Dario Cresto-Dina, la Repubblica 9/9/2010, 9 settembre 2010
IL TORNIO E LE PERE
Bisogna avere un posto dove andare tutti i giorni. L´operaio Piero C. non ce l´aveva più. Dopo due anni di cassa integrazione in una fabbrica metalmeccanica del Canavese (indotto Fiat) si è guardato le mani e si è detto: «Sono l´unica cosa che possiedo. Voglio continuare a usarle». Si è licenziato per occuparsi degli alberi. Li pota. Prende venti euro per un melo, ottanta per una magnolia, centocinquanta per quelli ad alto fusto. E assaggia la frutta, dà consigli ai cittadini che si sono costruiti la villetta in campagna e si sono fatti l´orto senza un minimo di competenza agraria. In questi giorni tocca alle pere. Lui cammina lento attraverso il prato, si ferma a qualche metro di distanza dalla pianta per scrutarne i rami e le foglie, prende una pera nel pugno, l´accarezza come fosse la testa di un neonato, la stacca senza scuotere gli altri frutti, la porta alla bocca e l´addenta quasi con dispiacere, con la stessa cura che metteva chino sul mandrino del tornio.