arriva nell’ospedale pubblico». Ma l’Anaao-Assomed, il maggiore sindacato dei medici pubblici, rileva che «se come ha affermato Fazio, quello che è avvenuto a Messina è la punta di un iceberg, questo significa che questo iceberg ha anche una base che, secondo noi, è costituita da un traffico, non regolato e nei fatti legittimato, di figure professionali universitarie che si auto attribuiscono, indistintamente, tutte le attività assistenziali». Eppure l’intramoenia, fino ad ora, ha funzionato. In latino - a voler fare i pedanti - le parole sarebbero due: intra (tra) e moenia (mura) e fanno riferimento, per chi non avesse dimestichezza con il settore, alla lucrosa attività privata che i medici del servizio sanitario nazionale, in misura del 95%, svolgono all’interno delle mura dell’ospedale. Secondo l’Osservatorio nazionale per l’attività libero-professionale, composto dai rappresentati dei ministero della Salute e dell’Economia, delle Regioni e dell’Agenas (l’agenzia che si occupa del raccordo tra ministero e assessorati regionali), il business, lo scorso anno, ha portato nelle casse delle Asl e degli ospedali, la cifra di un miliardo 228 milioni e 169 mila euro, il 75% in più di quanto non entrasse nel 2001 e pari all’80% circa di tutti i ricavi derivanti da prestazioni a pagamento. Ma se poi vai a vedere dentro i numeri, si scopre che il grasso non cola poi tanto: l’87% se ne va per coprire i costi, che vuol dire l’onorario dei medici stessi (all’incirca l’80%) e l’uso delle apparecchiature. Il resto - 13% - va nei bilanci delle strutture sanitarie: parliamo sempre di 163 milioni e 501 mila euro. Ma in Italia questa pratica ha distribuito non omogeneamente i suoi frutti. I conti del 2009 parlano di variazioni di ricavi che vanno dal massimo dei 256.537.000 euro della Lombardia (ma nelle casse aziendali restano, tolte le spese, 16.854.000 euro) ai 3.242.000 del Molise (1.364.000 euro spese escluse). Ci sono regioni, per esempio Emilia e Toscana, capaci di ricavare dall’intramoenia rispettivamente 140.135.000 e 129.611.000 euro, classificandosi al secondo e terzo posto, ma anche altre che sono riuscite a rimetterci, come per esempio l’Umbria che è andata sotto di 576 mila euro. All’intramoenia, dice sempre l’Osservatorio, ricorrono soprattutto le donne tra i 20 e i 44 anni, per partorire, e gli uomini tra i 55 e i 70 per interventi al ginocchio, all’ernia inguinale e alla prostatectomia. Perché chiedono un medico privato? Nel 20% dei casi per evitare file (720 giorni per un ecodopler), ma soprattutto (60% dei casi) perché non si fidano delle capacità del medico che trovano per caso in ospedale.