Marina Ripa Di Meana, Il Tempo, 8.10.9, 9 settembre 2010
CARO LAPO, NONNO GIANNI PENSAVA SOLO ALLE GIACCHE
Lapo Elkann è un ragazzone bislacco con cappelli bianco paglia, i colori dei cavalli aveglinesi. È un giovane che la sera non è tutto casa e chiesa, un uomo lieto che riutilizza le leggendarie giacche del nonno Gianni e ogni tanto va in Francia a parlare agli industriali, come ha fatto venerdì, sentenziando fra gli applausi che "all’Italia manca uno come nonno".
In questi tempi di nipoti impazienti di buttare i parenti anziani nei secchioni, la fierezza di Lapo per Gianni mi ha colpito e mi è piacuta. A condizione però che Lapo precisi che non si riferiva al record assoluto di evasione fiscale di Gianni Agnelli, emerso proprio quel giorno come ipotesi conclusiva nell’inchiesta dell’Agenzia delle entrate e ammontante a milioni di euro.
Nel 2008 il senatore a vita è stato celebrato in un libro Skira ("Il secolo dell’Avvocato, una vita straordinaria"). La grandezza dell’Avvocato sia dunque riferita alle memorabili giacche che il nipote Lapo ha saputo recuperare e che indossa con suprema ironia. Due mesi fa, insieme a Gabriella Mecucci, abbiamo pubblicato un libro, "Virginia Agnelli madre e farfalla".
Virginia è la bisnonna di Lapo: oggi avrebbe 111 anni. Se il ragazzo troverà il tempo di leggerlo scoprirà che della bisnonna può andare fiero, e non solo per l’eleganza. Virginia era l’unica persona di quella famiglia che concretamente operò per il bene del suo Paese e sopratutto di noi romani. Salvò la Capitale dalle barbarie dei tedeschi: grazie alle sue amicizie arrivò a papa Pacelli e convinse Dollmann a non infierire sulla popolazione.
Di questa grande donna non s’era mai parlato con sensatezza. Ci si era concentrati sul suo amore con Malaparte (quando era vedova) e si era taciuto lo scandalo che il senatore Giovanni, fondatore della Fiat, le avesse tolto la patria potestà mobilitando la polizia fascista dell’Ovra, giudicando immorale la condotta di vita della nuora. Dovremmo pensare a una medaglia alla memoria per una figura di simile impegno civile, e non continuare a contrabbandare il Novecento come il secolo dell’Avvocato.
Ricorderemo Agnelli come un dandy, un bon vivant, ma non un fulgido esempio di industriale che si prodigasse per il bene dell’Italia. Una sera mi invitò a cena. A casa sua trovai Jackie e Onassis. Gianni mi pregò di accompagnarli in giro nella Roma notturna. Mi guardò con aria malinconica. «Non vieni con noi?», gli chiesi. «Non posso permettermi queste scorribande», sospirò. «I paparazzi». Il conto cui teneva di più era quello della sua immagine.