Malcom Pagani, Silvia Truzzi, il Fatto Quotidiano 8/9/2010, 8 settembre 2010
PLACIDO UN CORNO
Gli eroi borghesi, i papponi, i poliziotti pasoliniani e le urla, non sempre dal silenzio, gridate a piena voce. Il bel ragazzo la cui sfacciata avvenenza fece arrabbiare Salvatore Samperi in un lontano Festival berlinese di fine anni ’70 (“Ma per quale maledetta ragione le ragazze guardano solo lui?”) è cresciuto come una pianta baudeleriana. Un fiore del male disposto a chinarsi sui cattivi odori, sacrificando la poesia ai bassifondi, incanalando il disordine creativo in direzione ostinata e contraria. Edificando distonie, rabbie, parricidi, polemiche che ogni volta, a vento in faccia, Michele Placido da Ascoli Satriano, (terzo di otto figli che per il contrappasso del patriarcato, ne ha messi al mondo cinque con tre mogli diverse) affronta giocando con la vita, mandando a fare in culo i compromessi. Quindi Vallanzasca, il ’68, l’amore tormentato tra Sibilla Aleramo e Dino Campana e poi, i migranti disperati di Pummarò costretti con le mani sporche di terra e pomodori a dormire nei loculi dei cimiteri della Capitanata, ma anche (e non sembri una contraddizione), un coraggioso omosessuale sugli schermi conformisti della prima metà dei ‘70, la Banda della Magliana e il profilo eticamente destinato all’eliminazione di Giorgio Ambrosoli. E ancora le rappresentazioni teatrali, da San Luca alla periferia romana in cui ingannare il tempo, mettendo a disposizioni degli sperduti ventenni senza portafogli di oggi quegli stessi spazi che lui, alla loro età, poteva soltanto sognare, stretto nella divisa da poliziotto, nel casermone grigio di Castro Pretorio, a due passi della stazione di Roma. Ora, che il vice di Bondi, Francesco Giro, sostiene sobriamente che Placido “è un regista mediocre che fa solo brutti film” (salvo poi dichiarare di non aver visto Vallanzasca) e il ministro in tuta da sci Franco Frattini, bolla le sue parole sulla casta parlamentare “peggiore” del bandito della Comasina da lui tratteggiato, come “indegne” rinverdendo la mitologia di scazzi anche brutali tra il cineasta e gli occupanti del Palazzo, non si può fare a meno di tirare una linea su ciò che divide un artista dalla sua rappresentazione pubblica. Ragionando su come, forse anche al di là di una precisa volontà, il profilo di quello che fu il commissario Cattani termini sempre tra i tentacoli di una piovra che fa del nulla la propria preda e si alimenta della reazione, in un gioco di specchi riflessi che restituisce sempre la stessa immagine. Al pubblico, il Placido sanguigno, piace.
Cafone, guitto
e misogino
L’IGNORANTISSIMO
guitto dipinto da Moretti nel Caimano, l’ipercafone misogino pugliese fotografato da Lucini in Oggi sposi e il mostro sadico de La sconosciuta di Tornato-re. Dialettale, eccessivo, diretto. Con la politica usata come un tram e le esperienze (dai fascisti nellapreadolescenzaairepubblicani, passando per la Dc e l’infatuazione gauchista) mai rinnegate perché “sono contro gli snob che scansano le derivazioni popolari”. Non lo troverete mai ad annegare nelle allegorie, ma sempre in prima fila a delineare sentieri che da A conducono a Z. Placido è quel che è. Ma la mimesi lo esalta. Zelig inesausto tra l’amato teatro (iniziò con Ronconi nel ’69), la tonaca da attore, il pigliodanatanteaproprioagionelle tempeste, che pare vada a cercarsi con puntuale ostinazione. Se c’è una cosa che fa incazzare il 64 enne che divide il tetto con una ragazza di 36 anni più giovane e spartisce equamente l’alberogenealogicoconilbrigantecalabrese Carmine Crocco e con un fustigatore ante litteram di tanta tv diseducativa come Beniamino, è la patente di radical chic. A lui, che lontano dai salotti preferì sempre Germi ad Antonioni, senza dimenticare (ogni sette di agosto) di tornare in Pugliaperpreparareconlamadrela conserva di pomodoro, proprio non lo possono dire. Quando RaffaeleLombardo,nelColosseo adrenalinico del Tetris di Telese, optò per l’appellativo e glielò scagliò contro, Placido, molto al di là delle urla, ne fu entusiasta. La provocazione gli permise di interpretare in una sorta di dannunziano vitalismo, il ruolo che più gli piace. Placido buttò lì una delle sue iperdemagogiche (ma non lunari) riflessioni iconoclaste sulla politica: “Non dovremmo candidare alle elezioni uomini del Sud per 5 anni. Hanno dato e danno quotidianamente uno spettacolo indecente di mafiosità, malaffare e incapacità”. Lombardo rispose senza prevedere la ribellione: “Mi spiace che Placido si iscriva a quella fitta schiera di meridionali affermati che trovanocomodoparlarmaledelsud e sputarci sopra”. Tumulti. Sedia abbandonata per un vis a vis ad alto rischio di contatto fisico. “Se dicequestecoseoèunmafiosoo compartecipe (sic) di mafiosi”, con Lombardo di rimando “Lei è un cretino e un maleducato”.
Michele versus
il resto del mondo
SOLOunadelletantepuntatedi un filone storico. “Placido contro tutti” è da sempre il film preferito di Michele. Che decida di portare l’altra storia di Pansa sui vinti al cinema come attore. Contestazione romana dei centri sociali con tanto di striscione: “Placido e Pansa, i vostri morti hanno le mani sporche di sangue”. O che incappi, dopo essersi difeso aVenezia:“Conchicazzolodevo produrre io il film?” dalle accuse di esserselo fatto finanziare con i denari berlusconiani di Medusa, nelle raggelanti tirate eugubine di Renato Brunetta. Con il politico che usa un termine scelbiano del ‘49 “culturame” e poi aggredisce a testa bassa confortato dagliapplausidellaplateaamica:“E bene fai Sandro (Bondi ndr) a chiudere il rubinetto del Fus ai parassiti dei teatri lirici (...) perché tanto Pantalone pagava sempre tutte le loro miserie, le loro follie. Questo è un pezzo di questa Italia, molto rappresentata, placida,sussiegosa,politicamente corretta, colta, accreditata, leggermente schifosa”. Con sacrosanta reazione alla chiamata in correo e querela di Placido “perchè Brunetta offende il mio nome e la mia dignità”. Materiale da sottoinsieme, di una più macroscopica battaglia ideale con Berlusconi, che non ha mai votato , cui non somiglia e al quale dedicò rimembrando il successo tv con il commissario siciliano antimafia, uno sberleffo non si sa quanto involontario diretto a tutteledacie,iviaggitranscontinentaliegliaccordimisteriosidell’ultimo decennio. “Sono stato il primo attore di tv a diventare una star europea, ancora oggi sono invitato in Russia alle celebrazionidell’ArmataRossaehorapporti con i presidenti dei paesi dell’ ex Urss più di quanti ne abbia Berlusconi”. Il paradosso è questo. La politica lo trascina nell’agone ma lui, come confessò, era attratto da altro. Fin dagli anni in cui la masturbazione gli creò qualche problema con le gerarchie ecclesiastiche. Era l’epoca in cui sognava di diventare prete : “mi hanno espulso perché a 13anniavvertivoleprimepulsioni sessuali e in confessionale raccontavofantasiefemminiliepensieri ‘cattivi’ ”. Dopo 48 mesi di Ave Maria gli chiesero il giuramento di castità e lui fuggì. A “sbirciare sotto le gonne delle signore”, tra una canna e il desiderio, molto ambizioso e non semprecompresodalpubblico(aVenezia, regolari contestazioni) di “ricercare la verità”. Inseguirla rende liberi. Secondo qualcuno.