Mattia Feltri, La Stampa 9/9/2010, pagina 1, 9 settembre 2010
A Venezia la mostra dei fanfaroni - Fin qui siamo nella media. Ma si conserva la speranza di far meglio dell’edizione scorsa quando, a Venezia per la mostra d’arte cinematografica, arrivarono le ragazze d’oro dell’estate: Noemi Letizia e Patrizia D’Addario
A Venezia la mostra dei fanfaroni - Fin qui siamo nella media. Ma si conserva la speranza di far meglio dell’edizione scorsa quando, a Venezia per la mostra d’arte cinematografica, arrivarono le ragazze d’oro dell’estate: Noemi Letizia e Patrizia D’Addario. Gli astri della Lolita di Casoria e della Maddalena di Bari vennero oscurati da Michele Placido (sempre lui) che nel presentare il suo lavoro elogiò Renato Curcio, il fondatore delle Brigate Rosse. Il film era «Il grande sogno», sulle origini del ’68, e Placido confidò nel fascino del maledettismo: «Rispetto Renato Curcio perché ha bruciato la sua vita». Un frase più sexy che assertiva e addirittura trattenuta rispetto all’elogio che la grande Fanny Ardant aveva dedicato al medesimo Curcio nel 2007. Intervistata sul settimanale «A», l’attrice francese aveva preannunciato l’arrivo in Laguna con una dissertazione sulla differenza antropologica fra i terroristi italiani e quelli suoi compatrioti: «Non è diventato un uomo d’affari come è successo agli uomini del Sessantotto francese». E pertanto Curcio era un «eroe» per la Ardant, che aveva «sempre considerato il fenomeno Brigate Rosse molto coinvolgente e passionale». Il tema dell’etica del male, dunque, non è stato introdotto da Placido commentando - quest’anno - il suo Vallanzasca. Gira da tempo. Piace. Vien fuori a ogni srotolar di tappeto rosso. Nel 2006 il regista Jean-Marie Straub, trattenuto a casa, mandò un contributo scritto nel quale illustrava il sentimento da cui nasceva il suo film, «Quei loro incontri»: «Finché ci sarà il capitalismo imperialistico americano, non ci saranno mai abbastanza terroristi nel mondo». La missiva fu letta in conferenza stampa e fine. Arrivederci. Insomma, buono tutto. Buono l’entusiasmo per Hugo Chávez, buona la periodica minaccia d’espatrio, buonissimo il puntuale calcio nel sedere al ministro in carica. E infatti il festival di Venezia non è più una semplice mostra cinematografica ovviamente e occasionalmente degenerata in polemica politica della domenica pomeriggio, ma una specie di palestra della fanfaronata, dove l’ultimo che passa offre la sua (tipo che Giuseppe Mazzini era un terrorista, dice il regista Mario Martone, e un terrorista come Toni Negri, aggiunge Luca Barbareschi, quando Mazzini e Negri sono due cose completamente diverse, ma in comune hanno che nessuno dei due era terrorista), e più grossa è più si prende i titoli sui giornali, e poi magari si addolora perché il fango della polemica ha prevalso sullo spirito dell’arte. E dunque va benissimo anche Placido quando s’accende per Vallanzasca, e sostiene che in fondo in Parlamento siedono criminali più criminali del bel René. E certo che è così. E poi piove governo ladro, e che cosa ci vuole fare signora mia: è tutto un magna magna. Ma la verità, forse, è che fra la gente di cinema, come fra i politici, c’è chi preferisce spiccare per le baggianate che velarsi col buon senso