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 2010  settembre 09 Giovedì calendario

RICCARDO FUSI: “L’IMPORTANTE È FARE IL GIRO”

La "triangolazione" più sospetta sulla quale gli ispettori di Bankitalia (ma anche le Procure di Firenze e Perugia) stanno puntando la loro attenzione, è una "movimentazione" di quasi quattrocento milioni di euro che dal 2004 al 2007, è transitata sui conti della Btp (Baldassini-Tognoli-Pontelli) di Riccardo Fusi. Un flusso enorme di denaro che entrava ed usciva, anche nel giro di 24 ore, da un conto all’altro, "come il gioco delle tre carte" dicono gli inquirenti che stanno esaminando passaggio per passaggio quel movimento di centinaia di milioni di euro.
E, naturalmente, la "centrale operativa" di questa "triangolazione" era il Credito Cooperativo Fiorentino, Agenzia di Campi Bisenzio, presieduta dal coordinatore del Pdl, Denis Verdini, pluri indagato a Firenze, Perugia e Roma nell’ambito delle inchieste sui Grandi Eventi e sulla nuova "P3".
Ma l’interrogativo al quale gli ispettori di Bankitalia e gli inquirenti di Firenze e Perugia tentano di sciogliere è per quale ragione la Btp di Riccardo Fusi, attraverso il Credito Cooperativo Fiorentino (da mesi commissariato) di Denis Verdini abbia fatto fare avanti e indietro a quei quattrocento milioni di euro.
La scoperta di questa triangolazione di centinaia di milioni di euro è stata fatta esaminando la contabilità della Btp relativa ad un grande appalto per la costruzione di un’autostrada in Sicilia, la Siracusa-Gela.

Un appalto di 103 milioni di euro che la Btp si era aggiudicata insieme a due società consortili gemelle, la "Sige Rosolini" e la "Sige Noto" che facevano capo a due imprenditori siciliani, Salvatore Ferlito e Andrea Vecchio (quest’ultimo noto alle cronache perché scortato da anni per avere subito attentati per essersi rifiutato di pagare il pizzo alla mafia) che detenevano però una quota di minoranza, il 16 per cento contro l’84 per cento della Btp di Riccardo Fusi.
I due imprenditori siciliani, pur facendo parte del consiglio d’amministrazione, non hanno mai avuto voce in capitolo, la Btp faceva quello che voleva e la contabilità era nota soltanto all’azienda di Riccardo Fusi ed alla banca del suo amico, il coordinatore del Pdl, Denis Verdini, sulla quale andavano e tornavano quelle centinaia di milioni di euro.
La "triangolazione" di quella ingente somma di denaro ha avuto inizio nel 2004 quando Riccardo Fusi fa aprire due conti correnti presso il Credito Cooperativo Fiorentino alle due società consortili, la Sige Noto e la Sige Rosolini. E sui conti di queste due società cominciano ad affluire somme ingentissime per "finanziamenti" da parte della Btp che vengono stornate e restituite alla Btp stessa in giornata. Insomma dalla Btp partivano bonifici per le due società minori da lei stessa controllate e da queste ritornavano indietro, pari pari.
Nel periodo compreso tra il maggio 2004 ed il dicembre del 2007 la Btp di Riccardo Fusi ha "finanziato" complessivamente le "Sige" Rosolini e Noto per un importo di circa 300 milioni di euro, quasi il 300 per cento in più rispetto al valore complessivo dell’appalto per la costruzione dell’autostrada che era di 103 milioni di euro. Non solo ma anche quando (nel 2006) i lavori per la costruzione dell’autostrada erano già conclusi, la Btp ha continuato a finanziare le sue società satelliti.

Perché? Anche questo interrogativo è ancora irrisolto. Soltanto Fusi ed il Credito Cooperativo di Denis Verdini potrebbero dare una risposta. Dalle conversazioni telefoniche tra Riccardo Fusi ed il suo socio Riccardo Bartolomei che aveva potere di firma sui conti delle due società "Sige" controllate dalla Btp, c’è uno spunto di spiegazione. "Non sono mica soldi veri perché entrano e riescono, non so se mi spiego.
L’importante è fare il giro" diceva il 18 giugno 2008 Riccardo Fusi al suo socio Roberto Bartolomei. "Un conto è come stanno le cose, un conto è come te le faccio vedere. L’importante è avere il finanziamento. Che problemi ci sono? S’è fatto mille volte..".
Il sospetto degli ispettori di Bankitalia e dei magistrati di Firenze e Perugia è che Riccardo Fusi, esposto con il sistema bancario per oltre 900 milioni di euro, faceva girare quella montagna di soldi per "movimentare" i suoi conti e quelli delle sue società dove nel giro di 24 ore entravano ed uscivano centinaia di milioni di euro. E con questa sistema, grazie ai banchieri amici, soprattutto grazie al Credito Cooperativo Fiorentino di Denis Verdini, Fusi otteneva finanziamenti ed anticipi che altri imprenditori senza amici e protettori non avrebbero mai ottenuto.