Vittorio Malagutti, il Fatto Quotidiano 8/9/2010, 8 settembre 2010
SELF SERVICE UNICREDIT
Parlano arabo i problemi di Unicredit? Non solo. Anche veneto. A Verona il numero uno Alessandro Profumo deve vedersela con gli azionisti-debitori. Il sindaco della città scaligera Flavio Tosi ha già chiamato a raccolta i banchieri e i bancari padani. I libici in Unicredit? “Intervenga il governo, intervenga la Consob”, strepita da giorni il focoso primo cittadino. La Fondazione Cariverona, con il suo cinque per cento (quasi) del capitale, pesa eccome negli equilibri della banca guidata da Alessandro Profumo. E Tosi, che proprio in questi giorni designerà i quattro rappresentanti del comune da inviare nel consiglio della fondazione, non perde occasione per sparare a palle incatenate contro quegli arabi che con una miniscalata in Borsa sono da poco arrivati al 7 per cento di Unicredit.
Messo in mezzo, Profumo si difende. Spiega che Gheddafi non lo ha certo invitato lui. La parola, oggi, va al comitato governance dell’istituto, dove siedono i rappresentanti delle fondazioni azioniste, oltre a Verona anche Torino, Bologna e Treviso. Ma lo scontro sulla presenza libica rischia seriamente di diventare un tormentone che assillerà per settimane il numero uno di Unicredit. Come ha dimostrato più volte in passato Tosi è pronto a usare la clava con l’obiettivo dichiarato di tutelare gli interessi del territorio di fronte a un colosso come Unicredit. Un colosso che troppo spesso, sostengono i leghisti, si rivela attento più che altro alle logiche della grande finanza.
Non tutti i clienti
sono uguali
TRADOTTO in breve: le aziende annaspano e Profumo guarda altrove. Vero? Può darsi, a volte. Ma ci sono clienti e clienti. Prendiamo un’azienda benconosciutadaTosicomela Biasi di Verona che da un paio digenerazioniproducecaldaie e radiatori. Biasi è un nome che conta. Cattolico di sponda Opus Dei (anche se lui ha sempre smentito l’affiliazione), Paolo Biasi ha 72 anni, da almeno20siedeconvariincarichiai vertici della Fondazione Cariverona : attualmente è presidente, ed è quindi un socio di peso di Unicredit. Sempre più spesso negli ultimi tempi proprio Biasi, soprannominato “la sfinge” per l’aplomb e la capacità manovriera da vecchio democristiano, si è messo di traverso ai progetti di Profumo, condizionando scelte e strategie. Normale, per un socio di peso.Senonfossechelostesso Biasi, assieme alla famiglia, è anche l’azionista di controllo della Biasi Spa. E quest’ultima va male, talmente male che a finegiugnoèstatamessainliquidazione con la prospettiva di salvare il salvabile trasferendo alcune attività in una società creata ad hoc (in gergo newco ). Il disco verde a questo piano di liquidazione in bonis è arrivato nei mesi scorsi dalle banche creditrici.Echitroviamoinprima fila tra gli istituti più esposti verso la Biasi di Verona? Ma sì, proprio l’Unicredit dove Biasi, toltoilcappellodaimprenditore e indossato quello da manager bancario, si muove da tempo quasi come se fosse in casa propria. Va segnalato che Unicredit ha dimostrato più volte in passato grande fiducia nelle possibilità dell’azienda veronese. Nel 2008 per esempio, la Biasi Spa non era riuscita a rispettare i parametri di bilancio (covenant) fissati a garanzia di un finanziamento di 20 milioni di euro concesso dall’istituto di Profumo. In casi come questisuccedechelabancachieda il rimborso anticipato del fido, come espressamente previsto nel contratto. Insomma, per l’azienda di solito sono guai grossi.
La fiducia
nel socio forte
LA BIASI SPA se l’è cavata diversamente. Rientro? Macché. Unicredit ha concesso un nuovo prestito di 21 milioni che serviva a sostenere un primo piano di salvataggio. È finita male, perché la recessione ha continuato a picchiare duro e la scialuppa di salvataggio lanciata dai creditori è affondata nel giro di qualche mese. Del resto il conto economico lasciava poco spazio ai sogni di rilancio. La Biasi spa ha perso 14 milioni nel 2007, 19 milioni nel 2008 e, infine, 25 milioni l’anno scorso con un fatturato precipitatosottoquota100milioni dai 156 milioni del 2007. I debiti con le banche hanno invece raggiunto i 100 milioni. C’èpocodafare,allora.Biasiha alzato bandiera bianca, ma per modo di dire. Con l’approvazione delle banche, tra cui, oltre a Unicredit anche Intesa e Bnl, è stato congegnato nuovo un piano di salvataggio. In pratica il patrimonio immobiliare del gruppo, stimato circa 60 milioni verrà messo in vendita per pagare una parte dei debiti. Particolare importante: mentre la sua azienda di famiglia andava a fondo, Biasi è scesoincampopiùvolteprendendo posizioni critiche nei confronti di Profumo. Il culmine è stato raggiunto a febbraio del 2009 quando la Fondazione Cariverona all’ultimo momento si sfilò dalla prevista sottoscrizione della sua quota di bond Unicredit collocati per rafforzare il patrimonio dell’istituto. Proprio in quei mesi si stava discutendo il primo progetto per evitare il crac dell’azienda veronese in grave difficoltà. Di salvataggio in salvataggio siamo arrivati all’estate scorsa. La liquidazione della Biasi è stata affidata a Eugenio Caponi, un professionista gradito a Biasi ed evidentemente anche alle banche. Sarà un caso (o forse no) ma Caponi siede – anche lui – al vertice della Fondazione Cariverona: con i gradi di vicepresidente vicario sta proprio un gradino sotto il gran capo Biasi. Tutto all’ombra della Fondazione, quindi. E di Unicredit.