Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2010  settembre 08 Mercoledì calendario

LE FIRME DI GRILLO E LA COSTITUZIONE


Dice un mucchio di parolacce? È politicamente scorretto? È refrattario a usare toni sobri? Non ha rispetto per le più alte cariche istituzionali? Ha elevato a strumento di lotta politica il «pernacchio» eduardiano? Potete pensare quel che vi pare di Beppe Grillo. Ma una cosa è fuori discussione: ammesso che abbia torto nell’esaltare i fischi a Renato Schifani alla festa del Pd, ha assolutamente ragione quando nei suoi commenti all’episodio torinese fa una domanda. Che facciamo anche noi: che fine ha fatto la proposta di legge d’iniziativa popolare che chiedeva la non candidabilità alla Camera o al Senato di chi è stato condannato, proposta riassunta nel titolo «Parlamento pulito»?

Visto il silenzio accuratamente fatto calare sulla cosa, vale la pena di riassumere i fatti. A metà dicembre del 2007, l’attore che si è inventato prima il «V-Day» e poi il movimento Cinque Stelle, protagonista alle ultime regionali di una performance determinante per far perdere in Piemonte la governatrice uscente Mercedes Bresso, si presentò a palazzo Madama portando una catasta di faldoni che contenevano 350.000 firme raccolte nelle piazze. Obiettivo: varare nuove norme che dicessero basta con i condannati in Parlamento, basta con i politici di professione capaci di inanellare 10 o 11 legislature (d’ora in poi, due al massimo) e voto di preferenza per sfilare ai «padroni» dei partiti la possibilità di «nominare» gli eletti manco fossero vassalli e valvassori.

Sia chiaro: è del tutto legittimo essere in totale disaccordo con quelle proposte. Ovvio. Ed è del tutto legittimo considerarle sbagliatissime o perfino demagogiche. Ma il nodo è: l’articolo 71 della Costituzione che prevede che «il popolo esercita l’iniziativa delle leggi, mediante la proposta, da parte di almeno cinquantamila elettori, di un progetto redatto in articoli» è ancora in vigore o senza che ce ne accorgessimo è stato abolito? E gli articoli 48 e 49 della successiva legge 25 maggio 1970 che precisano i dettagli nelle procedure sono ancora in vigore o sono stati aboliti?

È passato troppo tempo da quando quelle firme sono state portate a palazzo Madama: non andavano bene? C’era qualcosa che non quadrava? Bisognava perfezionare le procedure con qualche passaggio ulteriore? Una delle due: o Grillo mente quando accusa il Parlamento di non aver più fornito alcuna risposta (e in questo caso può essere facilmente sbugiardato) o il Parlamento si sta comportando in modo inaccettabile.

Perché una cosa è certa: piaccia o non piaccia la proposta grillina, vista come il fumo negli occhi dalla stragrande maggioranza dei partiti e dei parlamentari, ha diritto a essere presa sul serio. E discussa. Tanto più che essa fu firmata da 350.000 cittadini, cioè sette volte di più di quelli necessari. La Costituzione vale per tutti. Tutti. E non può essere invocata solo quando fa comodo.